Le frasi salienti
Fini-Rutelli tra amarcord e mea culpa. L’ex sindaco: “Stampavo al Secolo, eravamo amici”. L’ex leader della destra: “Un errore sciogliere An”
Grande successo di pubblico per il duello tra Gianfranco Fini e Francesco Rutelli ad Atreju. La sfida tra i due politici, trentadue anni dopo la storica corsa al Campidoglio, ha riempito la sala ‘Giustizia giusta’ della manifestazione della destra italiana a Castel Sant’Angelo. Oltre alle persone accomodate sulle sedie – 500 posti – a rivivere il momento amarcord anche tantissimi spettatori in piedi.
L’ex presidente della Camera ed ex leader di An Alleanza nazionale ed ex vicepresidente del Consiglio, vestito con un lupetto grigio e una giacca blu, al momento del suo arrivo in sala è stata accolto da un applauso dai presenti. Ad attendere, invece, l’intervento dell’ex sindaco di Roma, che si è presentato con un completo più formale e la cravatta, il consigliere regionale di Italia viva Luciano Nobili.
Rutelli: “Andavo alla tipografia del Secolo, eravamo amici e ci rispettavamo”
“Da militante radicale, andavo a stampare nella tipografia del Secolo d’Italia – ha ricordato l’ex sindaco di Roma – Costava meno perché c’era il rischio che ci mettessero le bombe. Stampavo giornaletti che per la base del Msi erano atroci, ma li stampavo lì per il Partito radicale. Non mi dava problema la diversità politica, condividere un posto in cui eravamo amici, ci rispettavamo e facevamo il lavoro io il mio e voi il vostro”. Lo ha raccontato Francesco Rutelli, durante il dibattito con Gianfranco Fini alla festa di Fdi Atreju, in corso a Roma. Rutelli ha ricordato che al Secolo d’Italia lavorava Daniela Di Sotto, che è stata moglie di Fini. A quel punto c’è stato un piccolo momento Carramba: Fini ha salutato Daniela, che dal pubblico ha ricambiato, fra gli applausi del pubblico.
Rutelli: “Rispetto Meloni, saggio trovare convergenze in ciò che è utile per l’Italia”
“Rispetto Meloni – ha detto ancora l’ex sindaco di Roma – Si trova a dover gestire un momento di cambiamento geopolitico e strategico, pensiamo a Europa, Stati Uniti, Ucraina, Russia, Medioriente… Il mondo sta cambiando in termini dirompenti, chi governa ha una necessità di tenere un equilibrio. Ragioniamo in positivo, Gianfranco, sulle cose che si possono condividere, su alcuni grandi temi si può andare oltre la competizione brutale, di qua o di là. Sarebbe saggio trovare, nella differenza fra maggioranza e opposizione, alcune aree in cui l’opposizione scelga di trovare una convergenza nei punti di utilità per il Paese, che non significa fare pastrocchi”. A Hoara Borselli che gli chiede se si riconosce nel centrosinistra di oggi, l’ex sindaco di Roma taglia corto: “Faccia la domanda successiva”.
Fini: mi riconosco in questo centrodestra
“L’errore è stato chiedere e ottenere lo scioglimento di Alleanza Nazionale, perché era era un movimento politico basato su un senso comunitario. Ma il merito che ha avuto Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni è ricostruire questa comunità, perché se si rimane al di fuori del proprio perimetro si rischia di essere in qualche modo apolidi. Poi è chiaro che sono passati tanti anni, è tutto cambiato, è tutto diverso e quindi mi riconosco, l’ho votata, la voterò. Non ho chiesto e non chiedo nulla, lo sanno Arianna e Giorgia. Ma un merito che ho riconosciuto a Meloni è quello di aver ricostruito questa comunità. Mi ci riconosco, l’ho votata, anche se non condivido tutto, al 100%”.
Pentito dello strappo con Berlusconi? “Mi sono pentito di aver posto le condizioni che mi hanno portato a ritrovarmi incompatibile col Pdl. Le condizioni che avevo creato lo scioglimento di An nel Pdl. Ma non era più possibile continuare ad assecondare in modo quasi obbligato… Non mi sono mai fatto comandare da nessuno”.
“Al derby capimmo che la Dc aveva perso il contatto con la società”
Non mancano gli amarcord sulla corsa elettorale di 32 anni fa. Nella corsa a sindaco di Roma del 1993 “fu determinante il sostegno entusiasmante di tanti militanti che vinsero una battaglia che non pensavano di poter mai affrontare. L’intuizione e politica fu quella di dire: ci candidiamo per dimostrare di saper governare. Forse eravamo presuntuosi, ma in precedenza sindaci con la fiamma tricolore del Msi erano stati eletti. Non era caduto solo il muro di Berlino ma la discriminazione della destra. Nuotavamo in mare aperto”. Così Fini rievocando quei giorni.
“La Dc candidò un galantuomo, il prefetto Caruso. Capitò una partita Roma-Lazio in campagna elettorale. Rutelli laziale, io più laziale che romanista, entrambi allo stadio. Chiesero anche a Caruso per chi tifasse: lui rispose in modo perfetto da prefetto, ma non aveva capito che si candidava a sindaco. Disse: non prendo posizione, io tifo un tempo per una squadra e l’altro per un’altra. Fu insultato dalle tante radio che a Roma campano di calcio. Fu la riprova che la Dc aveva perso il contatto con la società”.