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Liliana Segre sotto attacco della Albanese, l’intervista del figlio della senatrice a vita chiarisce e contrattacca

Scontro finale

Il figlio di Liliana Segre asfalta la Albanese e la sinistra che la sostiene: ossessionata da mia madre. Ma occhio alla polizia del pensiero

Luciano Belli Paci, in un'intervista al "Corriere della sera" accusa la relatrice Onu di "ossessione" e strumentalizzazione della figura e delle parole della madre, denunciando una "polizia del pensiero" estremista. Le reazioni del centrodestra: Rampelli, Speranzon chiedono conto della trasparenza dell'operato e del ruolo dell'avvocatessa pro-Pal criticando i silenzi della sinistra e il clima di intolleranza

Politica - di Ginevra Sorrentino - 8 Ottobre 2025 alle 16:21

Il dibattito sulla crisi in Medio Oriente continua a inquinare da sinistra il clima politico italiano, sfociando in derive estremiste che mettono in discussione non solo il confronto democratico. Ma persino la figura di simboli morali della Repubblica. E in questo contesto avvelenato al centro della bufera mediatica e delle recriminazioni  torna ancora una volta – l’ennesima solo negli ultimi giorni – la relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi, Francesca Albanese, le cui posizioni e i cui comportamenti ostentati da pulpiti istituzionali e finanche in diretta televisiva, hanno fatto avocare sulla sua figura lo stigma del militantismo ossessivo e della crudezza verbale (e non solo), non a caso finiti all’indice.

Oggi allora, a sollevare il velo su questa condotta è stato, in un’intervista al Corriere della Sera, Luciano Belli Paci, figlio della senatrice a vita Liliana Segre, le cui parole inducono a una riflessione profonda e sollevano reazioni indiscutibili. Di più: le sue affermazioni affidate alle colonne del Corsera lasciano leggere tra le righe un atto d’accusa misurato ma incisivo, che parla di una vera e propria «ossessione» da parte della Albanese nei confronti di sua madre.

Il j’accuse del figlio Liliana Segre: «La Albanese è ossessionata da mia madre»

«Purtroppo avevo già l’idea che la dottoressa Albanese facesse parte di quella categoria ahimè ampia di persone che io definisco ossessionate da Liliana Segre. C’era infatti già stato un precedente»… È una delle affermazioni che più colpiscono leggendo sul Corriere della sera l’intervista al figlio della senatrice, Luciano Belli Paci. Che a stretto giro, entrando nel merito, aggiunge anche: «La giurista aveva postato una sua immagine davanti a un murale con il volto di mia madre e la parola “indifferenza” – spiega –. L’hashtag era #Gazagenocide: come a dire che le dichiarazioni fatte da mia madre su Gaza fossero in contraddizione con il suo impegno di sempre a non voltarsi dall’altra parte. Evidentemente Albanese – prosegue l’intervistato – non aveva letto le parole di mia madre in cui afferma di provare repulsione per il governo di Netanyahu» e la destra al potere oggi in Israele.

Quelle in cui dice che «bisogna piangere per i bambini di ogni nazionalità ed esprime dolore per le vittime civili; quelle in cui denuncia i crimini di guerra e contro l’umanità commessi sia da Hamas sia dall’esercito israeliano. È bastato che esprimesse il suo pensiero sull’opportunità di non usare la parola genocidio per suscitare disprezzo»… Il messaggio implicito? Che le dichiarazioni della Segre sul conflitto, ritenute evidentemente non abbastanza veementi o allineate, fossero in contraddizione con il suo storico impegno morale

Tra ossessione e “polizia del pensiero”

E ancora. Proseguendo nella sua dolorosa e indignata disamina, Luciano Belli Paci aggiunge anche che «in Italia sembra in atto, non solo da parte di Albanese, una sorta di “polizia del pensiero” per cui non solo bisogna dire certe cose. Ma dirle anche in un certo modo. Questo però – continua nell’intervista – distrugge il confronto democratico. In questa fase la guerra è stata importata nel dibattito, lo contamina. È come se ci fosse un arruolamento dall’una o dall’altra parte. E questo non porta benefici ai palestinesi, ma solo intolleranza. Non siamo ancora arrivati alla situazione degli anni Settanta, ma dobbiamo tenere presente che la violenza fisica parte sempre da una violenza che prima è stata verbale e morale».

In sostanza insomma, riavvolgendo il nastro di partecipazioni televisive e dichiarazioni pubbliche di cui si è resa protagonista Francesca Albanese, Luciano Belli Paci evidenzia come la giurista votata alla crociata pro-Pal abbia tentato di strumentalizzare la figura della senatrice Segre per sostenere la propria tesi sul conflitto di Gaza. Sottolineando in calce: «Ogni parte politica tira l’acqua al suo mulino. Ma nel dibattito sul genocidio non può essere vietato sostenere una tesi diversa da quella di Albanese. Gli storici Marcello Flores e Andrea Graziosi, ad esempio, i maggiori esperti in Italia di genocidio, non concordano sull’uso della parola per Gaza».

Il figlio di Liliana Segre: «Il problema va oltre la Albanese…

Pertanto, prosegue il figlio di Luciana Segre, «in questi mesi la giurista si è posta più come militante che come un tecnico in posizione di terzietà, e se si entra nel dibattito così, poi bisogna accettare che tutti partecipino senza essere silenziati – dichiara Luciano Belli Paci –. O pubblicamente umiliati come il sindaco di Reggio Emilia che, mentre la stava premiando, ha osato dire che per arrivare alla pace serve anche liberare gli ostaggi israeliani». «Il problema va oltre Albanese. C’è anche chi equipara Hamas alla Resistenza. E questo non dovrebbe essere minimizzato. La sinistra in particolare, che chiamo in causa proprio perché me ne sento parte, se ne dovrebbe fare carico. Invece c’è una certa tolleranza verso gli intolleranti», ha sonoramente concluso l’intervistato…

Rampelli: «Dopo le intemerate sulla Segre la Albanese taccia o si dimetta»

Come anticipato, allora, le affermazioni di Belli Paci hanno motivato le reazioni di alcuni esponenti del centrodestra, che da tempo mettono sotto la lente la condotta della relatrice speciale Onu. Come il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, per esempio, che in una nota non usa inutili perifrasi nel definire la Albanese la «sedicente avvocata, la cui cultura giuridica è inversamente proporzionale al suo equilibrio», suggerendo che «farebbe bene a tacere, non prima di aver chiesto scusa per le sue intemerate, le più recenti delle quali colpiscono perfino la senatrice a vita Liliana Segre».

Rilanciando in conclusione di nota: «Sarebbero tuttavia utili le sue dimissioni dalla carica che riveste per conto delle Nazioni Unite, visto che non risulta in grado di onorarla a dovere, utilizzandola come clava contro chiunque abbia una visione diversa dalla sua. La violenza – chiosa quindi Rampelli – non si esprime solo nell’esplicita modalità dell’euroteppista Salis. Ma con l’uso veemente e incontrollato di parole incendiarie, da cui spesso discendono incendiari comportamenti».

Speranzon: «Il Pd legga l’intervista al figlio di Luciana Segre e prenda le distanze dai deliri della Albanese»

Ma non è ancora tutto, perché sulla stessa linea, il vicepresidente vicario di FdI al Senato, Raffaele Speranzon, stigmatizza le «deliranti dichiarazioni» della Albanese, che hanno toccato il punto più basso con l’accusa a Liliana Segre di non essere «lucida» per commentare quanto accade a Gaza. Nella sua disamina, peraltro, Speranzon si rivolge direttamente al Partito Democratico e alla sinistra in generale, rilanciando: «Da giorni segnaliamo e censuriamo le deliranti dichiarazioni di Francesca Albanese, accompagnate da bruschi abbandoni di trasmissioni, che hanno raggiunto il punto più basso con l’accusa rivolta alla senatrice Liliana Segre di non essere “lucida” per poter giudicare quanto sta avvenendo a Gaza. A fronte di tutto ciò nessuna voce a sinistra, tra Cinquestelle, Pd e Avs, si è levata per prendere le distanze».

Sul dibattitto viziato: «Se non la pensi come la Albanese e i suoi seguaci di sinistra sei esposto al pubblico ludibrio»

«Anzi – prosegue Speranzon – tra chi ha invitato l’Albanese in Senato a conferenze stampa. Chi l’ha premiata con la cittadinanza onoraria. E chi pubblicamente l’ha sostenuta con dichiarazioni, registriamo nei fatti un significativo consenso verso quelli che sono ormai veri e propri deliri. C’è voluto oggi dalle colonne del Corriere della Sera tutto il coraggio del figlio della senatrice Segre per rimettere le cose al giusto posto, mettendo la sinistra dinanzi alle proprie responsabilità. E, soprattutto, ai propri silenzi. Evidenziando, inoltre, come il dibattito pubblico, sia televisivo e sia politico, sia ormai condizionato da una “polizia del pensiero” dove se non la pensi come loro, o meglio come Francesca Albanese e i suoi seguaci di sinistra, sei esposto al pubblico ludibrio».

Il caso del sindaco di Reggio Emilia…

Concludendo con l’aggiungere in calce ai suoi ragionamenti e commenti: «È accaduto al sindaco di Reggio Emilia, ed anche alla senatrice Segre. Un brutto clima, insomma. Il Pd ha ancora intenzione di assistere silente a questa barbara deriva lasciandosi trascinare dal M5S di Conte e da Avs del duo Fratoianni e Bonelli in una squallida gara a chi è più estremista e amico dell’Albanese? Se avesse qualche dubbio potrebbe sempre rileggere l’intervista del figlio della senatrice Segre, che va ringraziato per il coraggio e la dignità con cui ha messo dinanzi alle proprie responsabilità chi in Italia ha deciso di lisciare il pelo alla propaganda pro-Pal».

La corsa a una «squallida gara a chi è più estremista»…

Il messaggio lanciato dal centrodestra è chiaro: l’estremismo veicolato dalla Albanese, supportato o tollerato da parte della sinistra, sta avvelenando il dibattito pubblico e minacciando credibilità e rispetto dovuti a figure come quella di Liliana Segre, il cui monito contro l’intolleranza non dovrebbe mai essere minimizzato né strumentalizzato per una «squallida gara a chi è più estremista». E alla fine, la richiesta reiterata di dimissioni o di un passo indietro non è solo politica, ma appare come un pressante appello alla decenza e alla terzietà richieste dal ruolo che Francesca Albanese ricopre in seno alle Nazioni Unite.

 

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