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Atreju: la destra del dialogo mette in crisi la sinistra

Atreju: la destra del dialogo mette in crisi la sinistra

Politica - di Valter - 1 Dicembre 2025 alle 08:43

“Si spostò lungo la parete levigata, coprendo con la mano destra la sinistra della sua immagine, che si spostò con lui, e quando tornò indietro lungo il lato opposto dello specchio tornò indietro anche l’immagine”. (Friedrich Dürrenmatt, Il Minotauro, Adelphi, 2021). 

Mi trovo costretto, mio malgrado, a scrivere qualcosa su Atreju e la partita Meloni-Schlein-Conte, vinta dalla premier (e da Conte) ai danni di Elly. Ma è una riflessione più laterale al fatto in sé che voglio fare. E parte da tre date. La prima è il 17 marzo 2023. È un giorno importante, politicamente inedito. Giorgia Meloni, primo presidente del Consiglio di destra, va al XIX Congresso nazionale della Cgil, accettando l’invito del segretario generale Maurizio Landini.

Meloni al congresso della CGIL: un’apertura mal ripagata

Per 18 anni i premier progressisti – segnatamente Renzi nel 2014 e Conte nel 2019 – avevano snobbato quella convention che la Meloni salutò con inattesa empatia :”Questo è un appuntamento al quale io non ho voluto rinunciare. E non ho voluto rinunciare, banalmente – disse con parole sentite – in segno di rispetto per un sindacato che è la più antica organizzazione del lavoro della nostra Nazione”. Ne fu ripagata con uno scorretto contro-saluto da parte di una rumorosa minoranza di partecipanti di ispirazione “ferragnica”: “Pensati sgradita”; la premier rispose con l’ironia. Negli anni Giorgia è stata ricambiata dal sindacato rosso con una raffica di scioperi politici. Questo è.

L’omaggio di Giorgia al “dolce Enrico”

Otto febbraio 2024. La Meloni, amica di antica data di Ugo Sposetti, storico tesoriere del Pci, mantiene la promessa che gli aveva fatto: si presenta al Mattatoio di Testaccio a visitare la mostra su Berlinguer, il “dolce Enrico” cantato da Antonello Venditti. L’ospite illustre firma il registro dei visitatori e lascia un bel pensiero:””Il racconto di una storia, politica. E la politica è l’unica possibile soluzione ai problemi”. É un omaggio oltre che a un capo politico, a una storia la cui prosecuzione é affidata oggi ad Elly Schlein, anche se molti a sinistra non condividono il filo rosso che porta dal Partito comunista al Partito democratico; intanto Elly ha collocato l’immagine di Berlinguer nella tessera del Pd. A maggior ragione, il gesto di Giorgia – in continuità con quello di Almirante che molti anni prima si era inchinato davanti alla salma del Nemico – meritava qualche considerazione in più. Ma tant’è.

La ybris di Schlein che rifiuta il palco di Atreju

26 novembre 2025: FdI invita la leader del Pd alla festa di Atreju che si tiene anche quest’anno nel mese di dicembre a Roma. L’invitata rompe qualunque galateo: 1) vuole imporre il format “one to one” ai padroni di casa; 2) pretende di confrontarsi da sola con la presidente del Consiglio, auto-proclamandosi unica capa del campo progressista; 3) non accetta al tavolo Giuseppe Conte, “veterano” della festa di Fdi, che peraltro può vantare i galloni di ex presidente del Consiglio: si prende così una frustata in faccia da Rocco Casalino, che certo non agisce all’insaputa del leader pentastellato. È la cifra di una ybris che le si torce contro. Vabbè. Non inseguo la polemica quotidiana. È un’altra la questione che qui pongo.

La destra “aperta” manda in tilt il mondo progressista

Il dato: la destra meloniana compie atti di dialogo che non godono di reciprocità. La quale nel discorso pubblico è un valore. E lo è, a maggior ragione, il confronto tra forze che si contrappongono con tesi e antitesi. Siamo a questo punto: il maggior partito italiano è una destra che promuove il dialogo veritativo, il rispetto per l’avversario, il conflitto arginato e temperato. Tanto che Atreju, negli anni, è diventato uno spazio apprezzato di libera discussione tra “diversi”, tra governanti e oppositori: FdI ha garantito questo porto franco, indifferentemente, quando era minoranza e anche dopo, quando é stata chiamata a guidare l’esecutivo. Sulla “rive gauche”  non c’è un evento che faccia da specchio alla festa meloniana. Non lo è la Festa dell’Unità, dove gli esponenti di Fratelli d’Italia non sono invitati, men che meno la presidente del Consiglio. Ma tant’è. La realtà è che la destra, aperta e in formato “riformista”, ha preso in mano la bandiera della Ragione; l’ha “rubata” alla sinistra, dirà qualcuno “di là”.

Elly: sindrome da autoreferenza e rigetto dell’”Altro”

Comunque la manda in tilt perché Atreju rende incomprensibile il racconto di Elly sui rischi della democrazia, che la gente invece vede prossimi alla cultura progressista: dall’intolleranza nelle università, all’antisemitismo delle parole e dei fatti, alle minacce verbali e praticate alla libertà di stampa. Le cittadinanze onorarie conferite da sindaci del Pd – a Bologna, Reggio Emilia, Napoli – a Francesca Albanese, cattiva maestra dell’estremismo Pro Pal, danno forza a questa percezione. Diciamola tutta: pagando il prezzo della maturità conquistata, dopo crisi di crescita e auto-correzioni, la leadership della “right” all’italiana sta una spanna sopra quella dem, la distacca nella strategia e nel consenso. In senso della misura e responsabilità. Io credo anche in intelligenza politica. Non parlo di inversione del mito della “superiorità”, da sempre rivendicata dalla “gauche”, perché il concetto é di per sé antipatizzante e alla lunga autolesivo; ma osservo che nemmeno la stessa intellettualità di giro – i Serra, i Carofiglio et cetera – ce la fa a superare e a fare superare ai “suoi” questa sindrome da autoreferenza. Forse è proprio il “rifiuto dell’Altro”, che cuce addosso a Elly un profilo che arranca, visibilmente insufficiente agli occhi dei più. Ci pensino.

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