
Lieto fine
Il fidanzato di Noa Argamani, volto simbolo dell’orrore del 7 ottobre, è tornato a casa. La storia dell’ostaggio-eroe che alla fuga ha scelto la resilienza (video)
Dopo due anni di brutale prigionia, Avinatan Or è stato liberato grazie all'accordo di pace di Trump, dopo la strenua battaglia condotta dalla sua famiglia e dalla sua compagna. Un sogno, il suo, sul ritorno alla vita e alla libertà, coronato oggi, ma che il prigioniero di Hamas si è negato durante il lungo sequestro, pur avendo avuto la possibilità di fuggire...
Alla resa dei conti, tra gli ostaggi da liberare dopo due anni di prigionia brutale passati all’insegna della solidarietà tra sequestrati e dignità della persona violata e inascoltata, c’era anche il fidanzato di Noa Argamani: Avinatan Or, 32 anni, di Tel Aviv, rapito al festival di Nova insieme alla sua ragazza, liberata l’8 giugno durante l’Operazione Arnon.
Quel suo sguardo, indignato ma anche rassegnato alla violenza del sequestro e delle minacce, rientra in uno dei video più visti del 7 ottobre. Specie nei fotogrammi in cui, mentre mostra Noa Argamani che viene separata con la forza dal suo compagno, rivela la rassegnazione furente del giovane portato via a forza e impossibilitato a reagire per difendere la libertà della fidanzata strappata dalle sue braccia.
Avinatan Or: la storia del fidanzato di Noa Argamni, ostaggio-eroe che scelse di restare
Nel marzo successivo poi, un video avrebbe mostrato Avinatan vivo. Alla sua famiglia è stato detto che era stato trattenuto in condizioni difficili nei campi di Gaza centrale. E dall’altro lato, la sua fidanzata scriveva sui social: «Finché Avintan non tornerà a casa, il mio cuore sarà prigioniero».
Suo padre, Yaron, ha ripetutamente chiesto una maggiore pressione militare su Hamas. Ad aprile, suo fratello, Moshe Or, ha rilasciato un’intervista ad Al Jazeera sollecitando un accordo globale sulla liberazione degli ostaggi, raggiunto oggi: molti mesi dopo.
La liberazione di oggi al culmine di una battaglia per la dignità e la libertà
E allora, la liberazione di Avinatan Or segna il culmine di una battaglia che ha tenuto il mondo col fiato sospeso. Ingegnere elettrico di Tel Aviv, cultore della vita familiare, e appassionato di lettura e di cucina. Cresciuto a Shilo, un insediamento in Cisgiordania, si era trasferito a Tel Aviv dove lavorava come ingegnere elettrico per la multinazionale Nvidia. Assieme alla compagna, Noa Argamani, stava progettando di cambiare casa per andare a vivere insieme.
Poi l’orrore è piombato sulle sue spalle e sulla sua vita: è stato rapito il 7 ottobre 2023 al festival musicale Nova insieme alla fidanzata, Noa Argamani. Un video straziante di quel giorno mostrava la coppia separata con la forza. E Noa portata via in moto, mentre gridava disperata.
La campagna di Noa Argamani per il fidanzato ostaggio di Hamas
Dopo una lunga prigionia, Noa è stata liberata l’8 giugno 2024, ma la sua gioia è rimasta incompleta. E da quando è stata liberata, si è impegnata a sensibilizzare l’opinione pubblica israeliana e internazionale sul destino degli ostaggi. Nel febbraio 2025 è intervenuta davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, raccontando l’orrore della detenzione e chiedendo di concludere un accordo per il cessate il fuoco in cambio di tutti i 59 rapiti ancora in mano a Hamas. «Ogni momento è prezioso. Non possiamo lasciare nessuno lì. Non lasciate che l’oscurità vinca», sostenne drammaticamente anche dal Palazzo di vetro.
Oggi, finalmente, Avinatan è tornato a casa grazie all’accordo di pace firmato per volontà di Donald Trump, ponendo fine a una detenzi one di due anni. La sua storia, peraltro, è stata un esempio di eroismo: gli amici hanno raccontato alla madre, Ditza Or, che Avinatan aveva avuto la possibilità di scappare: ma aveva scelto di restare con Noa.
La battaglia della famiglia per la verità e la giustizia
E sull’onda di quel coraggio, di quella prova di amore e lealtà, la famiglia Or ha trasformato l’attesa in una instancabile campagna. Il fratello maggiore, Moshe Or, ha lasciato il lavoro per viaggiare tra Francia, Inghilterra e Qatar, implorando l’intervento internazionale. Poi a marzo la famiglia ha ricevuto la conferma che Avinatan era tra i 24 ostaggi ancora vivi, sebbene in condizioni ignote.
La madre, Ditza Or, terapeuta e docente di psicologia prima del 7 ottobre («ora sono solamente la madre di Avinatan» rivela e rilancia), si è opposta con forza a qualsiasi accordo che prevedesse il rilascio di solo una parte degli ostaggi. Ricevuta dal Primo Ministro Netanyahu, Ditza aveva chiesto spiegazioni sui criteri di selezione, affermando che «firmare un accordo per pochi significherebbe abbandonare mio figlio».
Oggi, l’emozionante ritorno alla vita
Oggi, infine, l’emozionante ritorno di Avinatan, insieme ad altri ostaggi. Un epilogo felice che non solo chiude un capitolo di orrore. Ma testimonia la determinazione della sua famiglia e l’impatto degli sforzi diplomatici internazionali per non lasciare indietro nessuno. (sotto, il viodeo del rapimento di Noa Argamani e del fidanzato Avinatan Or postato dal “Corriere della sera” su Youtube).