La République islamique
Dai banchi del Parlamento ai campus universitari: l’Iran e i Fratelli Musulmani avanzano nei ranghi della sinistra francese
Il caso Rima Hassan accende l’allerta sull’infiltrazione dell’ideologia iraniana nei partiti della gauche d'Oltralpe: il rapporto France2050 la descrive come canale privilegiato della teocrazia sciita. "La guerra ombra è qui"
«L’infiltrazione iraniana ha agito come un veleno, penetrando lentamente nella società, goccia dopo goccia, e ora si diffonde, esercita influenza e corrode». Così scrive Gilles Platret, sindaco di Chalon-sur-Saône e autore principale del rapporto che accende un faro inquietante sull’espansione ideologica e politica di Teheran in Occidente. Secondo lo studio, le operazioni iraniane in Francia non sono mai state così potenti.
Dopo il 7 ottobre: una nuova offensiva ideologica
Dalla strage di Hamas nel sud di Israele, il 7 ottobre 2023, un’ombra più lunga si sarebbe proiettata sulle istituzioni francesi. L’inchiesta parla di un piano strategico che mira a influenzare università, partiti di sinistra, media e ambienti studenteschi. L’obiettivo – si legge nel rapporto – è «promuovere l’islam radicale in Francia».
Tra i nomi citati spicca quello di Rima Hassan, eurodeputata della France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, descritta come «tramite per i rappresentanti della Repubblica islamica dell’Iran». La stessa che si era imbarcata a giugno sulla Freedom Flottilla alla rotta di Gaza e intratteneva la propria schiera di followers con tutorial culinari. Accanto a lei, vengono menzionati anche Mathilde Panot, Thomas Portes, Sébastien Delogu e Ersilia Soudais, parlamentari che, secondo il documento, sarebbero stati «cooptati» da Teheran.
Già a maggio, il ministero dell’Interno francese aveva reso pubblico un rapporto sui Fratelli musulmani, infiltrati da anni nelle banlieues e nelle strutture politiche. Ora, la ragnatela sembra estendersi fino ai centri del sapere. Un quadro che rasenta il paradosso: in un’Europa che proclama la laicità e la libertà di pensiero, l’idea stessa che la politica possa diventare un veicolo di teocrazia travestita da solidarietà appare come una beffa della storia, o peggio, come una sua amara caricatura.
Lo studente, la spia e l’ingerenza iraniana
L’ex agente di polizia Matthieu Ghadiri, intervistato da Emmanuel Razavi e Jean-Marie Montali nel libro La Pieuvre de Téhéran (Éditions du Cerf), racconta il momento in cui i servizi iraniani tentarono di reclutarlo. “Mi parlarono delle mie origini iraniane, della grandezza dell’Iran, e mi lusingarono”. Poi arrivala richiesta: infiltrarsi nel Partito socialista.
Quello che gli agenti non sapevano, aggiunge Ghadiri, è che lo studente lavorava in realtà per la Francia, e che la sua infiltrazione sarebbe diventata un contrattacco. «Si rivolgono ai partiti politici per far passare le loro idee. Una volta reclutati, devono entrare in contatto con la sinistra, partecipare alle riunioni. Gli studenti sono un obiettivo chiave. Li spingono verso associazioni filopalestinesi o reti dei Fratelli musulmani, vicine a Hamas».
Per chi conosce le dinamiche dell’islam sciita radicale, non è una novità: la menzogna, quando funzionale alla diffusione della parola del Profeta, viene impiegata con calcolo e precisione.È la taqiyya, tornata al centro del dibattito negli Stati Uniti dopo l’elezione di Mamdami — un concetto che denuncia l’ipocrisia di chi predica tolleranza e usa la dissimulazione come arma politica.
“La guerra ombra è qui”
L’ambasciata iraniana a Parigi, racconta il dossier, è diventata un crocevia di incontri. A febbraio ha accolto un gruppo di studenti di università prestigiose; a giugno, la Sorbona ha ospitato una conferenza sugli stessi temi. «La più grande forza dell’Iran è il suo soft power antisionista», osserva Amélie Chelly, ricercatrice specializzata in islam politico.
Il think tank France2050, che firma l’indagine, tratteggia scenari cupi: entro diciotto mesi, l’Iran potrebbe compiere un assassinio mirato contro un dissidente o una figura ebraica o israeliana. «La guerra ombra è qui – ammonisce il rapporto – e il costo dell’indifferenza sarà misurato in vite umane, libertà e sovranità».
Tra le misure raccomandate: mappare le organizzazioni di facciata iraniane, tracciarne i finanziamenti, rafforzare la protezione di personalità e luoghi sensibili. Nel medio termine, chiedere all’Unione Europea di designare il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica come organizzazione terroristica e introdurre controlli più severi sui visti di cittadini legati al regime.
Da Parigi al Messico: la rete globale
Mentre l’Europa si interroga, un’eco arriva da oltreoceano. Gli Stati Uniti hanno accusato l’Iran di aver orchestrato un piano per assassinare l’ambasciatore israeliano in Messico. «Il complotto è stato sventato e non rappresenta attualmente una minaccia», ha dichiarato un funzionario americano, rimasto anonimo. Secondo Washington, l’operazione, avviata nel 2024 dalla Forza Qods, il braccio esterno dei Guardiani della rivoluzione, sarebbe solo «l’ultimo episodio di una lunga serie di attacchi contro diplomatici, giornalisti e dissidenti».
Teheran ha reagito con durezza: «Si tratta di una invenzione mediatica, di una menzogna sfacciata, volta a danneggiare le relazioni amichevoli tra Iran e Messico», ha replicato l’ambasciata iraniana a Città del Messico su X.
La storia si ripete
«La prima volta che i mullah si inserirono nelle crepe dell’Europa fu nel 1979», ricorda il rapporto, «quando l’ayatollah Khomeini lanciò la sua rivoluzione da sotto un melo alla periferia di Parigi». Oggi, quarantasei anni dopo, la storia sembra chiudere un cerchio inquietante: le radici di quell’albero hanno continuato a insidiarsi fino a riaffiorare nel cuore dell’Europa.