L'intervista
Pluralismo sindacale in Rai, la Consulta mette il sigillo. Palese (Unirai): Finita l’era del monopolio Usigrai, premiato il nostro progetto”
La recente sentenza della Corte Costituzionale (n.156/2025) ha riconosciuto piena agibilità anche ai sindacati non firmatari di contratto collettivo, aprendo una nuova fase nei rapporti di rappresentanza in Italia. Una decisione destinata ad avere forti ripercussioni anche in Rai, dove da due anni opera Unirai, il sindacato alternativo a Usigrai che ha portato avanti una battaglia per il pluralismo e la parità di diritti sindacali. Ne parliamo con Francesco Palese, segretario di Unirai, protagonista di un percorso che ha messo fine a un monopolio durato decenni.
Palese, la Corte costituzionale ha appena chiuso una stagione durata decenni. Giovedì scorso è arrivata questa sentenza storica.
Alle 13,30 il mio cellulare si è illuminato. Era un messaggio dell’avvocato Giovanni Stramenga, del sindacato del settore dei trasporti di Modena Or.SA. Era uno screenshot del sito della Corte costituzionale. Non l’ho aperto, ho preferito chiamarlo. Dal tono della sua voce ho capito subito che ce l’avevamo fatta. Seguivamo quella vicenda dal 14 ottobre 2024, quando il Tribunale di Modena – dopo un ricorso di Or.SA – aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, nella parte che limitava la rappresentanza ai soli sindacati firmatari di contratto collettivo. La vicenda di Or.SA era perfettamente sovrapponibile alla nostra. La tesi del Tribunale di Modena era quella che sostenevamo anche noi, insieme a diversi tribunali. Naturalmente non siamo stati a guardare. Nella sentenza della Consulta è citata la memoria predisposta dal nostro Pierluigi Franz per Figec e Unirai.
Che effetto le fa leggere questa sentenza?
Mi fa pensare che certe battaglie, se sono giuste, prima o poi arrivano a destinazione. Per due anni ci siamo sentiti dire che “in Rai le cose non cambiano mai”, che “non si può”. E invece oggi la Corte sancisce che la rappresentanza non può essere un privilegio ereditario. Chi rappresenta davvero i lavoratori, anche se è nuovo, deve avere voce.
Dentro la Rai questo principio ha un peso enorme. Cambia davvero qualcosa o resterà tutto sulla carta?
Cambia molto, anche se non da un giorno all’altro. Finora un solo sindacato – l’Usigrai – aveva il controllo totale: permessi, commissioni, il diritto di parola nei telegiornali. Da oggi quel sistema non è più compatibile con la legge. Le aziende, a cominciare dalla Rai, dovranno riconoscere pari diritti e agibilità a chi possiede una effettiva rappresentatività. E siamo certi che la Rai, che è servizio pubblico, saprà essere la prima azienda italiana a tradurre in pratica il principio di pluralismo riconosciuto dalla Corte.
Vi accusavano di essere un “sindacato giallo”. Alla luce di questa decisione, cosa risponde?
È l’etichetta più comoda da dare quando non si vuole accettare un cambiamento. Ma la realtà è che Unirai per mesi e mesi è stato il sindacato più osteggiato della Rai: escluso dai tavoli, ignorato nelle comunicazioni, ostacolato persino nei diritti minimi. Abbiamo resistito senza urlare, continuando a fare il nostro lavoro, firmando accordi concreti come quello sui precari.
Se fossimo stati “gialli”, non ci avrebbero tenuti fuori da tutto per mesi. La verità è che non eravamo comodi a nessuno, né al vecchio sindacato né a chi preferiva un solo interlocutore.
Lei ha vissuto in prima persona quelle esclusioni. C’è stato un momento in cui ha pensato di mollare?
Quando ti chiudono la porta in faccia e sai che stai difendendo un diritto elementare, la tentazione di lasciar perdere arriva. Ma ogni volta bastava guardare le mail di colleghi che ci dicevano: “finalmente qualcuno parla anche per noi”. E lì capisci che non stai facendo una battaglia di sigla, ma di dignità. La sentenza della Consulta restituisce quella dignità a migliaia di giornalisti, non solo a noi.
Adesso cosa cambia, concretamente, per i giornalisti Rai?
Cambiano i rapporti di forza, ma anche il metodo. Non ci sarà più un solo punto di vista sindacale, e questo farà bene a tutti. Avremo diritto ai tavoli unitari, ai permessi, alle assemblee, ai comunicati sindacali — gli stessi strumenti degli altri. Ma più di tutto cambia il principio: la Rai non potrà più scegliere con chi trattare e con chi no. È finita l’epoca dei sindacati di “sistema”.
D’ora in poi la rappresentanza la decidono i lavoratori, non le segreterie.
E lei, dopo questa sentenza, che cosa si aspetta?
Mi basta sapere che chi verrà dopo troverà porte aperte dove io ho trovato muri. Questa sentenza è un punto di svolta, ma anche un punto d’inizio: il pluralismo sindacale non è un rischio, è l’essenza del servizio pubblico. E la Rai, per essere credibile agli occhi dei cittadini, deve cominciare da qui.