La svolta
Piano per Gaza, arriva il via libera dell’Onu. Trump: “Voto di portata storica”
Il presidente americano plaude e annuncia: “I membri del Board e molti altri entusiasmanti annunci verranno comunicati nelle prossime settimane”
La votazione al Palazzo di Vetro ha chiuso un capitolo di negoziati fitti e ha aperto un fronte nuovo nella gestione della crisi di Gaza. Il Consiglio di Sicurezza ha approvato la risoluzione statunitense che sostiene il piano di pace di Donald Trump e autorizza una forza internazionale di stabilizzazione con mandato di smilitarizzazione dell’enclave palestinese. Tredici voti a favore, astensione di Cina e Russia, nessun veto: un equilibrio sufficiente a far avanzare il progetto che Washington considera decisivo per chiudere la guerra e avviare una transizione politica.
Usa: “Risoluzione storica”
L’ambasciatore americano Mike Waltz ha definito “storica” la risoluzione, ed è evidente come la Casa Bianca punti a farne il pilastro di un disegno più ampio. Nel testo approvato si stabilisce che gli Stati membri possano prendere parte al Board of Peace presieduto da Trump, organismo transitorio incaricato di supervisionare la ricostruzione e il rilancio economico della Striscia. Insomma, l’arrivo di un’autorità di governance del periodo postbellico, un crocevia politico in cui confluiranno le decisioni su sicurezza, ricostruzione e riforme.
Ok a una forza internazionale
La risoluzione autorizza inoltre la forza internazionale di stabilizzazione, che avrà il compito di garantire un processo di demilitarizzazione di Gaza, includendo la dismissione degli arsenali e la distruzione delle infrastrutture militari.
Waltz, intervenendo prima del voto, ha sottolineato che il piano “delinea un possibile percorso verso l’autodeterminazione palestinese. I razzi lasceranno il posto ai rami d’ulivo e ci sarà la possibilità di concordare un orizzonte politico”, aggiungendo che esso “spezza la presa di Hamas e garantisce che Gaza risorga libera dall’ombra del terrore, prospera e sicura”.
Hamas si oppone
La reazione di Hamas è stata immediata. Il movimento islamista ha ribadito che non accetterà il disarmo e ha denunciato la creazione di una tutela internazionale come un’ingerenza: “La risoluzione impone un meccanismo di tutela che il nostro popolo e le sue fazioni respingono”, ha dichiarato.
L’astensione sino-russa e le accuse a Washington
Mosca e Pechino hanno deciso di non bloccare il voto, ma con forti riserve. L’ambasciatore russo Vasily Nebenzya ha sostenuto che “in sostanza, il Consiglio sta dando la sua benedizione a un’iniziativa statunitense sulla base delle promesse di Washington, consegnando il controllo totale della Striscia di Gaza al Board of Peace e alla forza internazionale di stabilizzazione, le cui modalità operative non ci sono ancora note”. Una critica che richiama direttamente il timore di un’eccessiva centralità statunitense nel processo.
Il ruolo dell’Autorità palestinese
Il sostegno dell’Autorità Palestinese è stato determinante per evitare un veto russo. Ramallah ha accolto positivamente il voto e ha dichiarato la propria disponibilità a partecipare all’attuazione del piano. Il testo riconosce che “le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese”, subordinandolo a riforme dell’Autorità Palestinese e all’avanzamento della ricostruzione.
Inoltre, “gli Stati Uniti avvieranno un dialogo tra Israele e i palestinesi per concordare un orizzonte politico di pacifica e prospera convivenza”, un impegno politico che amplia la portata della risoluzione.
Le tensioni interne in Israele
Il riferimento alla statualità palestinese ha generato polemiche in Israele. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, pressato dall’ala radicale del suo governo, ha ribadito l’opposizione a uno Stato palestinese e ha promesso di smilitarizzare Gaza “con le buone o con le cattive”. Una posizione che contrasta apertamente con il lessico della risoluzione e che riflette la fragilità della coalizione di governo.
Il plauso di Trump
Trump ha definito il voto “un momento di vera portata storica”, annunciando che “i membri del Board e molti altri entusiasmanti annunci verranno comunicati nelle prossime settimane”. Una retorica espansiva che proietta il piano ben oltre il contesto immediato del conflitto.