La privacy violata
La durissima accusa di Lady Sangiuliano a Report: “Mi hanno voluta umiliare, la multa del Garante è giusta”
La reazione, già nelle ore che hanno preceduto la messa in onda, domenica sera, della puntata di “Report” sulla multa inflitta alla redazione di Sigfrido Ranucci per violazione della privacy, era stata fortissima, da parte di Federica Corsini, lady Sangiuliano. “È tempo di ristabilire la verità dei fatti. Fino ad oggi ho mantenuto il massimo riserbo sulla vicenda che ha visto coinvolto l’allora ministro Gennaro Sangiuliano, nel rispetto delle istituzioni e del mio personale stile di vita, fondato sulla discrezione. Ho atteso che le autorità competenti approfondissero i fatti, pur essendo, in ultima analisi, la principale vittima di quanto accaduto. Ritengo però necessario intervenire ora, per tutelare la verità storica e giuridica di questa vicenda, che rischia di essere oscurata da tentativi, comprensibili ma infondati, di spostare l’attenzione dal cuore del problema”.
Per poi aggiungere: “Come sottolinea la Procura, a differenza di un altro giornalista al quale l’audio era stato ‘proposto’ e che lo aveva rifiutato, Report ha scelto di accettarlo e diffonderlo, pur conoscendone la provenienza illecita. Ciò rileva sia sotto il profilo penale (atti persecutori ed interferenza illecita nella vita privata), sia sotto quello della tutela della riservatezza…”. Ieri sera, poi, il presunto scoop sulla presenza del commissario dell’Authority per la Privacy, Agostino Ghiglia, nella sede di Fratelli d’Italia, alla vigilia della sanzione di 150mila euro inflitta a Report, aveva tenuto banco nella puntata di Ranucci, che aveva accusato la destra di pressioni sul Garante. Tutto smentito, tutto surreale, visto che l’organismo – eletto nel 2020 con una maggioranza giallo-rossa – aveva deliberato a maggioranza sulla base di un’istruttoria.
La moglie di Sangiuliano accusa Report
Federica Corsini oggi, sul “Corriere della Sera“, ha ribadito la sua versione. “Sento semplicemente l’esigenza di ristabilire l’oggettività dei fatti… È stata trasmessa una conversazione con mio marito registrata a mia insaputa e in maniera illecita. Qui la politica non c’entra, non vedo come il Garante della Privacy, e lo dico da giornalista, potesse giungere a conclusioni differenti… Non lo dico io, è la Procura della Repubblica ad affermarlo nella richiesta di rinvio a giudizio della persona che ha operato la registrazione. Veder diffusa la mia voce, le mie reazioni e il mio privatissimo stato emotivo è umiliante. Un giornalista avrebbe dovuto sapere molto bene che l’audio non aggiungeva nulla alla notizia, se non la mia umiliazione… Una volta ascoltata la registrazione, il giornalista poteva informare l’opinione pubblica del contenuto ma non diffondere la mia voce e la mia sofferenza. Ed è questo che il Garante ha statuito. Peraltro la tesi proposta dal giornalista coincideva con quella della persona che aveva illecitamente registrato e fornito l’audio, la cui versione è stata smentita dalla Procura che le contesta gravi ipotesi di reato…”.
La solidarietà dell’Associazione Giornaliste Italiane
L’Associazione Giornaliste Italiane esprime “piena vicinanza a Federica Corsini, vittima di una vicenda che ha travolto la sua sfera personale e professionale, e che oggi pone interrogativi profondi sul senso del giornalismo e sulla responsabilità del servizio pubblico. Quanto sta accadendo è, francamente, surreale. Una persona vede violata la propria privacy, viene esposta al pubblico ludibrio attraverso la diffusione di un audio acquisito in modo illecito e che, come risulta dagli atti, molti altri colleghi e testate avevano rifiutato di pubblicare proprio per rispetto delle regole e della deontologia”.
“Perché allora Report ha scelto di farlo? Perché altri giornalisti hanno saputo fermarsi, mentre il servizio pubblico no? La vicenda si è poi aggravata con il tentativo di accreditare la tesi secondo cui la decisione del Garante per la protezione dei dati personali sarebbe stata determinata da ‘influenze politiche’. Un’affermazione grave e infondata, anche alla luce del fatto che il Garante della privacy è stato eletto nel 2020, quindi ben prima dell’attuale governo, all’epoca era in carica il governo Conte II. Ma davvero è questo il livello del dibattito pubblico?”, sottolineano.
“Davvero un giornalista del servizio pubblico può insinuare che un’autorità indipendente agisca per motivi politici, pur di non ammettere un errore? La libertà di stampa è un diritto fondamentale, ma non può diventare uno scudo per violare la dignità delle persone. E quando si sbaglia, perché può accadere, il dovere è chiedere scusa, non contrattaccare. Difendere la verità e la dignità non significa censurare: significa restituire al giornalismo la misura, l’etica e la responsabilità che lo rendono credibile e degno di fiducia”, concludono.