
L'intervista al Corriere
Mogol rivela lo ‘schiaffo’ di Battisti ad Agnelli: “Rifiutò 2 miliardi. Etichettato fascista perché era un uomo libero”
«Chi non era schierato era ritenuto fascista. Il silenzio era considerato assenso. Furono contestati persino De Gregori e De André. Insinuarono che Lucio finanziasse Ordine Nuovo, e che le braccia alzate nella copertina di La collina dei ciliegi fossero saluti romani, mentre per noi quelle braccia tese al cielo avevano un senso mistico». A ricordarlo Mogol, al secolo Giulio Rapetti, nell’intervista a tutto campo a Camilla Baresani di 7, il magazine del Corriere della Sera.
Quel fascista di Battisti: Mogol sbugiarda la sinistra
Mogol lo spiega bene nell’intervista: «La realtà è che a Lucio interessava solo la musica, non si è mai interessato di politica, e io appartenevo a una cultura socialista e pacifista. Il paradosso fu che, quando nel ’78 la polizia fece irruzione nel covo brigatista di via Monte Nevoso dove vennero trovati i memoriali di Aldo Moro, si scoprì su uno scaffale l’intera discografia di Lucio Battisti. I brigatisti ascoltavano le nostre canzoni».
Altra leggenda metropolitana smontata dal complice e amico Mogol, paroliere dei suoi celeberrimi successi, il fatto che Battisti fosse tirchio.
«Ma no, altrimenti non avrebbe fatto il Gran Rifiuto. Nel ’68 a Londra incontrammo Paul McCartney e il suo staff. Gli proposero di produrlo e organizzare un tour mondiale. Lucio non accettò perché avrebbero trattenuto una percentuale molto alta dei profitti, il 25 per cento. Ma il problema non era quello. Non accettava di perdere la sua libertà, voleva trovare da solo la propria strada».
Lo ‘schiaffo in faccia’ all’Avvocato Agnelli: si rifiutò anche di parlargli
Rifiutò proposte di partecipazione a film per cui gli offrivano miliardi. Gianni Agnelli lo fece chiamare perché voleva che Lucio tenesse un concerto al Regio di Torino. Offriva due miliardi, eventualmente anche su conto estero. Lucio li rifiutò e rifiutò anche di parlare personalmente con Agnelli, che voleva convincerlo».
Secondo quanto si diceva a Torino, l’Avvocato si lamentò con la sua corte con una frase divenuta celebre in ambienti Fiat: «Ci risponde anche Breznev (all’epoca numero uno del Cremlino ndr) e non riusciamo a contattare Lucio Battisti?». Un altro segno della libertà e dell’indipendenza di un artista che non aveva padroni né padrini: Battisti restava un uomo libero che, per la sinistra, doveva essere necessariamente fascista.