
Il fanatismo degli Antifa
Un proiettile alla gola e un applauso progressista: la morte di Charlie non ha spento la verità, ha solo svelato l’odio
Un omicidio che ha scosso il mondo conservatore e smascherato la debolezza del progressismo, tra calunnie, manipolazioni e la forza della testimonianza di fede di Erika Kirk
Il presunto assassino di Charlie Kirk è stato arrestato venerdì e subito è partita la ridda di speculazioni: figlio di repubblicani, quindi repubblicano anche lui. Visto? Non sono stati i progressisti, è stato fuoco amico, perché i cattivi stanno solo a destra.
L’assassinio di Charlie e gli sciacalli progressisti
Non è proprio così. Tyler Robinson, l’indiziato per cui il presidente Trump ha già chiesto la pena di morte, non è iscritto ad alcun partito. Secondo alcuni parenti, avrebbe espresso un acceso dissenso per le posizioni di Kirk, e sui proiettili rinvenuti insieme all’arma del delitto pare fossero incise scritte inequivocabilmente riconducibili al mondo “Antifa”.
Ma ha davvero così importanza quali fossero le idee politiche dello sparatore e quali le ragioni per cui ha agito? Sì, ma fino a un certo punto.
L’odio che ha travolto il mondo conservatore
Se il brutale assassinio di Charlie Kirk ha scioccato tutto il mondo conservatore, e non solo, ciò che ne è seguito è andato oltre la più fervida immaginazione. Ne avevamo avuto un assaggio l’anno scorso, dopo l’attentato a Donald Trump, giustificato e celebrato (seppur con un certo disappunto, perché il bersaglio era stato mancato) dai progressisti di tutto il mondo come un atto di giustizia sociale.
Eppure, il proiettile sparato non ha solo ucciso il commentatore e presidente di Turning Point Usa: ha dato la stura alla più sordida valanga di odio che si sia vista negli ultimi decenni. I “buoni” per definizione, i paladini del “restiamo umani” e di “odiare ti costa”, hanno gioito per la morte di questo giovane uomo, padre di due figli, marito devoto, credente indefesso.
Dalla mistificazione alla delegittimazione
Da “chi semina vento raccoglie tempesta” a chi, come Michele Saviano, ha citato i fondi raccolti dall’organizzazione no-profit di Kirk per tentare di delegittimare, nel modo più becero, l’impegno di un uomo che, appena diciottenne, ha dato vita a un movimento che oggi conta milioni di sostenitori.
Odiatelo perché era ricco: è il messaggio del più abile dei mistificatori in salsa anticamorra.
La debolezza del progressismo
La miserabile reazione della sinistra davanti all’omicidio dimostra tutta la sua debolezza. Se basta un uomo con un microfono a spaventarli così tanto, significa che sono perfettamente coscienti della fragilità di un mondo, il loro, costruito sulla menzogna e sulla mistificazione.
Cos’è, d’altronde, il progressismo, se non una continua aggregazione di singoli senza identità, uniti solo dall’odio verso il nemico di turno, identificato, previa reductio ad Hitlerum, in chiunque combatta i dettami del woke?
Il pensiero manipolato
A Charlie Kirk sono state messe in bocca frasi mai pronunciate; il suo pensiero è stato manipolato, i suoi discorsi tagliati e cuciti ad arte, le sue affermazioni decontestualizzate e date in pasto all’opinione pubblica senza alcuna remora.Lo scopo? Farlo apparire come uno spargitore di odio, un pericoloso propagandista, un razzista, un omofobo, una minaccia per la libertà. Un “fascista”. La parolina magica che giustifica tutto, anche un proiettile alla gola.
La forza delle sue parole
Charlie non era nulla di tutto ciò: non voleva vietare, impedire, imporre o obbligare. Voleva spiegare, ragionare e persuadere con la forza delle argomentazioni. Combatteva un’ideologia fatta di slogan vuoti, senza significato, senza valori. Parlava alle persone e, quando queste erano disposte ad ascoltarlo con onestà intellettuale, riusciva a convincerle con la logica e il buonsenso.
Le altre, quelle ostinatamente ideologizzate, gli urlavano contro i peggiori insulti e poi chiamavano lui “odiatore”. Lui però non spargeva odio, raccontava verità. Verità a volte scomode, a volte difficili da pronunciare e da digerire, che scatenavano reazioni scomposte e violente, facendolo apparire “cattivo, divisivo, pericoloso”. E sicuramente per un certo mondo lo era, perché capace di arrivare al cuore delle questioni senza manipolazioni, tirando fuori dalle persone la verità sorridendo. Kirk era coraggioso perché conosceva il prezzo della Verità e non temeva di pagarlo.
La testimonianza di Erika Kirk
E che non fosse un odiatore lo dimostra la sua morte, ancor più della sua vita. Mentre il circoletto progressista si profondeva in calunnie e vergognoso giustificazionismo, chi aveva compreso il suo messaggio era raccolto in preghiera.
Il senso della sua vita e della sua morte è nelle parole della vedova Erika, composta e dignitosa nel peggiore dei lutti, ma determinata e fedele a quella che Charlie considerava una missione. Una missione che lei, in quanto moglie, aveva fatto propria. Una missione che, con orgoglio e fierezza, si è impegnata a portare avanti come e più di prima, in memoria del suo amato marito.
La battaglia per la verità
Il messaggio di Erika Kirk è potente: una chiamata alle armi in una battaglia per la verità e per lo spirito, un appello a unirsi nel ricordo di Charlie per portare avanti il suo lavoro. Non una parola di odio né desiderio di vendetta. L’unico riferimento all’omicida è nel ringraziamento a chi ha lavorato per assicurarlo alla giustizia.
Erika Kirk testimonia con il suo dolore pieno di fede chi fosse suo marito: un uomo capace di costruire una famiglia fondata sull’amore reciproco e sull’amore per Dio. Prima di ogni altra cosa, Charlie Kirk era un uomo di fede che predicava una vita di obbedienza a Cristo e alle Scritture, senza relativismi, senza spazio per il male, per il peccato, per l’autoindulgenza.Predicava un mondo in cui il motore delle azioni umane fossero valori universali e non il sentire individuale. Un mondo in cui la società non fosse dominata dalle spinte emotive dei singoli, ma dal rigore di una costante ricerca del bene comune, superiore, senza concessioni alle mostruose manipolazioni della realtà dell’ideologia woke.
Il senso della morte di Kirk
Per quanto ci sfugga, c’è un senso persino nella morte di Charlie, e le parole di Erika Kirk non potrebbero essere più vere: «Se pensavate che la missione di mio marito fosse potente prima, non avete idea di cosa avete appena scatenato in tutto questo Paese e in questo mondo».
È tempo che la Verità torni a illuminare il mondo. È tempo che ciascuno di noi torni a servirla con convinzione e determinazione. Lo dobbiamo a noi stessi, al nostro spirito e anche a Charlie, che con la sua breve vita ha tracciato il sentiero.