La lettera al "Fatto"
Sentenze “stupefacenti”, Mantovano zittisce il giudice buonista: “Allarme droga sottovalutato dalle toghe, ecco i casi…”
“Caro Direttore, raccolgo l’invito rivoltomi ieri sulle colonne del Suo giornale dal dott. Capozza –a indicare le decisioni che hanno ritenuto l’uso personale nei casi di detenzione di qualche chilo di sostanza stupefacente”. Poiché non intendo abusare dello spazio che Lei cortesemente mi concede –un quotidiano non è una rassegna di giurisprudenza –, mi limito, andando a ritroso nel tempo, a selezionarne alcune a campione, spaziando per l’intero territorio nazionale…”. Inizia così la lettera-replica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, pubblicata oggi sul “Fatto Quotidiano” di Marco Travaglio, nel quale vengono messe nero su bianco una serie di sentenze “stupefacenti” che dimostrano come la magistratura spesso sottovaluti la gravità del fenomeno droga. Altro che calunnie, Mantovano va nel merito.
Mantovano e l’allarme droga sottovalutato da alcuni magistrati
“Il 14 marzo 2025 il Tribunale di Cagliari assolve T.K. e S.J., arrestati il 20 novembre 2024 perché trovati in possesso di 3,975 kg di marijuana, col 15,9% di THC (per il perito tale quantitativo è idoneo a confezionare 22.387 dosi): per il Tribunale non vi era prova che quei 4 chili di droga fossero destinati alla cessione a terzi”. E “il 15 novembre 2024 il Tribunale di Siracusa assolve X, trovato nel territorio di Avola nel maggio 2024 con quantitativo idoneo a confezionare 974 dosi di hashish e 387 di marijuana, ritenendo tale quantita’ destinata a uso personale”. Inoltre, “il primo dicembre 2023 il Tribunale di Cassino assolve Y, trovato in possesso di 300 grammi di marijuana e di 38 rami di pianta di canapa in essiccazione (in totale oltre 500 grammi), perché ritenuti destinati a uso personale. E il 5 novembre 2022, per la stessa ragione, la Corte d’appello di Milano assolve Z dalla detenzione di grammi 350 circa di marijuana”. Non solo: “nel maggio 2021, con la medesima motivazione, il Tribunale di Firenze assolve J dal possesso di 450 grammi di marijuana, pari a 1927 dosi (fatti del settembre 2018). E nel marzo 2016 il Tribunale di Firenze assolve K, con precedenti specifici, per la detenzione di 597,6 grammi di cocaina (fatti del 21 febbraio 2015), pari a 3144 dosi, scrivendo in motivazione che, essendo K soggetto benestante, è in grado di procurare per sé una tale quantità di sostanza”. Infine, “il 2 gennaio 2015 il Tribunale di Roma assolve G.C., trovato due giorni prima in possesso di cocaina idonea a confezionare 300 dosi, sempre perché valutata per uso personale. E il 16 settembre 2005 la Corte di appello di Bari, con l’identica motivazione, assolve P.L., che il 21 maggio 2004 era stato arrestato al rientro in Italia dalla Colombia perche’ trovato in possesso di 1,62 kg di cocaina (5.500 dosi secondo l’accertamento del perito)”. Sono alcuni esempi di decisioni giudiziarie che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nella lettera di risposta a un intervento del magistrato Vincenzo Capozza, uscito ieri sullo stesso quotidiano, in cui chiedeva a Mantovano di “indicarci le decisioni che hanno ritenuto l’uso personale nei casi di detenzione di qualche chilo di sostanza stupefacente”, perché, “se tali sentenze esistono, i giudici che le hanno emesse dovrebbero essere perseguiti disciplinarmente e duramente sanzionati”, secondo Capozza, “in ragione di un’applicazione ‘stupefacente’ delle norme”.ù
Lettera Mantovano -Il Fatto 16 novembre_251116_134807 (1)
Le sentenze e le pronunce della Cassazione
“E’ superfluo sottolineare quanto decisioni del genere, cui si affiancano pronunce della Cassazione sull’onere della prova della destinazione a uso non personale a carico dell’accusa anche per quantità importanti, e sulla non punibilità della detenzione di droga destinata al consumo di gruppo, favoriscano la diffusione e lo spaccio di stupefacenti. Non so, per stare alla riflessione del dott. Capozza, se tutto ciò sia materia di disciplinare: è questione che non mi compete. Certamente vi è un problema di inadeguata percezione della gravità del fenomeno. Della quale è riflesso – così tento di rispondere anche all’altro quesito posto dal magistrato – i tempi diversi di risposta dei Tribunali di sorveglianza rispetto alle richieste, provenienti dai detenuti tossicodipendenti, di essere ammessi a percorsi di recupero in comunità, in alternativa alla permanenza in carcere. Perché alcuni Tribunali rispondono rapidamente, anche dopo un mese, e altri impiegano molto di più anche oltre un anno, così vanificando la buona volontà di affrontare quel difficile ma essenziale cammino di rinascita? E’ questo il senso della espressione ‘federalismo della giustizia”.