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Il libro di Pierluigi Battista su Tullio Terni: il destino tragico del professore ebreo epurato dal fascismo e dall’antifascismo

La recensione

Il libro di Pierluigi Battista su Tullio Terni: il destino tragico del professore ebreo epurato dal fascismo e dall’antifascismo

La storia di un grande intellettuale raccontata nell'ultimo lavoro del giornalista. Terni fu perseguitato anche dagli antifascisti

Cronaca - di Carmelo Briguglio - 21 Ottobre 2025 alle 13:48

É difficile catalogare l’ultimo libro di Pierluigi Battista Il professore ebreo perseguitato due volte. Tullio Terni e l’ipocrisia italiana, (La nave di Teseo, 2025): la definizione che più si avvicina é quella di un racconto storico; l’attrazione del lettore la svolge, insieme alle vicende, la maestria asciutta, capace di emozionare, da parte di uno gnarus, di uno che narra perché sa. Tra i pochissimi, dei tanti scriptores del nostro presente, Battista studia e sviscera per svelare a chi legge un fatto di fronte al quale la memoria collettiva volle obnubilarsi, cancellandolo da sé medesima e dalla conoscenza delle menti più giovani.

L’ unicum dello scienziato ebreo discriminato prima dalle leggi razziali e poi dagli epuratori antifascisti

Sembra incredibile: per così tanti anni, fino al nostro tempo – che estende come mai prima la tecné dei saperi – ci sono ancora accadimenti ed eccellenze esistenziali lasciate nel buio storico; in un’oscurità che é pure tenebra morale della nostra storia nazionale. Il libro di Battista, piccolo di formato, ma non tale nella sua inconsapevole ambizione e deliberata coscienza critica, illumina a giorno l’antisemitismo fascista e poi il sequel antifascista che in quanto tali sono legati dal filo dell’assurdo: vissuto e reale, non teatrale o filmico. La vicenda umanissima e tragica di Tullio Terni, il professore ebreo, dal vestire e dal dicere ricercato, “scienziato di grande levatura” a cui si deve un’importante scoperta nel campo neurologico (la “Terni’s Column”) e della sua fine dolorosa, é un unicum: essere epurato una prima volta dal mondo accademico e intellettuale, per mano di una dittatura, e poi, con l’identica rovesciata spietatezza, dai successori – liberatori e democratici – che ne presero il posto; la sua é un pezzo di historia rivelata che parla all’Italia di oggi e che dice dei “nostri silenzi”, delle “nostre omertà”, della “nostra faciloneria e superficialità manichea con cui leggiamo il passato”; della “nostra inclinazione a trasformare la storia in arma di propaganda”, come scrive l’autore. Fino alla giornata del 25 aprile 1946 – data festosa che celebrava per la prima volta la fine della dittatura: l’Italia era liberata e ormai tutta antifascista – in cui il professore decide di finire pure se stesso e di liberarsi della doppia offesa subita: “si ucciderà con la fiala di cianuro inutilizzata al tempo del dominio delle SS. Aveva 58 anni”.

Lo “scaffale veritativo” e le pagine-crocevia di Pigi: i diversamente sommersi e salvati

Quelle di Battista sono pagine rare, da collocare nell’ancora piccolo, ma prezioso, “scaffale veritativo”, il quale nel patrimonio culturale della destra, vanta testimonianze meritorie ( per tutti i libri di Nino Tripodi, tra cui l’indimenticato, Intellettuali sotto due bandiere, Ciarrapico, 1981 ), insieme a dimenticanze meno commendevoli, registrate con irriverente dovizia, anche da una saggista gauchista come Mirella Serri in un volume ben costruito, di cui l’autrice temo – e sarebbe un peccato – si sia pentita ( I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948, Corbaccio, 2005). Rispetto a questi “precedenti”, l’opera di Battista, che scorre vivida nell’odierno antisemitismo di ritorno, rappresenta un crocevia: nelle sue pagine i destini dei razzisti facilmente riabilitati, degli ex fascisti che dissimulavano il loro segreto e poco credibile antifascismo o seguivano con sfacciataggine il canone inverso del “malapartismo”, si intrecciano con quelli degli intellettuali perseguitati, dei docenti a cui venne rubata la cattedra, degli studiosi cacciati dagli istituti e laboratori da loro stessi creati, dei cervelli “giudei” espatriati per sopravvivere: sono i diversamente “sommersi e salvati” di Primo Levi; e si incrociano con le sorti dei Dodici professori universitari – su 1200 che giurarono e mai si pentirono – i quali non vollero promettere fedeltà al regime (condivido, vanno sempre citati, a perenne ricordo: Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Edoardo Ruffini, Francesco Ruffini, Lionello Venturi, Vito Volterra); tra loro, proprio De Sanctis – storico illustre, figlio di un ufficiale pontificio che a sua volta aveva rifiutato il giuramento allo Stato unitario – incarnò la paradossale figura di “coraggioso antifascista ostinato nel difendere l’ebreo Tullio Terni dall’ingiustizia di una commissione d’epurazione antifascista. E non é, purtroppo, un gioco di parole”, annota l’autore. Non volle mettere la sua firma sotto la seconda estromissione “democratica” del povero Terni, fascista ebreo, che come tale era stato scacciato, a causa delle leggi razziali, dall’insegnamento, nonostante le benemerenze militari e le fedeltà disperatamente esibite.

I peccati di omissione di opere celebri e osannate

“Pigi” sfida anche i luoghi della cultura consolidata e dei templi letterari, denunciando ora con durezza, ora con callida delicatesse, i peccati di omissione avvoltolati in scritti celebri e osannati: valgano per tutti gli imbarazzi, che riguardano proprio il professor Terni, acquattati nel Lessico Famigliare di Natalia (Levi) Ginsburg: Giuseppe Levi, padre di Natalia, che al giuramento di fedeltà al fascismo si era piegato – ricorda Battista – a differenza di De Sanctis, la firma sulla condanna alla morte accademica (e a quella indotta, tout court) ce la mise, incurante dei rapporti intimi con la famiglia del condannato e con lui stesso: “Fervente fascista, ha commesso atti di viltà allo scopo di conservare la tessera quando la legge razziale lo aveva radiato”. E ciò vale anche per i non detti, per le semi-reticenze della stessa Nobel, la venerata Rita Levi-Montalcini.

L’antisemitismo di Stato: il ruolo di Bottai e il debole freno di Gentile e Balbo

Il liberale anticonformista Pierluigi Battista, che ha scritto pagine autobiografiche intransigenti, ma sofferte, che investono la storia della destra e la stessa svolta di Fiuggi (Mio padre era fascista, Rizzoli, 2017) fa giustizia anche di qualche perdurante eccesso di credito verso il (ritenuto) più intelligente ministro del fascismo: ”tutte le volte in cui il regime sembrava mosso dal leggero fruscio di una blanda esitazione, era Bottai in persona (lo scriverà lui stesso nel suo Diario) ad assumersi il compito di richiamare all’ordine: “Se si inoltra nella via delle distinzioni, la razza si sbriciola’ ”. Lo faceva per non finire nel pericoloso tritacarne di insinuazioni e delazioni: persino lui doveva difendersi dalla diceria di “Peppino il giudìolo”. A Battista dà ragione, con severo giudizio e documentato rigore, Renzo De Felice, autore della più importante monografia italiana sull’antisemitismo dello Stato fascista: a differenza di Balbo e dello stesso Gentile che non nutrivano simpatie per la svolta razzista e cercarono di frenarla, il “moderato” e “frondista” Bottai, “in sede di Gran Consiglio meraviglierà persino Ciano per la violenza dei suoi attacchi antisemiti e per ‘la sua intransigenza’ e subito dopo sarà tra i ministri quello che con più zelo si getterà nella crociata, teorizzandola in una serie di circolari ai suoi dipendenti”. (R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino, 1961, pag 242).

L’antisemitismo di ritorno: la lectio di Battista e la barra dritta della prima premier di destra

Sulla rive droite arriveranno, molti anni dopo, la svolta di Fini e il suo viaggio a Gerusalemme, i saggi di Gianni Scipione Rossi e Giuseppe Parlato, il nuovo capitolo scritto da Giorgia Meloni che si porta in Parlamento la giornalista ebrea Ester Mieli, nipote di un superstite dell’Olocausto e che, da primo presidente del Consiglio di destra, tiene la barra dritta sulla drammatica ripresa dell’antisemitismo in Italia e in Europa, a prevalenza progressista. Ma questa é un’altra storia: quella di una destra in cammino, giunta a guidare il governo della Repubblica; una community viva che ha dimostrato di sapersi evolversi, a cui, comunque, la lectio di Battista bene. Tanto, molto più di quanto essa stessa possa credere.

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di Carmelo Briguglio - 21 Ottobre 2025