Il ministro Carrozza si traveste da “rivoluzionaria” nell’illusione di far dimenticare Gentile

1 Nov 2013 19:09 - di Antonella Ambrosioni

Divagazioni sul tema “la scuola di domani”, protagonista il ministro Maria Chiara Carrozza che spiega in un’intervista a Gente come sarà la scuola del futuro che lei ha in mente. «Nel resto d’Europa, in media, i giovani sono pronti a entrare in università un anno prima rispetto ai nostri ragazzi: non è detto però che questo in Italia debba avvenire accorciando i tempi delle scuole superiori». Ricorda che anche nelle università arriveranno test sul modello Invalsi: «È necessario avere dati confrontabili e i test Invalsi sono un sistema per avere queste risposte, anche se non è detto che sia quello migliore o che non debba essere modificato». Quisquilie: Invalsi o non Invalsi, il tema è un altro: perché ogni ministro dell’istruzione che si avvicenda a viale Trastevere si traveste da “rivoluzionaro” della scuola che verrà, di una scuola dei sogni lontana e utopistica? Perché nessun ministro parla mai della scuola di oggi, del presente, di una realtà piena di problemi contingenti che riguardano la vita presente di studenti e professori? Forse perché è deprimente? Forse perché si dovrebbe parlare dei tanti, troppi annunci rimasti sulla carta o in qualche isola felice? Stando alle dichiarazione dell’ex ministro Profumo, per esempio, già da quest’anno si doveva andare a scuola con gli zaini leggeri, senza libri di carta, solo e-boock e tablet. I professori dovevano avere il registro on line. Bene, basta entrare in una qualsiasi scuola per vedere un’altra realtà, fatta di carta, registri polverosi e zaini pesanti come macigni. I ministri dell’istruzione – e la Carrozza non è esente – vengono presi dalla frenesia dei “voli pindarici” ma non guardano alla scuola di oggi. La tanto criticata Gelmini almeno non aveva indossato panni rivoluzionari, ma quelli più realistici di un ministro che ha tentato di razionalizzare un sistema scolastico e universitario. Al di là delle critiche di parte, resta da salvare certamente il metodo di voler agire sull’esistente senza promettere Chimere.

Questo il punto: è sicuramente meno rischioso fare ipotesi sul futuro – non sbagli mai – che prendersi i fischi dell’opinione pubblica tentando di intervenire sull’oggi, anche perché nessun ministro sa come si fa. Ormai il meglio è stato già fatto e distrutto. Nessuno lo dirà mai espressamente, ma il top nel sistema scolastico lo si  era raggiunto con la riforma Gentile, un modello che ha resistito nel tempo anche ai suoi demolitori, formando il fior fiore della classe dirigente che ha fatto grande questo Paese. Nonostante la demolizione sistematica del liceo classico operata dal Sessantotto fino al ministro Berlinguer, si è inverata negli anni la validità di una costruzione dura a morire. Il liceo è stato conteso e sventrato sull’altare della lotta di classe ricchi-poveri, senza comprendere che Gentile aveva dato una sistemazione chiara ai saperi umanistici da un lato e scientifici-professionali dall’altro. Invece si preferito demonizzarlo e discettare sulla superiorità dei saperi scientifici su quelli umanistici come in un derby, cosicché a poco a poco si è cominciato a scomporre i licei senza peraltro irrobustire gli istituti tecnico- scientifici, che anzi oggi soffrono più dei licei per la mancanza di fondi. Il risultato è che abbiamo una scarsa cultura scientifica e qualche liceo ancora eccellente. Troppo poco. Si capisce perché ora i ministri si tengano lontane dal un presente d un sistema scolastico colpevolmente demolito.

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