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Dalla Francia arriva il libro-manifesto che incita alla saldatura tra maranza e antifa

Il libro

“Maranza di tutto il mondo, unitevi!”: dalla Francia arriva il manifesto delle nuove leve antifa

Houria Bouteldja, che si definisce «scrittrice e militante antirazzista», incoraggia la saldatura tra sinistra radicale e seconde e terze generazioni in nome della lotta alla «bianchezza». In Italia segnali sul fenomeno sono arrivati dalle piazze pro Pal

Libri - di Lorenzo Cafarchio - 12 Ottobre 2025 alle 07:00

Saldatura o non saldatura questo è il problema. La grande domanda dell’antifascismo militante alle latitudini attorno a noi è proprio questa. Contesto? Le battaglie portate in corteo da quelli che qualcuno ama ancora definire antagonisti – manco fossero Mark Lenders – sulla questione Palestina continuano a imperversare. Neanche gli accordi di pace, quelli nell’immediato e quelli all’orizzonte, placano i barricaderi e quindi, tra tanti, Potere al popolo ha lanciato le 100 piazze per Gaza, mentre domani a Milano ancora in strada per dire no al gemellaggio tra il capoluogo meneghino e Tel Aviv.

Ma in questo scenario qualcosa di nuovo lo abbiamo visto. Torniamo al 22 settembre in Stazione centrale all’ombra della Madonnina. Alcune immagini sono sempre le solite, fotocopia di una fotocopia, provocazioni e scontri tra antifascisti e forze dell’ordine. Però, aguzzando la vista qualcosa di diverso, almeno in Italia, appare. In prima linea non solo i centri sociali, ma con bastoni, pietre e tutto l’armamentario che occorre anche i figli di seconda e terza generazione dell’immigrazione. Giovani, in alcuni casi giovanissimi, arabi e africani pronti a sfoggiare la propria rabbia contro le istituzioni, anzi più semplicemente – in uno stadio decisamente pre-politico – dotati di una vitalità smodata incapace di essere incanalata e pronti a sfogarla appena ne hanno occasione. Quindi, tornando alla domanda iniziale, saldatura o non saldatura tra immigrati e antifascismo?

Il tempo ci dirà se Stazione centrale e i sassi lanciati settimana scorsa sulla tangenziale di Milano, durante lo sciopero del 3 ottobre, saranno prassi o fuggevoli unioni di scopo (in questo caso Gaza). Intanto, per un attimo, stacchiamo lo sguardo dallo scenario locale e andiamo in Francia. Perché dall’altra parte delle Alpi c’è chi questa comunanza di intenti la vede e vuole alimentarla. Sulla questione è stato pubblicato un libro dal titolo Maranza di tutto il mondo, unitevi! Per un’alleanza dei barbari nelle periferie, edito in Italia da DeriveApprodi.

L’autrice è Houria Bouteldja che si definisce «scrittrice e militante antirazzista», nonché «tra le fondatrici del Partito degli indigeni della repubblica». Eccolo il tentativo di dare una struttura politica al disagio, al malessere e alle vere o presunte ingiustizie sociali. Questa orda di giovani, coi loro codici e il loro vestiario – tute di squadre da calcio, in altri casi di marchi famosi, borsello, “scarpe da pusher” per citare il rapper Jamil oppure, come visto durante gli ultimi scontri, in calze con le ciabatte – hanno bisogno di un manuale e quindi eccoci intenti alla lettura. Qualcosa, a detta della Bouteldja, si è rotto ed è il «patto razziale» portando alla nascita di due fazioni «opposte al blocco borghese». Da una parte la «classe operaia, certamente integrata nel progetto nazionale» e dall’altra i «dannati della terra, esclusi dal progetto nazionale». Non deve sorprenderci la retorica perfettamente inclusa nel lessico marxista dei tempi nostri.

Questa faglia di rottura tra «Stato-nazione ha causato nella storia millenaria delle società umane, una volta fondate su piccole unità comunitarie e relazioni di prossimità» un «fenomeno etico-politico», portandoci a osservare «probabilmente» l’effetto, a detta della scrittrice, «più rivoluzionario della storia contemporanea».

Il passo successivo è la lotta alla bianchezza – come abbiamo visto a Firenze nelle parole di Antonella Bundu, che poi sono le stesse di Ilaria Salis – una battaglia contro chi decide di tenere fede alle proprie origini. Infatti, per la Bouteldja, la bianchezza «si materializza attraverso tutte le sfumature possibili in base alla loro appartenenza sociale e geografica, al loro orientamento politico, al loro genere e alla loro età». Sentiamo odore di razzismo anti-bianco. Anche se il tentativo del volume è quello di lanciare una santa alleanza «tra beaufs e barbares – leggasi per semplificare tra il francese medio e gli immigrati, ndr – e per un nuovo patto di unificazione delle classi popolari che potrebbe essere chiamato “blocco storico” o “maggioranza decoloniale”».

E quindi via verso l’appello ai piccoli bianchi per dirigersi in direzione «utopia rivoluzionaria» che porti «a una strategia decoloniale». Perché il nemico, in queste pagine, è l’Europa. Quello che ha rappresentato, che rappresenta e che rappresenterà. Il suo afflato, i suoi sogni e il suo essere stata pioniera e costruttrice di mondi, ecco cosa viene imputato al nostro continente. Perché la Bouteldja, o una Salis qualsiasi, vogliono «ridefinire la bianchezza» in modo da ottenerne il suo «superamento».

In una società che ha intrapreso la strada della tribalizzazione i richiami alle origini, al gruppo e all’appartenenza contano ancora. Laddove il liberismo, il capitalismo e il migliore dei mondi possibili hanno fallito la soluzione dell’unione proposta da Maranza di tutto il mondo, unitevi! è l’ennesimo abbaglio. La costruzione sul vuoto, perché essere i diseredati della storia vuol dire non avere radici, ripudiando l’identità che è l’architrave di ogni cosa. Per rispondere, infine, alla Bouteldja ci rivolgiamo ad Alain de Benoist. L’intellettuale francese ci ricorda che «i popoli non sono intercambiabili», per questo motivo nessuna sostituzione, et(n)ica e di parole, potrà impedire agli europei di sentire, oggi più che mai, il richiamo del proprio destino.

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