Napoli, troppi errori. Ecco la tattica per la ripartenza

8 Giu 2011 20:33 - di

«De Magistris deve sapere che avrà il nostro fiato sul collo. Lo seguirò come un’ombra. A partire da lunedì». La ripartenza a Napoli inizia presto per il Pdl, parola di Amedeo Laboccetta, napoletano, politico di lungo corso, che ora, metabolizzata la sconfitta, parla come un team-manager che ha ben chiara com’è andata la partita e può mettere a fuoco errori, tattiche, prospettive, avversari. Da lunedì, ci dà la sua parola, «non mi perderò un consiglio comunale, anzi invito ogni parlamentare del Pdl a diventare un consigliere comunale aggiunto per far ripartire la macchina dell’opposizione nel merito, nei contenuti», che è il terreno “debole”, appunto, dell’avversario. Con Laboccetta è interessante addentrarsi in una radiografia, anche psicologica, del voto di una città che conosce a menadito.
Iniziamo dall’avversario. Era così imbattibile?  «De Magistris è stato bravo a “vendersi “come novità assoluta parlando alla pancia di una città disperata per tutti gli esempi di malgoverno visti in questi anni. Per cui è una città che guarda con diffidenza la politica di centrodestra o centrosinistra, senza distinzioni. Il napoletano da sempre è in cerca di un soggetto che abbia come caratteristica quella del “salvatore” con capacità taumaturgiche. È stato sempre così,  da Achille Lauro a Valenzi, da Gava e Pomicino a Bassolino. Ora Napoli sta vivendo una “cotta” per De Magistris. Si tratta di un innamoramento ma al tempo stesso di un’ubriacatura».

Il caso Vomero
Ma cos’è successo nei quartieri, nei vicoli, al Vomero? Com’è potuto accadere che un elettorato tradizionalmente di centrodestra si sia affidato a De Magistris? «Il Vomero si è trasformato in questi anni», risponde il parlamentare. «Un tempo roccaforte del centrodestra, ora non c’è una sede, un circolo organizzato, un laboratorio politico. Un tempo era una “galassia”, un centro propulsore per la nostra politica. Nel tempo c’è stato un ricambio. Sono venuti a risiedere qui, come in altre zone cosiddette collinari, magistrati, ceti borghesi medio-alti che animano i salotti chic ed è qui che si sono ricoagulati i centri affaristici e “bassoliniani” della città che hanno deciso di appoggire De Magistris. Purtroppo noi abbiamo perso il controllo del territorio e non abbiamo fatto controinformazione».

Primo tempo: 5 a 5
Rimoviolando la “partita” elettorale che ha portato alla elezione a sindaco di De Magistris, Laboccetta racconta: «C’è stato un voto dai due volti: al primo turno la partita era finita in parità 5 a 5 tra le municipalità di Napoli. Noi del Pdl avevamo vinto nei quartieri più popolari, Miano, San Pietro a Patierno, Scampia, Soccavo Pianura e, unico “salotto buono”, a Chiaia San Ferdinando Posillipo. Rispetto alle comunali passate eravamo passati da una a cinque». Un successo. Cos’è accaduto nell’intervallo? «È subentrato un errore tattico, si può dire. Una parte di elettorato probabilmente si era caricato e pensava che avremmo vinto a mani basse. Anche i candidati sentivano la vittoria in pugno e hanno rallentato la corsa. Dall’altro ha confuso l’esito modesto di Morcone, il candidato del Pd, che si credeva fosse più forte “sulla carta” di De Magistris. È a questo punto che è subentrato uno sbandamento anche nel nostro elettorato, che ha avvertito De Magistris come una vera novità e lui, che gioca con le emozioni della gente, è riuscito ad “abbagliare” anche i nostri sostenitori. Se a ciò aggiungiamo che è andato a votare il 6 per cento in meno rispetto al primo turno, abbiamo il quadro completo dell’insuccesso».

Bluff mediatico
«Noi dovremo fare in modo con pazienza che i napoletani capiscano che De Magistris sarà un bluff», prosegue Laboccetta. «E questo avverrà alla prova di governo della città se saremo pronti a fare un’opposizione sui programmi, sui problemi e sulle soluzioni. È successo a tutti i sindaci che si sono qualificati come “salvatori”. Tranne Lauro che era un imprenditore e ha modernizzato la città, mettendoci anche del suo patrimonio, gli altri fino a Bassolino si sono rivelati solo dei fenomeni mediatici. Del resto il buongiorno si vede dal mattino. De Magistris  insegue i grandi eventi, come “portare Obama a Napoli”. Lui segue un “atto unico”, mentre Napoli ha bisogno di ben altro. È chiaro che intende tenere Napoli sotto l’effetto di un’ubriacatura. In questo vuole emulare Bassolino. Ma ora che dovrà governare non avrà più alibi. Già da lunedì sarò, nel mio piccolo, al lavoro, con consiglieri, professionisti, scrittori con i quali vorrei lanciare un Foglio sul modello di  Ferrara su Napoli, per evidenziare la nostra azione politica. Del resto la comunicazione è una partita essenziale e il voltafaccia del Mattino che si è schierato con De Magistris ha inciso enormemente sul voto di opinione».

I nostri errori
Non si nasconde dietro a un dito. «Dobbiamo ripartire con molta umiltà, senza prendersela con gli elettori. Probabilmente non ci siamo fatti bene capire e abbiamo sottovalutato l’avversario. Devo dire che all’inizio della campagna elettorale nel mio blog avevo espresso la sensazione che il vero pericolo sarebbe stata l’ipotesi di andare al ballotaggio con uno come De Magistris, che faceva della pura demagogia senza offrire uno straccio di soluzione credibile. Ma non fui preso molto sul serio. Tutto ciò che è avvenuto in campagna elettorale parla chiaro sulla sua persona. Mentre Lettieri e noi parlavamo i programmi in ben cento punti pieni zeppi di soluzioni ai problemi, in primis quelle sui rifiuti, lui sviava da questi temi e fondava tutto sulla su persona. I napoletani hanno finito per guardare al personaggio». Ora ci vuole molta pazienza. «Bisogna ripartire con una task-force politico-culturale su cui riorganizzare la ripartenza della macchina dell’opposizione. Stiamo riorganizzando un team motivato con cui riproporre la politica all’antipolitica di De Magistris. Occorre mobilitare persone dotate di passione politica, rigore, cultura dell’ascolto, elemento chiave venuto meno ultimamente. Dobbiamo riaprire le sedi, i circoli, gli uffici politici sul territorio, modernizzarli, dotarli di strumenti scientifici per fornire analisi e rispondere nel merito e con i programmi a De Magistris, verso il quale non dobbiamo nutrire complessi ma neanche peccare di presunzione».

Adagiati sugli allori
Tutto questo è mancato? Sì, ci siamo adagiati dopo i successi alle politiche, alle europee, alle provinciali. Abbiamo pensato che sarebbe stato facile. Ora la strada è in salita e c’è bisogno di gente che abbia la cultura del sacrificio e non di solisti. Per esempio, quando il premier sostiene che con la Carfagna avremmo vinto, io mi permetto di dissentire. Solo il ritorno a una logica comunitaria può essere una “cura” adeguata contro uno come De Magistris.

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