In bilico
Israele colpisce Beirut: ucciso il numero due di Hezbollah, Haitham Tabatabai. La tensione cresce
Colpo di precisione dell’Idf nel cuore del Libano: l’eliminazione di Haitham Tabatabai riaccende tensioni latenti mentre Gaza resta un fronte instabile
Il fragile equilibrio lungo il confine settentrionale d’Israele è crollato all’alba di un nuovo raid. Un palazzo di nove piani, nella zona meridionale di Beirut, è stato centrato da un attacco mirato che ha eliminato Haitham Tabatabai, figura cardine dell’apparato militare di Hezbollah e considerato il secondo uomo più influente dell’organizzazione sciita. L’operazione ha lasciato sul terreno altri quattro miliziani e decine di feriti, rilanciando lo spettro di un’escalation che molti, nella regione, temevano imminente.
Un colpo simbolico nel momento più instabile
L’attacco è stato rapido, calibrato, studiato per segnare un punto politico oltre che militare. Per Hezbollah, la morte di Tabatabai rappresenta una perdita pesante: era l’uomo che, dopo la decimazione delle alte sfere della milizia, aveva assunto la guida delle operazioni e stava coordinando la ricostruzione del dispositivo militare del gruppo. In passato aveva diretto la forza d’élite Radwan e svolto ruoli chiave in Siria, Yemen e Iraq.
Israele, da parte sua, ha confermato l’operazione, definendo Tabatabai «un assassino sanguinario, con le mani sporche del sangue di israeliani e americani». Una valutazione ribadita dal premier Benyamin Netanyahu, che ha avvertito: «Continueremo ad agire con tutte le nostre forze contro Hezbollah e a impedirgli di tornare a rappresentare una minaccia per i nostri cittadini».
Poche ore dopo, l’Ufficio del primo ministro ha sottolineato che il raid ha colpito «il capo di stato maggiore di Hezbollah che guidava gli sforzi di potenziamento e armamento militare dell’organizzazione», aggiungendo che l’azione era stata autorizzata al termine di una valutazione condivisa tra Netanyahu, il ministro della Difesa e il capo di stato maggiore dell’Idf.
Una tregua che fatica a reggere
Sul terreno, la situazione era tesa da settimane. I raid israeliani si erano intensificati nel sud del Libano e nella valle della Beqaa, mentre le intelligence israeliana e statunitense segnalavano da tempo la volontà di Hezbollah di ripristinare le proprie capacità armate. Beirut, schiacciata tra pressioni esterne e debolezza interna, non è riuscita a implementare il piano di disarmo dell’organizzazione sciita. Le forze armate libanesi, prive di mezzi e di un reale margine operativo, non hanno potuto far fronte alla complessità del quadro.
Il premier libanese Nawaf Salam aveva avvertito che «la priorità del governo è proteggere il popolo libanese e impedire al Paese di scivolare su sentieri pericolosi». Una posizione ora messa alla prova dai fatti. Anche il presidente Joseph Aoun ha rinnovato l’appello alla comunità internazionale: il Libano, ha dichiarato, «ribadisce il suo appello alla comunità internazionale affinché assuma le sue responsabilità e intervenga in modo fermo e serio per fermare gli attacchi contro il Libano e il suo popolo».
La risposta di Hezbollah e il rischio dell’effetto domino
Hezbollah ha confermato la morte di Tabatabai, definendolo un “grande comandante jihadista”. Sul luogo dell’attacco, un suo funzionario, Mahmud Qomati, ha denunciato che il raid «supera una nuova linea rossa». I caduti, oltre al comandante, sono stati identificati come Ibrahim Ali Hussein, Rifaat Ahmed Hussein, Mustafa Asaad Barrou e Qassem Hussein Barjawi.
Il raid ha centrato il terzo e il quarto piano dell’edificio colpito, provocando danni anche ai veicoli e alle strutture circostanti. Il ministero della Sanità libanese ha riferito di 28 feriti, mentre l’Idf ha diffuso un filmato dell’operazione.
Il tempismo dell’attacco è tutt’altro che casuale: arriva quasi un anno dopo l’entrata in vigore della tregua mediata dagli Stati Uniti, il 27 novembre 2024. Secondo il ministero degli Esteri israeliano, l’operazione è stata condotta in risposta «alle ripetute violazioni di Hezbollah della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e degli accordi di cessate il fuoco del 2024».
Un alto funzionario americano, citato da Channel 12, ha commentato: «Siamo soddisfatti dell’eliminazione del numero due di Hezbollah».
Gaza, il secondo fronte
Nel frattempo, a Gaza, il cessate il fuoco promosso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump trova i primi ostacoli. Hamas denuncia il rischio di una nuova escalation e uno dei suoi leader, Khalil al-Hayya, è volato al Cairo per discutere con le autorità egiziane di un eventuale “fase due” del conflitto e dei segnali sempre più preoccupanti provenienti dal terreno. Solo nelle ultime ore, i raid israeliani su Gaza hanno causato 24 vittime.