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Norimberga

La recensione

Norimberga e il legame tra bene e male: il film che racconta Goring e lo psichiatra che ne rimase affascinato

Arriva il cinema il film sulla storia dell'incontro tra il giovane tenente americano e il Reichsmarschall interpretato da Russel Crowe

Cultura - di Mario Campanella - 20 Dicembre 2025 alle 18:09

Cosa accade a un giovane psichiatra che deve analizzare il federmaresciallo Goring, dopo i crimini del nazismo, e scopre che non c’è la parvenza di quel male assoluto che ha sterminato sei milioni di ebrei innocenti e seminato guerre nel mondo? E’ arrivato sugli schermi, “Norimberga, il nazista e lo psichiatra”, il film di James Vanderbilt, tratto dal bellissimo libro di Jack El- Hai.

Il libro è più bello ma il film regge 

Il libro è bellissimo, il film un pò di meno anche se regge. La storia è quella vera: Al tenente colonnello Douglas Kelley (Rami Malek), psichiatra dell’esercito americano, viene affidato un incarico senza precedenti: valutare la sanità mentale di Hermann Göring (Russell Crowe), il famigerato ex braccio destro di Hitler, e di altri alti gerarchi nazisti. Ma Kelley rimarrà fermo su Goring, il predestinato a subentrare al Fuhrer, rimanendone quasi intrappolato.

Il fascino del male

Kelley parla con Goring, lo analizza, lo trova compassato ed equilibrato, pur in una dimensione tutta soggettiva. Mentre scorrono i colloqui irrompono le immagini(vere) e terribili dell’Olocausto. Goring dimostra alterigia, a tratti gentilezza, ma decisionismo. Il giovane americano rischia di rimanere agganciato dinanzi al carisma del gerarca, alla sua prontezza e a una sorta di dignità perversa che non gli fa vedere alcun segno di malattia.

Russel Crowe supera la prova

Il Reichsmarschall, interpretato da un ottimo Russel Crowe, non abiura. Tenta di argomentare le ragioni della guerra, accusa l’Occidente di un decadentismo inguaribile, paventa le possibilità di pace prebellica rifiutate. Considera il nazionalsocialismo una sorta di rivincita tedesca dopo le umiliazioni di Versailles. E’ consapevole che la sua sorte è segnata ma non manifesta mai paura, pentimento o rabbia. Sia nel processo che nelle conversazioni con Kelley.

Una sorta di Hannibal ante litteram

Goring, nel libro e nel film, è una sorta di Hannibal Lecter ante litteram, seppure con una intensità di empatia naturalmente diversa verso lo spettatore. Kelley corre il rischio di cedere al fascino della sua protervia calibrata, perdendosi nella ricerca di una follia che non c’è. Goring è ancora più di Hitler il cuore del nazismo: non ci sono mostri da sbandierare per crimini così orrendi ma solo facce del tutto normali.

La promessa mantenuta

Goring (Crowe) per tutta la durata del processo confesserà sia a Kelley che ai militari che lo custodiscono una promessa che nessuno saprà cogliere: “Sfuggirò al boia”. Lo farà ingurgitando la dose di veleno nascosta proprio il giorno prima dell’esecuzione. A Kelley e a tutti noi resterà il dubbio se il male sia stato estirpato dall’uomo. Che ancora esiste. In una normalità che mette i brividi.

 

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di Mario Campanella - 20 Dicembre 2025