Pdl, consenso su Alfano. Giustizia, spunta Nordio
Tra strette di mano ruvide o sentite, abbracci sinceri o di pura cortesia, saluti doverosi più o meno fugaci, sul palco della sfilata del 2 giugno al neosegretario politico del Pdl, Angelino Alfano, saranno sicuramente fischiate le orecchie. Era lui il più gettonato, ieri mattina, lungo i viali dei Fori Imperiali, dove Silvio Berlusconi presenziava alla parata con numerosi membri del suo governo e tanti esponenti dell’opposizione ospiti del palco con Napolitano. Lo stesso Berlusconi si è a lungo intrattenuto con il presidente del Senato Renato Schifani, con il ministro degli Esteri Franco Frattini e con Maurizio Lupi, indicato in un primo tempo come possibile successore di Alfano al ministero della Giustizia. Il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, ha invece avuto un lungo scambio con il sottosegretario Gianni Letta, con al centro presumibilmente proprio quella svolta del Pdl annunciata l’altra sera dopo la direzione nazionale, con l’indicazione di Alfano alla segreteria politica e la conferma dei tre coordinatori. Ma il meglio deve ancora venire, come canterebbe Ligabue: il Pdl deve fronteggiare l’opposizione che tenta di dare un imprimatur politico ai referendum, convincere Tremonti ad allargare i cordoni della borsa, lavorare alla riforma del fisco, prepararsi alla verifica parlamentare dell’ultima settimana di giugno e all’appuntamento, anch’esso entro la fine del mese, con il Consiglio nazionale del Pdl. Ma prima di tutto, c’è da nominare il nuovo Guardasigilli. E questo nodo non è così semplice da sciogliere.
Spunta il nome di Nordio
Silvio Berlusconi avrebbe in mente di sondare Carlo Nordio come possibile nuovo ministro della Giustizia. La corsa al totonomine è partita ed è concreta la possibilità che il premier opti per un tecnico come Carlo Nordio, magistrato di lungo corso che ha seguito numerose inchieste importanti e che è stato anche presidente della Commissione per la riforma del codice penale. Tramontata subito la pista di Fabrizio Cicchitto, meno probabile sembrano le soluzioni Elio Vito e Maurizio Lupi, che in un primo momento veniva dato quasi per certo. Secondo alcune fonti, però, anche la Lega avrebbe proposto un proprio nome, quello di Roberto Castelli, già ministro della Giustizia in un precedente governo Berlusconi. Ma anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, secondo alcune fonti, avrebbe lanciato in pista un uomo a lui molto vicino, il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano.
C’è consenso su Alfano
«Non solo non l’ho vissuta come una diminutio, ma sono molto orgoglioso di aver contribuito in maniera forse decisiva alla soluzione di nominare Angelino Alfano segretario del Pdl». Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a conclusione della parata militare per la Festa della Repubblica, smentisce malumori per un possibile ridimensionamento del ruolo dei tre coordinatori. «Anzi, sono stato io ad avere insistito con Alfano affinchè non avesse remore ad accettare il nuovo ruolo», ha spiegato La Russa. Questo 2 giugno, ha proseguito, «è un grande segnale di riscossa, perchè il Pdl ha avuto la capacità di reagire subito ad una sconfitta elettorale che indubitabilmente c’è stata, trovando le condizioni per il rilancio del partito che è la premessa al rilancio della politica di Governo». Anche a giudizio del capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «con Alfano avviamo una nuova fase di rilancio e consolidamento del progetto Pdl». «Ho sostenuto con convinzione questa svolta perchè ritengo essenziale, soprattutto in questa fase, proiettare verso il futuro la scelta storica di un grande partito unitario del centro destra. La coesione e la rapidità con cui sono state prese le decisioni di queste ore rappresentano una prima e importante risposta», conclude Gasparri. Positivo anche il commento del sottosegretario Mantovano, secondo cui «la nomina di un segretario politico unico del Pdl «la scelta dell’Ufficio di presidenza segna il passaggio a una fase nuova e più impegnativa per il partito: viene messa alle spalle la ripartizione 70/30, che rispondeva a una esigenza di tutela, ma con ciò stesso rimarcava i confini di una distinzione tra le provenienze An e Forza Italia».
I conti in ordine
In attesa di iniziare il braccio di ferro con Tremonti sulla possibilità di utilizzare fondi extra per varare la riforma del fisco, ieri Berlusconi ha ribadito la volontà di rispettare il piano di azzeramento del deficit entro il 2014. Lo ha fatto nel suo incontro a Villa Doria Pamphili con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Il premier italiano, riferiscono fonti diplomatiche, ha anche ricordato che il rapporto deficit-Pil italiano è il secondo più basso in Europa dopo quello della Germania e ha messo in risalto come in presenza di circostanze straordinarie legate alla crisi economica oltre ai parametri di Maastricht vadano considerati altri parametri come il debito privato, questione che era stata già approfondita anche in sede di Consiglio europeo.
Il silenzio di Bossi
Nella sede della Lega Nord in via Bellerio tutto tace: nessun commento, nessuna dichiarazione. Dopo la batosta elettorale e la conseguente “svolta” nel Pdl con la designazione del ministro Angelino Alfano a segretario politico, il Carroccio sceglie la strategia del silenzio e studia le mosse per la ‘fase duè della legislatura. I vertici “lumbard” puntano al proprio rilancio e a quello dell’esecutivo: una operazione che l’esito del voto alle amministrative rende più che mai necessaria per invertire la tendenza negativa delle urne. Umberto Bossi si trova così a doversi muovere in uno spazio ridotto: da un lato c’è un alleato sospettoso di improvvisi “voltafaccia”, Silvio Berlusconi; dall’altro c’è la base del movimento che chiede «una svolta vera». Sullo sfondo restano quelle riforme economiche e fiscali, sempre promesse ma lontane dal realizzarsi. I militanti spingono per un intervento di alleggerimento della pressione fiscale e chiamano in causa il ministro Giulio Tremonti. Le attese per una diminuzione delle tasse erano alte, soprattutto tra i piccoli imprenditori che alle amministrative hanno voluto dare un chiaro segnale al governo ed alla Lega. Anche i parlamentari “padani” chiedono un maggiore coinvolgimento del responsabile dell’Economia: «Non basta fare tagli – è il ragionamento espresso in numerosi colloqui – il ministro deve fare scelte politiche». Un rimprovero che allo stesso tempo viene letto come un incoraggiamento a scendere in campo, magari con l’idea di un avvicendamento con Berlusconi alla guida dell’esecutivo di matrice più tecnica. Della riforma del fisco Bossi ne ha parlato lunedì con Tremonti a margine del Consiglio dei ministri. Anche Berlusconi ha fatto pressing sul Tesoro, temendo che Tremonti possa prendere ancora tempo. Nei prossimi giorni il nodo si scioglierà.