 
		Aveva 92 anni
Addio a Franco Angioni, il generale della missione in Libano: negli anni ’80 era famoso come Paolo Rossi
Grazie a lui emerse la propensione nazionale ad intervenire nei conflitti di guerra con la mediazione e con la capacità di ascolto
Addio al generale Franco Angioni. Il comandante della prima operazione militare italiana all’estero, quella del Libano nel 1982m si è spento a 92 anni. Un uomo che ha lasciato un segno profondo nella nostra cultura.
Paracadutista e patriota
Nato a Civitavecchia nel 1993, Angioni fu allievo della Scuola militare Nunziatella dal 1949: ha poi frequentato l’accademia militare ed è uscito come sottotenente dell’Esercito italiano nel 1954. Nel 1960 fu promosso capitano. Dal 1966 al 1969 ha frequentato la Scuola di Guerra italiana e nel 1970 quella canadese, inoltre nel 1962 ha conseguito il brevetto di Ranger presso la Scuola Ranger dello U.S. Army.
Assegnato ai paracadutisti come comandante di plotone e poi di compagnia, ha comandato dal 1971 al 1972 il Battaglione Sabotatori Paracadutisti (denominato in seguito Battaglione d’assalto paracadutisti “Col Moschin”), con il grado di tenente colonnello, e dal 1977 al 1978 è vice comandante della brigata paracadutisti “Folgore”.
La missione in Libano
Angioni diventò popolare al grande pubblico nazionale guidando la prima operazione militare all’estero dell’Italia nel dopoguerra. In Libano. Questa missione era in principio nata come iniziativa ONU, ma il veto dell’URSS annullò l’egida internazionale mentre il contingente era in navigazione verso il Libano, per cui ITALCON si trasformò in corso d’opera in uno sforzo eminentemente nazionale, con Francia ed USA. Nel 1983 fu promosso generale.
Un’operazione di pace
L’intervento in Libano, durante il quale sia il contingente americano sia quello francese subirono gravissime perdite in seguito a due attentati, fu grazie ad Angioni un modello cui si riferirono anche le successive missioni italiane all’estero. L’approccio del generale, infatti, fu quello di spingere i propri soldati a conoscere la cultura locale, sulla quale distribuì a tutti dei libri. Questo permise agli italiani di comprendere le ragioni delle parti e proporsi come forza di interposizione, piuttosto che come l’ennesimo contingente straniero in terra libanese. Sia il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che la nazionale di calcio campione del mondo si recarono a Beirut a fare visita ai nostri militari. Con Angioni se ne va un pezzo della nostra storia. E un soldato vero. Un italiano che ci ha reso orgogliosi.
 
				 
							 
										