"Polo Sud"
Giustizia, a Napoli decolla il Comitato per il “Sì” al referendum. Nordio: “Uniti e con coraggio si vince”
Nel salone della Biblioteca “De Marsico” del vecchio tribunale di Napoli, Castel Capuano, nel quale perfino una camera da letto della Regina Giovanna d’Angiò era stata trasformata in aula per processi a camorristi, papponi e ladruncoli di mezza tacca, sotto lo sguardo di Principi del Foro che hanno scritto pagine memorabili della giurisprudenza italiana, oggi è andata in scena l’adunata di cittadini, professionisti, avvocati politici )e forse perfino qualche magistrato) per dare il via al primo Comitato per il “Sì” al referendum sulla giustizia. Un evento organizzato a Napoli da “Polo Sud” con un margine di azione esteso a tutto il Sud.
Giustizia, il Comitato per il “Sì” di Napoli ospita il ministro Nordio
“Se restiamo uniti, con coraggio, con determinazione, possiamo scrivere una pagina storica per la giustizia italiana senza farci intimidire da chi ci attacca”, ha arringato in collegamento video il ministro della Giustizia Carlo Nordio davanti alla platea numerosa della Biblioteca “De Marsico” dell’ex procura di Napoli, poi trasferita nel Centro Direzionale. L‘emozione di Amedeo Labocetta, che con la sua associazione “Polo Sud” ha lanciato il Comitato per il “Sì” e organizzato l’evento di oggi, è emersa subito nell’aneddoto nel quale ha raccontato come proprio il Principe Alfredo De Marsico, quando lui era un giovane consigliere comunale missino, aveva voluto incontrarlo per “saggiarne” la sua vitalità politica, che custodisce immutata in sé ancora oggi. Ma i numeri forse hanno emozionato perfino di più Laboccetta: “Da quando abbiamo annunciato la conferenza di oggi, abbiamo raccolto già oltre 4mila adesioni...”. Un boom, che segna l’inizio di una “maratona” itinerante in tutto il sud.
Dal profondo sud è arrivato anche il senatore Domenico Nania, che già da ministro di Berlusconi aveva iniziato la battaglia per la separazione delle carriere: “Oggi i magistrati che noi immaginiamo terzi, intervengono come categoria per dirci come la pensano sulle scelte politiche, ma a me, cittadino, non interessa sapere che ne pensa chi mi giudica, tutto ciò in un contesto nel quale in Italia il partito comunista e i suoi eredi pone da sempre il dibattito puntando sulla contrapposizione con la borghesia, il conflitto di classe, o tu o io, che si è tradotto nel dibattito sulla giustizia in magistrati che credono di avere il diritto di far sapere come sono schierati. Ma chi ha il potere deve essere al di sopra delle parti: tutti quelli che sono magistrati li vediamo primo o dopo in campo. Dal mio punto di vista questo referendum è solo un primo passaggio, non il punto finale”.
Il promotore del Comitato per il “Sì”, l’ex ministro Dc Ortenzio Zecchino, ha sottolineato come “la riforma non sovverte la Costituzione, ma la realizza”. Gli avvocati, rappresentati dal presidente dell’Ordine di Napoli Carmine Foresta, hanno confermato la loro assoluta adesione ai principi della riforma mentre l’ex ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi, vittima di un caso di “ingiustizia” documentato in un libro del giornalista Luca Maurelli, ha sottolineato come il tema riguardi tutti i cittadini. “Non mi sono mai occupato di giustizia finché giustizia non si è occupata di me. Sono testimonial di cosa può combinare un potere incontrastato nei confronti di un cittadino che svolge funzione pubblica. Nell’applicazione pratica la separazione delle funzioni non esiste. A fronte del 99,8% di valutazioni positive dei magistrati si registrano centinaia di migliaia di euro spesi dallo Stato per risarcimento ai cittadini danneggiati dalla giustizia. Uno dei due dati dice il falso. Separazione carriere serve a recidere questa confusione/collusione tra magistratura requirente e giudicante. Politicamente vedo bicchiere mezzo vuoto. La riforma l’avrei fatta precedere dall’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’utilizzo politico della giustizia dopo caso Palamara”, dice, rammentando il suo processo infinito conclusosi con una “condannina” rispetto alle terribili accuse di mafia con cui era iniziato e su cui – clamoroso al Cibali, ma anche a Mondragone – aveva rinunciato alla prescrizione.