
Una vecchia storia
Sulle violenze di piazza sinistra più ipocrita che mai: prende le distanze e finge di non riconoscere i centri sociali
Da Landini al Pd è tutto un condannare la guerriglia e dire che con quei "cretini" non hanno nulla a che spartire. Ma tra sinistra istituzionale e antagonismo c'è un legame antico, mai reciso e anzi allegramente coltivato
All’indomani delle violenze che hanno caratterizzato i cortei Pro Pal dello scorso fine settimana e alla vigilia della vergognosa manifestazione pro Hamas che era stata convocata per domani a Bologna e che è stata vietata dal prefetto, a sinistra è tutto un prendere le distanze dai violenti. Un trionfo di ipocrisia, nel quale questi violenti sembrano entità astratte sbucate dal nulla e non esponenti di quei centri sociali che sono parte integrante del movimento Pro Pal, promotori di tutta una serie di iniziative di mobilitazione in vista delle piazze e, soprattutto, amici stretti e di lunga data di quella stessa sinistra che ora finge di non riconoscerli.
L’ipocrisia della sinistra che prende le distanze dai non meglio precisati violenti
Tra gli altri, Maurizio Landini ha rivendicato che «i violenti e i cretini non li abbiamo mai difesi e i responsabili di atti criminali sono stati respinti anche fisicamente»; il Pd con il vicecapogruppo alla Camera, Toni Ricciardi, ha detto che «noi abbiamo condannato fin dal primo momento ogni gesto violento e ogni fase ignobile pronunciata in piazza e continueremo a farlo». Epperò in piazza con quelli che nelle università italiane hanno dato vita a vere e proprie cacce al sionista ci sono andati senza colpo ferire e non risulta che alla vigilia si siano allarmati per il tam tam sui social, ottimo per ingrossare le file dello sciopero generale di venerdì e della manifestazione nazionale di sabato.
Citofonare antagonismo, ma solo quando fa comodo
Del resto, si sa, i centri sociali per la sinistra sono luoghi dove si fa cultura e si allena la coscienza sociale e mai e poi, nelle loro riflessioni, si affaccia l’ipotesi che siano sovrapponibili a chi assalta i cantieri della Tav, si scaglia contro le forze dell’ordine e in nome della pace scatena la guerriglia nelle città. Neanche di fronte ai rapporti ufficiali di intelligence che ogni anno avvertono sul pericolo, anche eversivo, che arriva dagli ambienti antagonisti. Del resto, a sinistra si fa qualche difficoltà a guardare in faccia certi fenomeni fin dal loro insorgere, sin da quando ai tempi del G7 di Genova Fausto Bertinotti avvertiva che se quelli si chiamavano “black bloc” qualcosa voleva dire e che, insomma, quel tipo di violenza non poteva essere rossa.
Dai black bloc ai Pro Pal, ma guai a chiamarli col loro nome
Dopo venticinque anni, vari appuntamenti elettorali in luoghi occupati, diversi cortei fianco a fianco, una candidatura di bandiera alla Ilaria Salis difesa incondizionatamente dalla sinistra tutta, incurante delle motivazioni per cui l’Ungheria chiede di mandarla a processo, stiamo ancora lì, allo sgomento delle forze istituzionali per le “infiltrazioni” di violenti in piazze altrimenti – a loro dire – tutte pacifiche, colorate, promosse da un ampio fronte caratterizzato da assoluta consapevolezza su mezzi e modi del dissenso democratico.
Ci si mettono pure i Giovani palestinesi…
Poi ultimamente ci si sono messi pure i Giovani palestinesi con il sostegno esplicito a Hamas, che – di nuovo – ma chi li conosce? E fa niente che sui loro profili social li si trovi taggati spesso e volentieri insieme ai centri sociali e all’occorrenza anche al Global movement to Gaza Italia, quello della Flotilla per intendersi, e che da tempo, non da oggi, proprio come i centri sociali, parlino del 7 ottobre come giornata simbolo di una nuova resistenza, tanto che lo scorso 25 aprile rivendicavano la testa dei cortei di Roma e Milano. Alla fine, pure i compagni che sbagliano tornano utili. E se per un giorno o due la fanno troppo grossa si può sempre far finta di non conoscerli. O, meglio, di non riconoscerli.