
Tra pace e guerra di nervi
Gaza, Hamas tira la corda: non ci disarmiamo. Netanyahu: attenetevi al piano senza se e senza ma. E torna in Israele il corpo di un altro ostaggio
Mentre l'ufficio del premier cambia nome alla guerra e Hamas restituisce i resti dell'ostaggio 75enne morto, prosegue la sfida sul disarmo a suon di annunci minacciosi del braccio armato palestinese e repliche veementi di Tel Aviv
Gaza, Hamas tira la corda, Netanyahu replica a muso duro. Intanto torna in Israele il corpo di un altro ostaggio morto. La fragile pace prosegue in un contesta in continua evoluzione segnato da negoziati estenuanti e strategie quotidiane, in sembra proseguire, a singhiozzo, il tragico adempimento della restituzione a Israele dei corpi senza vita degli ostaggi di Hamas che non ce l’hanno fatta. In queste ore, l’ultimo atto (per il momento) con la consegna a Khan Younis dei resti identificati al momento nel 75enne Eliyahu Margalit.
Gaza, Hamas insiste sul no al disarmo
Nel frattempo, proprio oggi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto al presidente americano Donald Trump che gli Stati Uniti e gli altri mediatori di fare pressione su Hamas affinché restituisca i corpi degli ultimi ostaggi rimasti nella Striscia di Gaza. Lo ha scritto Axios citando fonti informate sul colloquio telefonico che Netanyahu ha avuto ieri con Trump. Secondo il premier israeliano Hamas sta mentendo sui corpi degli ostaggi e sul fatto che non è in grado di localizzarli per poterli restituire. Un funzionario israeliano ha affermato che Trump ha detto a Netanyahu di essere a conoscenza del problema e che ci sta lavorando.
Restituito il corpo di un altro ostaggio morto
A Gaza rimangono dunque ancora 18 corpi di prigionieri israeliani deceduti. Ma la situazione è difficile anche sul fronte degli aiuti umanitari: l’apertura del valico di Rafah è attesa domenica, ma da lì dovrebbe essere consentito solo il passaggio delle persone e non dei Tir. Intanto il governo israeliano vuole cambiare nome alla guerra di Gaza con “Guerra della Rinascita”. Israele voterà domenica per ribattezzare ufficialmente l’operazione contro Hamas, l’Iran e i suoi alleati, dalla definizione di “Spade di Ferro”, annunciata dalle Idf all’indomani della strage del 7 ottobre, a “Guerra di Rinascita”. Lo ha riferito il Times of Israel, ricordando che fu il primo ministro, Benjamin Netanyahu, a suggerire un anno fa il nuovo nome dell’operazione.
Una fragile pace, si diceva. E tra guerra dei nervi, attese e applicazione del piano, incombe la minaccia ciclicamente rinnovata da Hamas di voler mantenere il controllo della sicurezza a Gaza per un periodo ad interim, ribadendo l’intenzione ferma a non impegnarsi a disarmarsi. Una veemente presa di posizione che il dirigente del gruppo armato, Mohammed Nazzal, ha ribadito in un’intervista all’agenzia Reuters.
Ufficio Netanyahu: «Hamas sarà disarmato, senza se e senza ma»
Parole a cui immediatamente replicato l’Ufficio del primo ministro israeliano che in un comunicato ha sentenziato: «Hamas sarà disarmato, senza se e senza ma». Aggiungendo in calce: Hamas «deve attenersi al piano in 20 punti di Trump», avvertendo contestualmente che «il tempo sta per scadere». E ribadendo che il disarmo del gruppo resta «una condizione non negoziabile» per qualsiasi futuro accordo su Gaza.
Witkfoff in Medio Oriente da domenica sera
Infine, proprio in merito al monitoraggio sull’attuazione dell’intesa appena siglata, l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff ha confermato che tornerà in Medio Oriente domenica sera per seguire l’attuazione del piano Trump per la fine della guerra a Gaza. Lo rivela Axios, secondo cui Witkoff dovrebbe recarsi in Egitto e in Israele durante il suo prossimo viaggio e probabilmente sarà anche nella Striscia di Gaza. Oltre a fare pressione su Hamas perché restituisca più corpi degli ostaggi ancora a Gaza, secondo Axios Witkoff continuerà a lavorare alla creazione della forza internazionale di stabilizzazione (Isf) che, secondo il piano elaborato dal presidente americano Trump, dovrebbe essere schierata in alcune parti di Gaza e consentire alle Idf di ritirarsi ulteriormente.
Gli Stati Uniti vogliono anche avviare il processo di ricostruzione nelle zone della Striscia di Gaza che sono fuori dal controllo di Hamas, in particolare la città di Rafah nel sud dell’enclave palestinese al confine con l’Egitto. L’amministrazione Trump spera che Rafah possa diventare un esempio per una Gaza post-Hamas.