Libano, il ruolo dell’Onu e l’impotenza dei Caschi Blu lasciati a guardia del bidone…
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
L’inutilità di una missione di pace, che non è servita a nulla. E’ quella dei Caschi Blu dell’ONU lungo la linea di confine tra Libano ed Israele. Sia chiaro, il tentativo, doveroso, giusto, era necessario, ma da troppo tempo si è compreso che quei militari schierati a sorvegliare centinaia di bidoni blu, allineati e visibili l’uno all’altro, che identificano sul terreno la linea ipotetica di confine tra due popoli che si odiano, tra due terre, e due paesi ancorati ai secoli di storia e di guerre che li hanno divisi, non servono a nulla. Ora più che mai, sono solo in pericolo le loro vite, nelle basi di Shama o Naqoura, sotto le bombe dei caccia israeliani e sotto i razzi di Hezbollah. La verità è una soltanto. Era la speranza ad alimentare una missione internazionale che su mandato delle Nazioni Unite è stata rinnovata più volte, dal 1982, in seguito al ritiro delle truppe israeliane dal Libano del 2000 e in occasione dell’intervento israeliano in Libano del 2006. Da allora il mandato dell’UNIFIL viene rinnovato annualmente dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il suo finanziamento è approvato su base annuale dall’Assemblea Generale. Una speranza che la presenza costante di militari ONU, senza regole d’ingaggio, ossia senza autorizzazione a sparare, neppure per difendersi, potesse contribuire a traghettare questi due popoli e questa terra verso la pace definitiva. Un fallimento assoluto. Si badi bene, il lavoro a supporto della popolazione libanese, nei campi profughi, nelle scuole, a sostegno delle infrastrutture, svolto dai militari italiani, innanzitutto, è stato prezioso, encomiabile, ma purtroppo inutile. Inutile il laborioso ricamo di una trama di pace quando nel mentre ancora noi occidentali, abbiamo contribuito ad armare e sostenere l’industria bellica israeliana e nel mentre Teheran armava ed indottrinava i seguaci di Hezbollah. Dei tanti miei viaggi in Libano, ho sempre provato a raccontare con le mie corrispondenze e nei miei libri, quello che ho visto, ciò che ho percepito. Le mie impressioni. Soprattutto le storie delle persone che ho incontrato. La polvere per strada e persino il profumo del cibo. Perché è così che si può provare a capire, a comprendere un paese ed una cultura tanto diversa e distante dalla nostra. Tuttavia, in questi anni ho sempre raccontato che la mia impressione è che Israele, ha bisogno di terra per soddisfare le esigenze di crescita economia esponenziale che da anni accompagna il Paese. Dunque, come la storia dimostra, arriva il tempo in cui, cogliendo sempre l’occasione migliore, l’esercito israeliano entra in Libano, avanza verso Beirut per decine di chilometri in attesa poi del cessate il fuoco e del ritiro. Un ritiro però che sarà solo parziale; insomma alla fin fine l’obiettivo è espandere il paese sul confine nord per qualche centinaio di chilometri. Ecco, cosa sta facendo in queste ore Israele. E’ una partita a scacchi che l’occidente conosce bene e che ha provato ad interrompere con la presenza dei caschi blu ai quali però è stato consentito solo “osservare” e contestualmente alimentare la speranza di un dialogo, di tanto in tanto, nella base di Naqura quando si riuniva il “tripartito”, i rappresentanti libanesi, quelli israeliani ed il rappresentante ONU. Un dialogo per interposta persona, visto che i due nemici neppure in quelle occasioni si parlavano direttamente, delegando la presentazione delle diverse posizioni, al rappresentante UNIFIL seduto al centro del tavolo. Dunque prendiamo atto di questo fallimento delle Nazioni Unite. Riportiamo a casa i nostri militari, i Caschi Blu che inutilmente continuano a rimanere chiusi nelle basi di Shama e Naqoura, costretti ad ogni allarme, a scappare nei bunker per evitare di essere colpiti. Riportiamo a casa i nostri oltre 1100 soldati, anche per dare un segnale concreto al Palazzo di Vetro. La retorica del cessate il fuoco nel mentre continuiamo fornire aiuto militare ed armi a Tel Aviv è stucchevole. Dimostriamo autorevolezza e determinazione. Fermiamo questa guerra.