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La partita è aperta

Lavrov si piega agli Usa: “Pronto a incontrare Rubio”. Ma avverte l’Europa e rilancia le condizioni di Putin

Tra blackout in Ucraina, stallo diplomatico e sanzioni energetiche, Mosca cerca un nuovo equilibrio tra fermezza militare e apertura strategica verso Washington. L’Europa nel mirino per l’uso dei beni congelati

Esteri - di Alice Carrazza - 10 Novembre 2025 alle 10:21

Sergej Lavrov rompe il silenzio e tende la mano a Washington. Dopo settimane di gelo diplomatico, il ministro degli Esteri russo annuncia la disponibilità a un incontro diretto con il segretario di Stato americano. «Sono pronto a incontrare Marco Rubio», dichiara all’agenzia Ria Novosti, sottolineando che tra Mosca e Washington è necessaria «una comunicazione regolare» sui fronti di guerra e sulle questioni bilaterali.

Dietro il tono misurato si intravede una strategia chiara: alternare segnali di apertura a messaggi di fermezza. Lavrov invita gli Stati Uniti a rispettare gli accordi sul disarmo nucleare raggiunti in Alaska tra Putin e Trump, ammonendo contro qualsiasi ripresa dei test atomici e ribadendo la validità del trattato New Start.

Fronte europeo: lo scontro sugli asset congelati

Verso l’Europa, invece, il linguaggio torna a farsi duro. Lavrov definisce «inganno e rapina» l’ipotesi di utilizzare i beni sovrani russi congelati per finanziare la guerra in Ucraina e accusa Bruxelles di violare la Carta delle Nazioni unite e il principio di immunità sovrana. «Non esiste alcun modo legale per appropriarsi di tali risorse», avverte, promettendo contromisure qualora il sequestro diventasse effettivo.

Guerra e crisi energetica

Sul terreno, la guerra continua a colpire le infrastrutture civili. Secondo fonti ucraine, i raid russi hanno lasciato senza luce, acqua e riscaldamento oltre 100 mila persone nella regione di Kharkiv, colpendo anche sottostazioni che alimentano le centrali di Khmelnytskyi e Rivne. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica parla di una situazione «estremamente precaria».

A loro volta, i droni di Kiev hanno provocato blackout a Voronezh e Belgorod, segnalando che il conflitto energetico resta un fronte cruciale e fragile per entrambi i contendenti. Durante una visita a Mykolaïv e Kherson, l’attrice Angelina Jolie racconta la tensione quotidiana: «Si sentiva un ronzio basso nel cielo, un safari umano. Io l’ho vissuto per due giorni, le famiglie ucraine ci convivono ogni giorno».

Diplomazia sospesa

Nonostante i segnali di distensione, resta incerta la possibilità di un vertice Trump–Putin a Budapest, cancellato dal presidente americano nelle scorse settimane.

Il Cremlino ha smentito inoltre le voci di un Lavrov “in disgrazia” e ribadito la linea: Mosca non rinuncerà alle proprie condizioni per la pace. Quelle condizioni, fissate da Putin nel giugno 2024, restano immutate: l’Ucraina deve rinunciare a entrare nella Nato e ritirare le truppe da Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia.

L’ombra di Lukoil

Sul piano economico, le sanzioni americane mettono Lukoil — e gli Stati dell’Europa dell’Est che con la compagnia hanno accordi — sotto pressione. Il colosso petrolifero russo tenta di liquidare gli asset esteri prima dell’entrata in vigore, il 21 novembre, delle nuove restrizioni Usa.

Il ritiro del trader svizzero Gunvor — definito dal Tesoro americano «pedina del Cremlino» — ha fatto saltare l’unica offerta da 22 miliardi di dollari per l’acquisizione del gruppo. Ora si profila una vendita a lotti, che coinvolgerebbe le raffinerie di Bulgaria, Romania e Olanda, con il rischio di blocchi produttivi e tensioni sui mercati energetici regionali.

Una partita ancora aperta

Dietro la formula in ogni caso resta l’avvertimento: la Russia non farà concessioni «sulle scelte dei residenti di Crimea, Donbas e Novorossiya di ricongiungersi con la loro patria storica». A quasi quattro anni dall’inizio dell’invasione, Mosca controlla stabilmente la Crimea, annessa nel 2014, quasi tutta la regione di Luhansk, circa l’80% di Donetsk, il 75% di Kherson e di Zaporizhzhia, oltre a porzioni minori delle regioni di Kharkiv, Sumy, Mykolaïv e Dnipropetrovsk. In totale, si stima che circa il 19% del territorio ucraino sia oggi sotto controllo russo, secondo le autorità di Kiev come riportato da Reuters.

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di Alice Carrazza - 10 Novembre 2025