La pazienza è finita
Treviso, la frontiera della sicurezza è al supermercato: spray al peperoncino alle cassiere per difendersi da baby gang e maranza
Dalla bomboletta alle dipendenti del centro commerciale ai pestaggi in centro: a Treviso la paura è diventata la norma, ma la reazione verso chi semina il panico non si fa attendere
Quando la cronaca quotidiana di una città civile come Treviso inizia a somigliare a quella di un bollettino di guerra, significa che il limite è stato ampiamente superato. E se persino le cassiere di un supermercato sono costrette a presentarsi al lavoro dotate di spray al peperoncino, non siamo più di fronte a semplici “episodi isolati”: Ma al naufragio totale della sicurezza urbana.
Treviso, cassiere del supermercato armate di spray al peperoncino contro i maranza
Ma tant’è. Al Conad City, a ridosso del centro storico, il titolare ha dovuto fare l’impensabile: proteggere le proprie lavoratrici. Dopo aver incassato aggressioni da parte di sbandati e ubriachi, culminate in minacce e ferimenti, la difesa “fai-da-te” è diventata l’ultima spiaggia. È il paradosso di una realtà senza tetto né legge, che vive ai margini del rispetto delle regole, spesso sotto l’effetto di sostanze o nel totale disprezzo del vivere civile.
Se a Treviso la paura è diventata la norma
Ma il caso del supermercato è solo la punta dell’iceberg. Treviso, purtroppo, svetta oggi nelle classifiche del Sole 24 Ore per un primato inquietante: quello della criminalità minorile. Quasi il 10% delle denunce riguarda under 18. Numeri che trovano conferma nelle scorribande delle cosiddette “baby gang” o dei “maranza“, che seminano il panico nella movida cittadina (e non solo: purtropppo anche nei luoghi e nei tempi della quotidianità ordinaria di famiglie, coppie, ragazzini). L’ultimo episodio, un pestaggio brutale con tanto di tirapugni ai danni di giovani trevigiani “colpevoli” solo di non aver chinato la testa, è la dimostrazione plastica di una violenza gratuita che si sente impunita.
Far West Treviso: spray al peperoncino per chi lavora, sconti di pena e “premi” per i criminali
E qui arriviamo al nodo cruciale: la giustizia. Mentre i cittadini e i movimenti identitari, come Azione Studentesca e il comitato Prima i Trevigiani, chiedono a gran voce “tolleranza zero” e presidio del territorio, le aule di tribunale sembrano rispondere con un garantismo che scivola pericolosamente verso la beffa. A un anno dal tragico omicidio del ventiduenne Francesco Favaretto, sgozzato in centro, la notizia dello «sconto di pena» per quattro degli aggressori arriva dritto come un colpo al cuore per chi crede nella certezza della pena. Grazie alla “messa alla prova” e alla “giustizia riparativa”, chi ha partecipato a un pestaggio mortale eviterà il carcere e sarà persino retribuito per lavori sociali. Una “riparazione” che appare come un insulto al dolore di una madre e alla sicurezza di una comunità intera.
Finché la risposta della legge ai tirapugni e alle lame sarà la benevolenza ideologica, non ci si potrà stupire se i commercianti dovranno armare le proprie dipendenti con lo spray. Perché Treviso non chiede vendetta: chiede il diritto di vivere e lavorare senza paura. Ma la pazienza, come dicono i cartelli affissi nelle piazze, è ufficialmente finita.