Giustizia e referendum
Dal Pci alla presidenza della Consulta: anche il giurista “rosso” Augusto Barbera benedice la riforma Nordio
L’ultimo giurista di sinistra, in ordine di tempo, a benedire la riforma Nordio e a invitare a votare sì al referendum è Augusto Barbera, già parlamentare del Pci e del Pd e presidente della Corte Costituzionale. In un intervento oggi sul Foglio Barbera spiega perché vede con grande favore la riforma della giustizia. A suo avviso è “pienamente legittima per la Corte costituzionale, anche a Costituzione vigente, la possibile separazione del regime dei due pilastri”.
Augusto Barbera smonta il teorema della magistratura sottomessa
“Non credo che la vittoria nel referendum porterà a una subordinazione al potere politico. Inutile girarci attorno – afferma -. La riforma della giustizia di cui stiamo parlando è una riforma liberale divenuta inevitabile dopo la così detta riforma Vassalli (la legge delega n. 81 del 1987) che aveva smantellato il vecchio codice di impronta autoritaria e introdotto il sistema accusatorio. Inevitabile conseguenza la separazione delle funzioni e delle carriere, ma intervennero più fattori di rallentamento, talora passi indietro, non ultimi l’emergenza terroristica e l’esplosione del ‘giustizialismo’ di Mani Pulite. In quegli anni per evitare la così detta dispersione delle prove, la stessa Corte costituzionale si era mossa in direzione opposta con la sentenza 361 del 1998 (così detta ‘Sentenza Neppi Modona’)”.
Sulla separazione delle carriere, “scartata la strada del raccordo con il governo (inizialmente preferita da Calamandrei), il momento di collegamento della magistratura con il potere politico verrà infatti individuato nella presidenza del Consiglio superiore affidata al presidente della Repubblica e nell’immissione nel Consiglio stesso di un terzo di laici, eletti dal Parlamento, mentre al ministro della Giustizia verranno affidati solo l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (art. 110), e la promozione dell’azione disciplinare (art. 107) – aggiunge -. Un Consiglio superiore con compiti, dunque, di “garanzia”; non dovrebbe invece svolgere funzioni di “rappresentanza”, né del Parlamento né dei magistrati. Cadono pertanto le obiezioni (quelle giuridiche almeno) al “sorteggio” dei componenti dei due Csm, fondate invece qualora dovesse trattarsi di eleggere ‘rappresentanti’. Non credo, infine, che la vittoria nel referendum porterà a una subordinazione al potere politico. Lo impedisce il nuovo testo dell’art. 104 laddove stabilisce che ‘la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente'”.