Il bilancio complessivo
Anche nell’Italia delle Regioni stravince il centrodestra: 13 a 6. Altro che “remuntada” del campo largo
Dal 2022 a oggi la coalizione di governo ha conquistato 13 presidenti eletti direttamente, compreso quello della Provincia autonoma di Trento, cui si aggiunge la maggioranza tra i partiti nazionali in Valle d'Aosta. Alla sinistra sono rimaste le Regioni tradizionalmente rosse
Con il voto in Veneto, Campania e Puglia si chiude il ciclo di elezioni che dal 2022 a oggi ha portato al rinnovo di tutte le Regioni. Si tratta di una partita che non lascia dubbi sulla fisionomia politica dell’Italia delle Regioni: il bilancio finale del centrodestra è di 13 presidenti eletti direttamente, rispetto ai 6 del centrosinistra. Inoltre, in Valle d’Aosta, dove governano gli autonomisti, la coalizione è di gran lunga maggioritaria tra i partiti nazionali.
Il cappotto del 2022-2023
Ad aprire la carrellata delle vittoria del centrodestra è stata la Sicilia, che ha votato nel 2022 contestualmente alle politiche, sancendo la vittoria del centrodestra con Renato Schifani. Si passa quindi al 2023, quando vanno al voto quattro regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Il centrodestra fa cappotto: vince nel Lazio con Francesco Rocca, in Lombardia con Attilio Fontana, il Friuli Venezia Giulia con Massimiliano Fedriga e alla Provincia autonoma di Trento con Maurizio Fugatti. A Bolzano, il presidente è l’autonomista Arno Kompatscher della Svp, non eletto direttamente dai cittadini. I due consigli regionali, insieme, costituiscono quello della regione Trentino Alto Adige, la cui presidenza è a staffetta tra i due presidenti di provincia.
Il 2024: l’anno delle illusioni sarde infrante sui risultati reali
Nel 2024 sono andati a rinnovo Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Umbria. E anche stavolta il centrodestra ha avuto la meglio: ha vinto in quattro regioni su sette. La tornata dell’anno scorso ha inoltre confermato due dati (che poi si sono ritrovati anche in questo 2025): il primo rispetto al centrodestra, ovvero che la luna di miele del centrodestra con gli italiani era tutt’altro che finita; il secondo rispetto al centrosinistra, ovvero che le regioni non avrebbero affatto portato il campo largo a dare la tanto sbandierata spallata al governo. Elly Schlein, Giuseppe Conte & co ci avevano sperato con la Sardegna, dove a febbraio l’affermazione di Alessandra Todde aveva dato il via a cori entusiasti, a slogan sul vento sardo, ad analisi su come e quanto la somma dei partiti del centrosinistra potesse davvero avere una prospettiva di alternativa anche a livello nazionale.
Dopo Marsilio una batosta dietro l’altra
Poi a marzo è arrivato l’Abruzzo con la riconferma di Marco Marsilio e addio sogni di gloria. Da lì la sinistra ha preso una mazzata dietro l’altra: il centrodestra ha vinto ad aprile in Basilicata con Vito Bardi, a giugno in Piemonte con Alberto Cirio, a ottobre in Liguria con Marco Bucci. La serie di sonore sconfitte per la sinistra si interrompe a novembre con Michele De Pascale in Emilia Romagna e con Stefania Proietti in Umbria, ma la vittoria amministrativa non è vittoria politica: si tratta di due regioni storicamente rosse, il cui risultato era pressoché scontato.
Il 2025: per il campo largo la sola consolazione delle regioni rosse
E arriviamo a questo 2025. Il campo largo aveva puntato tantissimo sulle Marche, raccontando non solo di una regione contendibile, ma di una regione assai in bilico. Com’è finita è storia recente: Francesco Acquaroli è stato riconfermato con il 52,43%, conquistando quasi tre punti percentuali e mezzo di consenso in più rispetto al primo mandato. Poi è arrivata la batosta della Calabria, altra regione su cui il campo largo nutriva qualche speranza, ma dove la vittoria di Roberto Occhiuto è stata così netta che già al primo exit poll s’è capito che per Pasquale Tridico, peso massimo del M5S, non c’era storia. La settimana dopo a sinistra si sono consolati con la scontata vittoria di Eugenio Giani, che comunque per il campo largo non è stata un grande successo, considerato che il M5S ha raccolto poco più del 4% dei consensi. Nel mezzo c’è stato il voto in Valle d’Aosta, dove non c’è l’elezione diretta del presidente. Qui il primo partito è risultato di gran lunga e senza sorprese l’Union Valdotaine (che ha espresso il presidente Renzo Testolin), ma tra i partiti nazionali è finita con FdI primo all’11%, seguito da Forza Italia e Lega, e Pd penultimo sopra solo ad Avs.
Il centrodestra larghissima maggioranza anche nell’Italia delle regioni
E arriviamo a oggi. Il centrodestra ha vinto in Veneto con Alberto Stefani, il centrosinistra in Campania e Puglia con Roberto Fico e Antonio Decaro. Tre riconferme, che dunque non spostano equilibri. E che portano al bilancio finale di 13 presidenti eletti direttamente contro 6 per il centrosinistra. Volendo, al calcolo si può aggiungere la situazione a livello di partiti nazionali in Valle d’Aosta, dove il centrodestra è ampiamente sopra alla sinistra. La coalizione di governo, insomma, dopo tre anni alla guida della nazione, è larghissima maggioranza anche nell’Italia delle regioni.