Italiani “strangolati” da Rc auto e banche
Le assicurazioni italiane? Un vero e proprio buco nero. La Rc auto, poi, sta letteralmente divorando i bilanci della famiglie che spendono ogni anno circa 600 euro in più rispetto alla Francia, senza avere nessuna contropartita un termini di servizio. A certificarlo è l’Isvap, che vigila sull’operato delle imprese del settore e che ogni anno presenta al presidente del Consiglio una relazione sulle attività svolte. Quest’anno, sotto la scure del presidente Giancarlo Giannini, è finito, in particolare, il sistema Bonus Malus, che non riesce più a funzionare» e sconta «distorsioni a causa delle regole interne» di ciascuna compagnia con ricadute negative per gli assicurati. Così non si può andare avanti. È pertanto in fase avanzata di messa a punto una riforma sul modello di quanto succede in Francia, con l’elaborazione di «una nuova scala di coefficienti di merito unica per tutto il mercato». Intanto, però, il caro-polizze non si arresta. Dopo i rincari del 4,5 per cento registrati nel 2010, quest’anno la corsa è partita alla grande e il valore della raccolta premi è cresciuto del 6 per cento soltanto tra gennaio e marzo. Un fatto contingente? No, dice Giannini, sono state le compagnie che hanno «scaricato sui prezzi l’onere dei maggiori costi».
E proprio i costi sono uno degli argomenti adottati dalle compagnie per giustificare i rincari. In Italia le truffe sono moltissime e questo impedisce al sistema di funzionare bene a costi accettabili. Considerazioni non del tutto lapalissiane, tanto che il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, vuole vederci chiaro sugli aumenti registrati e annuncia che presenterà le considerazioni sull’argomento in Parlamento. A creare problemi, infatti, non è solo la Rc auto. Ieri l’Isvap è tornata a denunciare anche le commissioni «abnormi» sulle polizze che le banche fanno firmare al momento della sottoscrizione di un mutuo o di un finanziamento. E i cittadini non hanno nessuna possibilità di sottrarsi a questo giogo, stretti all’angolo da una situazione che vede le banche operare in una situazione di vero e proprio monopolio con una quota di mercato dell’ordine dell’ottanta per cento.
Spese stellari nelle assicurazioni che accompagnano mutui e prestiti e spese, altrettanto stellari, per garantire la copertura assicurativa all’auto o alla moto del proprio figlio. Così non può andare, dicono i consumatori dell’Adoc, visto che la sinistrosità è in calo, così come in calo il numero di morti e feriti. In questo contesto all’Isvap, che ha lo scopo di vigilare sull’operato delle imprese e dei soggetti, agenti e mediatori che rientrano nel settore assicurativo privato italiano, si chiede di non limitarsi a far sentire la propria voce una volta l’anno lamentando il malfunzionamento delle nostre assicurazioni. La sua è un’attività di controllo, ma anche di sviluppo e di conoscenza del mercato, che viene esercitata sulle base delle direttive che fornisce il governo e che sono riunite nel Codice delle assicurazioni.
Tra i compiti c’è anche l’obiettivo di tutelare i consumatori. E, allora, lo si faccia impegnandosi in tutte le direzioni, iniziando a garantire la massima trasparenza nei rapporti tra impresa assicuratrice e automobilista e stabilendo, tra l’altro, anche le regole sul comportamento che le imprese e gli operatori sono tenuti a osservare. Troppo difficile? Affatto. Basterebbe verificare non solo quanto succede al momento della sottoscrizione del contratto, ma anche dopo e farne relazione a Parlamento e governo che, alla bisogna, potrebbero tenere conto dei suggerimenti e adeguare la legislazione alle necessità.
Maurizio Leo, presidente della commissione di Vigilanza parlamentare sull’Anagrafe tributaria, ha definito «degni della massima attenzione i suggerimenti che arrivano da Giancarlo Giannini», ma ha osservato che «il monitoraggio deve essere continuo e continue le segnalazioni al governo. A banche e assicurazioni nessuno contesta il diritto di pensare a massimizzare gli incassi. Ma il profitto non è tutto. In momenti come l’attuale chi gestisce il credito ha il dovere di pensare anche alle difficoltà di famiglie e imprese nel difficile mestiere di far quadrare i bilanci. Invece in molti casi si agisce con la logica di chi, vittima dell’ingordigia, per ottenere della carne subito ammazza la pecora, dimenticando che così facendo non avrà poi la lana. A chi è utile questo comportamento? Certamente non ai consumatori, alle famiglie e al governo. Ma – ha concluso Leo – nemmeno a banche e assicurazioni. In casi come questo i problemi non si risolvono facendo ricorso alla logica delle lobby. Se la capacità di spesa delle famiglie crolla ci rimettiamo tutti, compresi i gestori del credito e le assicurazioni».