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La Serie A all’estero? È la dematerializzazione del calcio (e della passione)

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La Serie A all’estero? È la dematerializzazione del calcio (e della passione)

Sport - di Federico Cenci - 12 Ottobre 2025 alle 07:01

Correva l’estate del 1993 quando Milan e Torino, detentrici rispettivamente di Scudetto e Coppa Italia, si affrontarono in quel di Washington per contendersi la Supercoppa Italiana. Fu la prima volta che una competizione nostrana si giocò all’estero. Negli anni successivi per la Supercoppa divenne un’abitudine migrare a diverse latitudini: Cina, Libia, Qatar, Arabia Saudita.

Perché la scelta dell’Australia?

Ma mai è finora capitato che una partita di Serie A si sia giocata oltreconfine. Visto però che, specie nel calcio moderno, c’è sempre una prima volta, nel febbraio prossimo (la data esatta non è ancora ufficiale) Milan e Como si affronteranno a Perth, in Australia. Motivo? L’impossibilità di usare San Siro per via della concomitanza con le Olimpiadi invernali Milano-Cortina. C’è però dell’altro, anche perché le due squadre di Serie A avrebbero potuto posticipare la partita al “Meazza” una volta finite le Olimpiadi oppure si sarebbe potuta sondare la disponibilità di un campo neutro in Italia. L’intento reale appare allora quello di esportare il “brand” del calcio nazionale.

Il calcio consumistico

Scelta legittima, comprensibile. La quale, tuttavia, suggerisce qualche riflessione da una prospettiva di un tifoso italiano. Con un gioco di parole potremmo asserire che la dematerializzazione dello stadio, luogo di aggregazione sociale e di prossimità fisica degli spettatori al campo e ai calciatori, è forse l’ultimo stadio di un processo di artificializzione del calcio. La Serie A oltreconfine sublima il calcio come mero bene di consumo. La partita come pacco postale inviato da una piattaforma di vendita online direttamente a casa del consumatore. È il trionfo dell’omologazione, è il livellamento dei tifosi locali, considerati alla stregua di un forestiero abbonato alla pay-tv, bibita gassata in una mano e hot-dog nell’altra, che assiste allo spettacolo seduto sul divano. Il calcio che si dematerializza, che recide i legami fisici tra squadra, tifosi e territorio, può essere proficuo in termini economici, ma è lecito domandarsi se non rischi di diventare meno carico di passione.

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di Federico Cenci - 12 Ottobre 2025