Disfattisti e catastrofisti che noia!
Ci sono quelli che amano vincere facile e quelli che, se non sono sicuri di vincere, mollano tutto e vanno al mare. Ci sono quelli che hanno sempre vinto e – se tira una brutta aria – si gettano per terra e si strappano i capelli. Ci sono quelli che entrano in depressione o sono presi dall’ansia ancora prima che la partita volga al termine. Ci sono quelli che gridano «è tutto perduto!» o «my God we’re all gonna die!» come in tutti i film americani. Ci sono quelli che pensano che domani ci sia sempre la Fine, che forse non valeva nemmeno la pena cominciare e quelli – sempre troppi – che ancora prima di conoscere il risultato hanno già una lista di responsabili della disfatta da incolpare (tutti tranne se stessi, è ovvio).
Ci sono quelli che ti sussurranno all’orecchio «secondo te come va a finire? Ce la faremo? I sondaggi che dicono?»… E poi ci sono quelli abituati a combattere – e quindi anche, a volte a perdere – ma che giocano tutta la partita fino allo scadere dell’ultimo secondo. Perché sanno che è finita solo quando è finita e mai un istante prima.
Che la maggior parte dei media stiano remando contro i candidati del centrodestra è così ovvio che sottolinearlo suona persino banale. Altrettanto ovvio che usino l’arma più antica della propaganda: demotivare l’avversario, invitandolo a gettare le armi e tornare a casa con le pive nel sacco.
Lo fece anche Serse alle Termopili