Dall’arte alla caricatura
Trump annuncia i Patriot Games: ecco cosa sono e perché la sinistra Usa evoca scenari da fantascienza (video)
La storia insegna che l’arte, quando viene trascinata nel conflitto politico, smette spesso di essere strumento di comprensione e diventa caricatura. Accade soprattutto quando la si prende troppo sul serio, o peggio, quando la si piega a una narrazione precostituita. Casualmente, quella della sinistra, che lancia allarmismi sugli “Hunger Games trumpiani”.
Gli Hunger Games di Trump…
Lo aveva già intuito The Telegraph nel 2014, osservando come Hunger Games fosse diventato un contenitore ideologico in cui ciascuno riversava le proprie ossessioni: per la sinistra radicale una favola contro i ricchi, per la destra una distopia sul potere centrale. In mezzo, l’opera stessa, molto più cupa e disillusa di quanto i suoi interpreti politici volessero ammettere.
Il riflesso automatico della propaganda
Oggi quello schema si ripete, ma in forma più grottesca. Così, neanche appena 12 ore fa sull’account X ufficiale dei democratici americani campeggiava un post con una citazione diretta e un frammento del film: «E così fu decretato che, ogni anno, i vari distretti di Panem avrebbero offerto, come tributo, un giovane uomo e una giovane donna per combattere fino alla morte in un palcoscenico di onore, coraggio e sacrificio».
La frase accompagnava un altro post in cui si riportava che il presidente Donald Trump aveva annunciato un “evento sportivo senza precedenti di quattro giorni” con “un giovane uomo e una giovane donna da ogni stato e territorio”. A corredo, un’immagine costruita per suggerire l’equivalenza: il volto del presidente degli Stati Uniti affiancato a quello di Snow, il tiranno della saga.
Le reazioni che smascherano l’eccesso
Il riflesso condizionato era evidente. Così come le reazioni, per una volta più lucide del messaggio che le aveva provocate. «Pensavo fosse uno scherzo, che diavolo è questa roba?» oppure: «Ovviamente la sinistra collegherebbe tutto a Hunger Games. La loro visione del mondo è interamente costruita sull’ultimo film degli Avengers che hanno visto». Commenti brutali sì, ma rivelatori.
Neanche a dirlo, diversi media progressisti si sono subito affrettati a raccontare che Trump sarebbe stato “preso in giro sui social”, nessuno ha trovato però il tempo di interrogarsi sul carattere francamente ridicolo dell’operazione comunicativa del partito dell’asinello. Ma come meravigliarsi? Anche la sinistra nostrana, dopotutto, si strappa le vesti ogni volta che sente il nome del tycoon d’Oltreoceano.
I fatti, spogliati dalla narrazione
I fatti, liberati dal fervore dem, sono molto più semplici. Il presidente Usa ha annunciato per la prima volta i “Patriot Games” nell’ambito delle celebrazioni per il 250º anniversario degli Stati Uniti. Come parte di quella che ha definito “la festa di compleanno più spettacolare che il mondo abbia mai visto”, e presentato una serie di eventi distribuiti nel corso del prossimo anno. Tra questi, i Giochi patriottici, che vedranno “protagonisti i migliori atleti delle scuole superiori”.
Dalla competizione sportiva alla distopia immaginaria
Insomma, nessuna lotta all’ultimo sangue, nessuna potere distopico. Soltanto un evento sportivo, inserito in un programma celebrativo che prevede l’illuminazione del Washington Monument, la costruzione di un arco di trionfo, il grande American State Fair sul National Mall e la creazione del National Garden of American Heroes, con statue dedicate a figure come Ruth Bader Ginsburg, Muhammad Ali e Albert Einstein. «Una celebrazione senza eguali, che onorerà la nostra nazione e tutta la sua gloria», per Trump.
L’uso improprio di Hunger Games
Certo, si può essere d’accordo o meno con l’estetica, con l’enfasi, con l’idea stessa di una grande narrazione patriottica. Ma paragonare tutto questo a Hunger Games significa rinunciare deliberatamente alla distinzione tra realtà e finzione.
Ed è qui che la lezione del romanzo di Suzanne Collins torna utile, ma non nel modo in cui la sinistra americana immagina. Hunger Games non è un manuale di attivismo, né una metafora universale pronta all’uso. È una storia profondamente pessimista, che mette in guardia proprio contro la facilità con cui i simboli vengono manipolati, le masse suggestionate, la violenza giustificata in nome del bene.
Il vero rischio: l’infantilizzazione del dibattito
Prendere quell’universo narrativo e usarlo come meme politico dice molto meno su Trump di quanto dica su chi lo utilizza. È il segno di una politica che non analizza più, ma reagisce; che non argomenta, ma associa; che non distingue, ma sovrappone.
Quando ogni cosa diventa una distopia cinematografica e ogni avversario un villain da franchise, non è il potere a diventare autoritario. È il dibattito pubblico a diventare infantile.