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Tra tregua e tensione

Gaza non è ancora “liberata”: Trump mette sul tavolo una via d’uscita per Hamas. In Israele esplode la protesta contro la leva obbligatoria

Gli Stati Uniti tentano di salvare la tregua a Gaza con un’offerta ai miliziani, Israele piange due ostaggi restituiti senza vita e affronta la rabbia degli haredim in piazza

Esteri - di Alice Carrazza - 31 Ottobre 2025 alle 09:44

La proposta, trasmessa mercoledì a Hamas tramite mediatori egiziani e qatarioti, punta a stabilizzare la tregua e a liberare metà della Striscia. Secondo un alto ufficiale delle Forze di difesa israeliane (Idf), «dozzine di miliziani di Hamas si nascondono ancora nei tunnel sul lato israeliano della “linea gialla”», in particolare a Khan Younis e Rafah.

Scontri sotterranei

Gli scontri sotterranei tra soldati israeliani e combattenti rimasti hanno provocato due gravi violazioni del cessate il fuoco, costringendo Washington a intervenire.

Il presidente Donald Trump ha riconosciuto pubblicamente la violazione da parte di Hamas e ha sostenuto la risposta israeliana, ma fonti della Casa Bianca riferiscono che alcuni consiglieri ritengono la reazione «sproporzionata».

Dietro le quinte, funzionari statunitensi hanno spinto per una soluzione diplomatica che consenta di evacuare i miliziani rimasti e prevenire un nuovo ciclo di violenze. L’obiettivo è evitare «un’altra fiammata incontrollata» e consolidare il fragile equilibrio raggiunto con l’accordo di ottobre.

Hamas restituisce i corpi di due ostaggi israeliani

Hamas ha consegnato a Israele i corpi di Amiram Cooper, 84 anni, e Sahar Baruch, 25 anni, rapiti durante l’attacco del 7 ottobre 2023. Le autorità israeliane hanno confermato le identità nel giro di poche ore.

Cooper, economista e poeta, era stato sequestrato dalla sua abitazione nel kibbutz Nir Oz; Baruch, studente di ingegneria alla Ben-Gurion University, era stato catturato a Be’eri. Entrambi erano stati dichiarati morti in prigionia.

Le bare sono state consegnate alla Croce Rossa nel centro di Gaza e poi trasferite all’Istituto forense Abu Kabir, a Tel Aviv. L’Idf ha reso onore ai due durante una breve cerimonia militare, prima del rimpatrio.

“Dolore e consapevolezza”

Il Forum delle Famiglie degli ostaggi e dei dispersi ha espresso in un comunicato la speranza che «il ritorno dei corpi, nel dolore e nella consapevolezza che i loro cuori non saranno mai più interi, porti un minimo conforto alle famiglie che hanno vissuto  due anni di incertezza insopportabile».

Rimangono undici ostaggi deceduti ancora nelle mani di Hamas. Israele accusa il gruppo di ritardare deliberatamente la restituzione, in violazione dell’accordo di cessate il fuoco che prevedeva la consegna entro 72 ore di tutti i prigionieri, vivi o morti.

Gerusalemme paralizzata dalla protesta ultraortodossa

Nello stesso giorno, a Gerusalemme, circa 200.000 uomini ultraortodossi hanno bloccato l’ingresso della capitale per protestare contro la leva obbligatoria. L’evento, definito “la protesta del milione”, è degenerato in scontri con la polizia e aggressioni ai giornalisti.

Un giovane di 20 anni, Menachem Mendel Litzman, è morto precipitando da un edificio in costruzione. La polizia ha aperto un’indagine, ipotizzando un suicidio.

La manifestazione, convocata come “raduno di preghiera”, si è trasformata in una dimostrazione di forza senza precedenti. Nonostante la presenza di 2.000 agenti, la folla ha paralizzato la città. Alcuni manifestanti hanno lanciato bottiglie d’acqua contro una reporter di Channel 12 in diretta, altri hanno insultato passanti e donne.

Scontro identitario

«Tutto questo è un piano per impedirci di praticare la nostra religione, non accetteremo di mandare i nostri ragazzi laggiù», ha detto Ephraim Luff, 65 anni, studente di yeshiva e padre di otto figli.

La protesta nasce dalla decisione della Corte Suprema israeliana di annullare le esenzioni automatiche dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot, in vigore da decenni.

Il governo, diviso, teme che un’applicazione rigida della sentenza possa far crollare la coalizione, sostenuta dai partiti ultraortodossi Shas e Giudaismo Unito della Torah.

Alla fine della giornata, mentre i leader religiosi ordinavano lo scioglimento del corteo, la città restava coperta di cartelli e residui di plastica bruciata. La tensione rimane alta, simbolo di una frattura sociale che attraversa Israele dall’interno.

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di Alice Carrazza - 31 Ottobre 2025