Lavoro, si sentono tutti sudditi della Fornero (almeno così dicono…)

13 Feb 2012 20:24 - di

Tutti in campo per dare un “aiutino” alla Fornero e per salvare la faccia alla Camusso. Al contrario di quanto avveniva con il governo Berlusconi, con la Cgil che faceva esplodere la piazza a ogni sospiro, i giornali “di peso” che facevano da megafono alle proteste, andando a cercare anche la virgola messa male nei provvedimenti e le cariche istituzionali che invitavano non i manifestanti ma i ministri «ad ascoltare la rabbia», ora scende in campo l’armata dei Monti-boys. Non solo l’incontro segreto, smentito in modo poco convincente. Ma gli articoli sulla «necessità d’intervenire», il centrosinistra che si rifugia in un comodo silenzio, la Camusso che da “rivoluzionaria” si trasforma in prudente “analista” della situazione. A completare il quadro, Giorgio Napolitano, che parla di «obiettivi chiari» e di una riforma che va comunque concepita «in funzione di un accrescimento della produttività». E l’articolo 18? Il presidente della Repubblica non ne parla, almeno direttamente ma, incontrando il presidente tedesco Christian Wulff, sottolinea che «occorre superare gli impedimenti agli investimenti stranieri». Il che, se due più due fa quattro, equivale a dire che il problema va affrontato. All’estero, infatti, non sembrano pensarla allo stesso modo dei sindacati di casa nostra. Basta guardare a quanto riportato in un editoriale del Wall Street Journal della scorsa settimana in cui si sosteneva che «l’articolo 18 è un freno allo sviluppo maggiore del debito pubblico». Basterà questo per convincere la parte più recalcitrante della Cgil?

Il giallo del faccia a faccia
In quest’ottica è spiegabile anche il pressing nei confronti della Cgil, in vista dell’approvazione della riforma che dovrebbe arrivare entro marzo e dell’incontro di domani tra la Fornero e le parti sociali. Anche il faccia a faccia tra la leader della Cgil e Monti, attorno a cui si è poi sviluppato il giallo perché smentito dagli interessati, va visto in quest’ottica. Il quotidiano la Repubblica fa chiaramente il tifo per l’intesa, e lo dimostrano gli interventi di Eugenio Scalfari prima che lo scoop sull’incontro tra la Camusso e il premier. La forzatura è evidente, tanto che la Cgil ritiene opportuno mandare una nota su Twitter in cui si sottolinea che siamo di fronte a «un’invenzione grave e infondata». Quindi la riflessione che quelle di Repubblica sono delle vere e proprie bassezze di chi intende boicottare il confronto sul lavoro. Una puntualizzazione con cui si tenta di accreditare il fatto che così facendo si minano le fondamenta del dialogo. È preminente, invece, la sensazione che alcuni stanno tentando di cavare le castagne dal fuoco alla Camusso e ai suoi per fare in modo che anche Corso d’Italia possa firmare l’accordo. Non è un caso se il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ritiene di scendere in campo affermando che «fa sorridere che taluni discutano sottobanco quello che altri fanno sotto la luce del sole».

L’accelerazione di Monti
E se le cose stessero veramente così, non ci sarebbe davvero nulla di cui stupirsi. Si sta cercando di fare in modo che quando Camusso e i suoi verranno allo scoperto, lo faranno per approvare il documento che il governo metterà nero su bianco non appena concluso il negoziato con le parti sociali. È fondamentale per la stessa esistenza dell’esecutivo Monti. Pier Luigi Bersani, infatti, ha più volte affermato che il Pd avrebbe «accettato qualunque accordo nato al tavolo con le parti sociali». Il che, tradotto da politichese, significa che il Pd è pronto ad approvare tutto quello che è condiviso dalla Cgil. Per Monti, quindi, strappare il sì della Camusso potrebbe essere una questione più importante di quanto non appaia a prima vista. E poco importa che Corso d’Italia faccia ufficialmente la faccia feroce. Nei fatti sembra essersi aperto un varco per far passare la riforma della Fornero senza pagare pedaggi troppo costosi: da una parte Cisl e Uil disponibili ai licenziamenti per motivi economici, dall’altra la Cgil che avrebbe tracciato un percorso (questo il risultato dell’incontro fantasma tra Camusso e Monti) che prevede il congelamento dell’articolo 18 per la stabilizzazione dei precari e per le nuove imprese e un’interpretazione giudiziaria meno rigida della norma cosiddetta della «giusta causa». Contenuti, questi ultimi, che sia Monti che Bersani hanno già detto di condividere. Da qui l’affermazione della Fornero sul fatto che di fronte alla riforma c’è un «bel sentiero largo» e l’ottimismo dello stesso presidente del Consiglio sull’approvazione entro marzo.

La montagna e il topolino
Maurizio Sacconi parla di «dialogo essenziale», ma si augura che poi alla fine, da tutto questo, non emerga il classico «topolino». Perché quest’uscita? Ma perché, se le indiscrezioni di questi giorni dovessero trovare conferme, quello che verrebbe fuori sarebbe una legge su quanto oggi, dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra estiva del governo Berlusconi, è possibile «mediante semplici accordi sindacali». Ma allora le attese che si sono determinate su questo argomento sono prive di fondamento? Non del tutto. Secondo Sacconi «l’intervento legislativo ha un senso solo se introduce una disciplina europea sulla risoluzione dei rapporti di lavoro per motivi disciplinari o economici in modo da incoraggiare le nuove assunzioni». Soluzione che non è da escludere del tutto. Intanto perché ci sono comunque le aperture di Cisl e Uil, e poi «perché – sottolinea Sacconi – Monti sa bene quanto unanime sia la valutazione degli investitori e delle istituzioni internazionali sulla utilità per l’Italia di una riforma del lavoro, importante in sé per il significato di discontinuità che rappresenta». Già, e l’articolo 18? «Va riformato, non abolito».

Domani si riparte
Fin qui gli scenari possibili. La realtà, invece, è costituita dalla ripresa del negoziato tra governo e parti sociali. Domani riparte il confronto ufficiale. È scontato che la Cgil faccia la faccia feroce e proclami anche qualche sciopero. Poi, però, dovrebbe fare buon viso a cattivo gioco, anche perché in questa occasione il governo Monti ha comunque garantito a Corso d’Italia la costante presenza al tavolo, al pari delle altre confederazioni. «Non lavoro per spaccare i sindacati», aveva detto Monti, e fino a questo momento ha mantenuto la sua promessa. Oggi Landini, segretario generale della Fiom, proporrà in comitato centrale lo sciopero generale dei metalmeccanici contro le ipotesi di modifica dell’articolo 18 e contro la riforma delle pensioni. Comunque vadano le cose, questa dichiarazione di guerra servirà alla Camusso per far vedere di aver pagato un costo all’interno della confederazione. Contro l’esecutivo Berlusconi, invece, sono stati attuati ben tre scioperi generali per cose certamente meno significative dell’articolo 18 e delle pensioni.

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