Il genio italico che rigettò i diktat di Prodi

3 Lug 2012 20:27 - di

«La colpa di tutto è di Pininfarina e Andreotti che si sono astenuti e di Rossi e Turigliatto che non hanno votato, per loro provo un disprezzo totaaaaleee!», urlava quel 22 febbraio del 2007 la capogruppo dei Verdi-Pdci Manuela Palermi, una delle protagoniste del Circo Medrano messo su da Romano Prodi in quei due anni bui di governo dell’Italia. Quel voto negato all’Armata Brancaleone da Sergio Pininfarina, che valse una prima (purtroppo temporanea) caduta del governo Prodi, è una delle medaglie politiche più significative dell’imprenditore morto l’altra notte, che seppe interpretare nel modo più dignitoso anche il ruolo di senatore a vita, a differenza di altri. Non volle mischiarsi al pattuglione di senatori a vita che votavavano in stampelle la fiducia al peggior governo della storia, quello dell’Unione, non si piegò alle scene patetiche degli Scalfaro e Montalcini che tenevano in piedi un esecutivo di cui il mondo rideva, non volle mischiarsi ai Pallaro e ai Turigliatto che attaccavano e staccavano la spina nella girandola del voto al Senato, che dal 2006 al 2008 tenne in scacco il Paese fino alla rovinosa caduta.

Dall’impresa all’impegno

A partire dagli anni ottanta Pininfarina riconosce l’importanza dell’aerodinamica dei suoi modelli e concentra tutti i suoi sforzi nel migliorare i modelli non solo da un punto di vista estetico ma soprattutto aerodinamico, raggiungendo così il risultato di stabilirsi anche come punto di riferimento per le carrozzerie di macchine sportive e veloci eseguendo dei modelli persino per la Ferrari. Impresa, dunque, ma non solo. In precedenza aveva avuto un’esperienza politica: alle elezioni europee del 1979 si candidò con il Partito Liberale Italiano, risultando eletto. Cinque anni dopo confermò il suo seggio a Strasburgo, sempre col Pli: si dimise però da europarlamentare nel 1988, anno in cui diverrà presidente della Confindustria, conservando tale carica fino al 1992. Nel 1991 a Detroit gli fu assegnato il “Designer Lifetime Achievement Award” come migliore designer automobilistico del mondo. Nel 2005, la nomina a senatore a vita, dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Pur avendo votato per il candidato ufficiale del centrodestra Giulio Andreotti come presidente del Senato, il 19 maggio 2006 Pininfarina votò la fiducia al governo Prodi. Ma poi cambiò idea, sulla base dei disastri che quell’esecutivo, ricattato dall’ala sinistra, inanellava a scapito del Paese. Quando i voti dei senatori a vita iniziarono ad essere determinanti per le sorti del governo-Brancaleone, Pininfarina decise di non partecipare più ad alcuna votazione del Senato fino al 21 febbraio 2007, giorno in cui si astenne sulla mozione della maggioranza sulla politica estera, determinando una prima caduta del governo, che fece il bis, definitivo, quasi un anno dopo.

L’inventore della Testarossa

La politica lo piange, ma è soprattutto il mondo dell’auto a perdere uno dei suoi più grandi protagonisti: Sergio Pininfarina resterà nella storia per aver disegnato modelli immortali per la loro eleganza, come la Ferrari Testarossa, la Peugeot 406 Coupè, la Maserati Quattroporte. Figlio di Battista “Pinin” Farina e cugino del campione del mondo di F1 Nino, Sergio Pininfarina nasce a Torino l’8 settembre 1926, si laurea in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Torino nel 1950 e inizia la sua attività nell’industria paterna, la Carrozzeria Pinin Farina: nel 1960 assume la carica di direttore generale, nel 1961 quella di amministratore delegato e nel 1966, alla morte del padre, quella di presidente. Nel 2006 diventa presidente d’onore. Segnato dalla tragica morte del figlio Andrea, solo negli ultimi anni si allontana dall’azienda, con la quale mantiene però sempre un forte legame.

In politica un dolore bipartisan

Mai come in questo caso, la politica italiana ha tributato a Pininfarina un ricordo di commozione unanime. «La notizia della scomparsa di Sergio Pininfarina mi addolora e lascia un vuoto in tutto il Paese. Scompare uno dei maggiori rappresentanti del made in Italy», sottolinea Maurizio Lupi, vicepresidente Pdl della Camera. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani esprime profondo rammarico per la scomparsa di Sergio Pininfarina, «pioniere del Made in Italy, che ha dato contributo determinante anche alla vita democratica e politica della nostra Repubblica».

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