Il libro
Marcello Veneziani racconta quando “Nietzsche e Marx si davano la mano”: solo il pensiero debole teme il confronto
L'autore parla di «due profeti che sconvolsero il mondo» e con le loro idee scolpirono il '900. Ma il saggio assume anche il carattere di promemoria in questi tempi di censure e razzismo ideologico: se si rifiuta la grandezza del pensiero, l'atrofia dialettica diventerà irreversibile
Basta leggere tra le righe dell’appello firmato da 80 intellettuali contro la casa editrice Passaggio al Bosco, per provare a escluderla dalla rassegna libraria “Più libri più liberi”, per comprendere come negli strani giorni che viviamo il dialogo, anche aspro e senza sconti, ormai sia un ricordo lontano. Esiste, senza mezzi termini, un razzismo ideologico che obnubila la vista dell’antifascismo e vuole estromettere dalla cultura tutto quello che è altro. In un colloquio, anni fa, tra Corrado Augias e Pietrangelo Buttafuoco a La7 il primo provò a bollare il secondo come nazista. Davanti a queste parole la reazione dello scrittore siciliano lo portò a evidenziare, superando le ampollosità di chi vuole emarginare e infangare tutto quello che è difforme dal pensiero unico, come la sua storia fosse fatta da altri libri. Altre storie. Proprio come quelle che, per i tipi di Marsilio, Marcello Veneziani ha portato in libreria: Nietzsche e Marx si davano la mano. Vita, intrecci e pensiero dei due profeti che sconvolsero il mondo (240 pp.; 18,00€) è il nuovo libro della penna de La Verità e intellettuale di riferimento per quel mondo che ha preferito dire no, come il Bartleby di Melville, alla retorica liberale.
Marcello Veneziani racconta quando “Nietzsche e Marx si davano la mano”
Il testo sorge il 5 maggio 1882. Il giorno in cui la rivoluzione delle barbe pronta a spaventare la borghesia, ovvero quella di Karl Marx, incontra in una locanda a Nizza la dinamite di Friedrich Nietzsche. Entrambi erano intenti a estrapolare dalla villeggiatura al sud, quello del Mediterraneo, giovamento e vigore. L’anno successivo l’ideologo del comunismo spirerà, mentre l’autore dello Zarathustra trascinerà il suo corpo e la sua follia fino alle porte del ‘900. «In principio era l’azione, dice il Faust di Goethe, e Marx e Nietzsche sono figli di Faust», scrive Veneziani, «nati sotto lo stesso albero – uno dalla parte che guarda il sole e tende ai frutti, l’altro da quella che guarda l’ombra e scava sotto la pianta – si sono nutriti dello stesso latte».
Gli allievi di Prometeo, forgiati dai campi e dal cielo d’Europa
Entrambi allievi di Prometeo e forgiati dai campi e dal cielo d’Europa. Karl arrivò a dire «francamente, io odio tutti gli dei» e secondo l’autore il filosofo «sposa romanticamente la ribellione infelice di Prometeo; meglio libero e scontento che schiavo e appagato». Allievo di colui che rubò il fuoco alle divinità lo fu anche la mente di Röcken che poi «si innamorerà di Dioniso e della tragedia greca», ma tornerà a Prometeo nella Nascita della tragedia invocando, ancora, Goethe. «Io sto qui e creo uomini a mia immagine e somiglianza, una stirpe simile a me». Che incrocio di destini. Atti, pensieri e parole dilatate così tanto da diventare architrave del secolo successivo e di essere compresi pienamente, forse, solo ora. Del resto era proprio Nietzsche a dire che sarebbe stato capito, solamente, ai giorni nostri. Nel 2000 rinnegatore di tutti i propri maestri.
La vita e gli intrecci dei «due profeti che sconvolsero il mondo»
I due furono ogni cosa all’infuori che idealisti «e fecero di tutto per farlo capire: per Marx il mondo non cammina sulle idee e gli ideali ma sulla legge inesorabile della storia e dell’economia; per Nietzsche – aggiunge Veneziani – è la forza della natura che muove il mondo anche attraverso la nostra volontà». Ed è mirabile come le biografie, le amicizie, gli studi, gli amori e le visioni mischino le essenze di questi due eccezionali tedeschi. Friedrich Engels allora ventiduenne descrisse così, prima di conoscerlo, il sodale con cui scriverà sei anni dopo il Manifesto del Partito Comunista: «Un giovane bruno di Treviti, un mostro di forze, / Egli va, non saltella ma balza sui talloni / E imperversa furibondo, e come se volesse afferrare / L’ampia volta del cielo e trarla a terra, / Tende il braccio con duro pugno chiuso / Su in altro nell’aria. Così infuria senza posa, / Come se diecimila diavoli lo avessero preso per il ciuffo». Onirica fama. Viaggeranno assieme per tutta la vita, fino alla fine dei giorni di Marx, immaginando che «prima ci sarà l’avvento della borghesia e del capitalismo, poi verrà la dittatura del proletariato e quindi il comunismo». Arriverà, infine, Lenin a invertire questa sequenza alchemica.
Nietzsche, invece, pone il suo accento su «Dio è morto». Però esso non è umano, non finisce con noi, ma ci precede e ci supera. L’Altissimo «non muore, semmai noi moriamo a Lui. La morte di Dio in Nietzsche – scrive ancora Veneziani – è la morte del padre, ministro del culto di Dio. Proiettò nei cieli quel che visse in terra, a casa, quel giorno di fine luglio, quando era solo un bambino». La biografia e la dipartita paterna che entrano negli scritti, ma soprattutto nella volontà. Non semplicemente filosofo, ma immensamente biosofo «cioè pensatore della vita e della saggezza di vivere».
Visioni e discepoli che hanno scolpito il ‘900
La guerra dei due pone da una parte la lotta di classe del proletariato guidata verso la rivoluzione, dall’altra la battaglia tra due visioni: «Il partito della vita e della bellezza, della salute e dell’energia contro il partito del risentimento contro la vita, della malattia e degli ultimi». Ognuno troverà i suoi discepoli e le visioni prenderanno strade e ideologie capaci di scolpire il ‘900. Questo accade mentre Georges Sorel tra Marx e Nietzsche tracciò la sintesi del sindacalismo rivoluzionario. Oppure ricordiamo la parabola di Benito Mussolini nato nell’anno, 1883, della morte di Marx. Nella strada del socialismo rivoluzionario del figlio del fabbro incontriamo «autori, correnti e riviste che vanno al di là della tradizione marxista e a loro modo post-nietzschiani». Nel mentre il siciliano, Giovanni Gentile, attraverso le sue spalle neohegeliane ne La filosofia di Marx pone le basi per la lettura del materialismo marxiano «decisiva non solo per capire Marx ma anche per capire il futuro Fascismo come rivoluzione ulteriore rispetto al marxismo». Gentile non vedrà arrivare, però, il nichilismo perché non conosceva a fondo Nietzsche che «riteneva un letterato, una specie di D’Annunzio nibelungo».
La grandezza delle idee contro l’atrofia dialettica
E questo libro diventa, quindi, l’incontro tra l’amore letterario giovanile di Veneziani, ovvero quello per il filosofo col martello, e l’avversione in principio nei confronti Marx. Ma davanti ai due pensatori più influenti del XIX secolo le mani stringono altre mani e le sponde rivali, per una volta ancora, devono essere pronte a sedersi per dialogare prima che l’atrofia dialettica diventi irreversibile.