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Il problema dei sistemi elettorali è antico come le istituzioni

A ciascuno il suo modo

Piazze piene, urne vuote? Ad Atene l’avevano risolta a monte. I curiosi sistemi di voto, dall’antica Roma agli States

Il problema delle regole elettorali non nasce oggi e non si risolverà domani: è antico come le istituzioni e in ogni epoca e in ogni luogo si è cercata una risposta, senza mai arrivare a una sola modalità di rappresentanza della volontà popolare

Politica - di Ulderico Nisticò - 26 Ottobre 2025 alle 06:34

Magari qualche malevolo penserà che il problema dei sistemi elettorali si sia posto negli ultimi tre anni di destracentro. E invece, se facciamo una carrellata nei secoli, scopriamo che il problema del voto è antico quanto ogni istituzione rappresentativa o comunque elettorale.

Nei secoli? Non avevano finito di istituire la Repubblica (510 a.C.), che i Romani dovettero emanare le “leges de ambitu”. “Ambitus”, da ambo-eo, era l’andare qua e là per chiedere il voto ai singoli cittadini. Più esattamente, alle singole centurie, giacché, nell’Urbe, per centurie si votava e non per testa: una gran bella differenza da “uno vale uno”. Di brogli elettorali sono però zeppe le cronache dei Quiriti, se, l’anno prima di tacciarlo del peggio del peggio, Cicerone difese come avvocato un imputato di tale reato. Indovinate chi? Catilina! Poco dopo, Cesare pose la questione se i suoi soldati, essendo cittadini, potevano recarsi a Roma per votare, o dovevano restare, in quanto soldati, oltre il Rubicone: e si sa com’è finita.

Nella democraticissima Atene votavano, in piazza, tutti i cittadini; di fatto, tutti quelli che si trovavano in piazza, e più gli sfaccendati che i lavoratori. E divenne il paradiso dei demagoghi e bravi a parlare. Dopo il disastro in Sicilia (415-3), provarono a regolare meglio la cosa con un filtro alle proposte di legge. Di sfaccendati era composto anche il tribunale dell’Eliea, che condannò gli strateghi vincitori delle Arginuse, e in nome di una delle innumerevoli leggi ateniesi, tirate fuori a caso o a convenienza: vi ricorda qualcosa? Condannò poi anche Socrate.

Il Papa, per quanto Vicario di Cristo, veniva prima eletto a furor di popolo romano, finché non istituì l’attuale elezione, tramite cardinali, Ildebrando di Soana; che egli poi venne eletto Gregorio VII, ma a furor di popolo!

Anche l’imperatore del Sacro Romano Impero risultava da sette, poi nove principi ecclesiastici e laici, detti appunto elettori. I regni medioevali, derivando da tribù barbariche, consideravano il re come un capo di guerra, soggetto al giudizio dei combattenti. Il Regno di Francia aveva un’assemblea detta Stati Generali, con alti ecclesiastici, feudatari e borghesi, che votavano per corpo. Quelli del 1789 erano i primi dopo 160 anni; errore gravissimo, non convocarli e governarli prima: e finì tra insurrezione “per testa”, e, a proposito di teste, l’uso industriale della ghigliottina atta a tagliarne, e tantissime. Al contrario della monarchia assoluta francese, il Regno di Polonia era elettivo; e con “liberum vetum” da parte di ogni nobile anche insignificante. Così la Polonia sparì dal 1772 al 1918; e anche sul dopo avremmo da ridire.

Patria del sistema rappresentativo è l’Inghilterra – Gran Bretagna. La sua storia è, in verità, un lungo conflitto tra re aspiranti al potere assoluto, e un parlamento che lo limitava. In parlamento sedevano i rappresentanti delle città. Se non che, con la rivoluzione industriale, molte città medioevali si svuotarono (“borghi putridi”) e altre, come la grande ma nuova Manchester, erano senza deputati. Nel 1832 vennero messe a posto le cose. Ecco un buon esempio di realismo elettorale. Negli Stati Uniti il presidente non viene eletto direttamente dai cittadini, ma questi indicano i “grandi elettori”: un valido filtro.

Fermiamoci qui, per domandarci chi votava; e rispondere che, fino a tempo abbastanza recenti, votavano unicamente i maschi abbienti. Nella democratica Svizzera, le signore votano solo dal 1970! Sulle donne gravava un pregiudizio non solo sessista ma proprio giuridico: che, codici alla mano, avrebbero votato come comandava il marito. Gli abbienti soli votavano perché pagavano le tasse, e quindi vantavano il diritto di controllarne l’uso da parte del governo. La prima camera dei deputati del Regno d’Italia, nel febbraio 1861, venne eletta da 400.000 aventi diritto per reddito; metà però non votarono perché cattolici. Il suffragio universale maschile ebbe efficacia nel 1913; le donne votano in Italia dal 1946.

Lo Statuto Albertino (1848-1947) prevedeva un senato di nomina regia, quasi uno strumento di equilibrio; ma la nobile istituzione divenne sempre più decorativa. Oggi il senato, elettivo, è un doppione della camera. Questi fugaci esempi dimostrano, a parere di chi scrive, che non c’è al mondo e nel tempo un solo modo di votare, né una sola modalità di rappresentanza della volontà popolare. Ammesso, e non del tutto concesso, che il voto genuinamente la testimoni.

Se non c’è, e non ci fu nei secoli, solo il voto “per testa”, oggi anche questo concetto può essere riconsiderato. In una comunità nazionale, nessun individuo è una monade solitaria, bensì tutti apparteniamo a corpi intermedi, e in particolare alle corporazioni di lavoro, le quali costituiscono, con tutta evidenza, gran parte della vita attiva e sociale e consociata di ciascuno; e impongono doveri, e raffigurano esigenze e diritti. Ed ecco che, accanto a una camera politica, sarebbe utile un senato corporativo e dei corpi intermedi. Purché regolati da norme, mentre in atto alcune associazioni come i sindacati (e l’Anm!) sfuggono a regole, pur previste dalla carta del 1948 con il famoso articolo 39, in parte lettera morta.

Le istituzioni di tutta Europa sono ancora concepite unicamente per liste di partiti. È però solare che i partiti del 2025 non sono la stessa cosa di quelli tra il 1945 e il 1985; anzi sono quasi solo liste, e per il resto piramidi di vertici senza base. E non parliamo di certe primarie fatte in mezzo alla strada, e dove con due euro poteva votare un passante! Si possono immaginare altre forme di rappresentanza. E anche altre tecniche, in un mondo in cui con l’elettronica, e con un semplice il cellulare si manovrano mucchi di soldi; e ancora noi votiamo esclusivamente con fogli di carta. Votiamo? Si fa per dire: e l’alta astensione, come altre volte abbiamo scritto, ha radici profonde, e non può essere derubricata a semplice disinteresse. È in gioco la politica come, per Platone, “cura del bene comune”, e il concetto aristotelico di “uomo vivente comunitario per natura”.

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di Ulderico Nisticò - 26 Ottobre 2025