CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Trump Xi Tiktok

Disgelo ma non troppo

TikTok, da minaccia cinese a merce di scambio: Trump lo salva e venerdì parlerà con Xi

Dopo i negoziati di Madrid, intesa sul ramo americano della piattaforma: ByteDance resterà sotto il 20%, investitori Usa pronti a rilevare il controllo, sullo sfondo la guerra dei dazi e lo scontro sui semiconduttori

Esteri - di Alice Carrazza - 16 Settembre 2025 alle 18:05

Da New York a Madrid, passando per Pechino e Washington, la vicenda TikTok ha smesso di essere una questione tecnologica per trasformarsi in un tassello della più grande partita commerciale tra Stati Uniti e Cina. Ieri, dopo un incontro nella capitale spagnola, le delegazioni hanno annunciato di aver trovato un «quadro generale» condiviso che potrebbe permettere al social cinese di continuare a operare in America.

Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha confermato la svolta senza entrare nei dettagli, assicurando tuttavia che Pechino manterrà un ruolo nella società destinata a diventare americana. Una formula che, nelle intenzioni, dovrebbe garantire maggiori sicurezze agli oltre 170 milioni di utenti statunitensi.

La mossa di Trump

Il presidente ha tempo fino a mercoledì per decidere se prorogare la sospensione della legge Biden, quella che obbliga ByteDance a cedere la piattaforma. Trump, intanto, ha anticipato che venerdì sentirà Xi Jinping per finalizzare l’intesa. «Parlerò con Xi, la nostra relazione resta forte», ha scritto su Truth Social. Un segnale che lascia intravedere l’accordo: TikTok conserverà «caratteristiche cinesi», ma all’interno di un quadro che risponda alle preoccupazioni di sicurezza sollevate dal Congresso.

L’offensiva cinese

Li Chenggang, capo negoziatore di Pechino, ha confermato il compromesso, avvertendo però che gli Stati Uniti «non possono continuare a sopprimere le aziende cinesi». E per riequilibrare la trattativa, la Cina ha aggiunto una nuova carta sul tavolo: l’antitrust di Pechino ha accusato Nvidia di aver violato le leggi sui monopoli con l’acquisizione, nel 2020, della società israeliana Mellanox. Una mossa che ha pesato sul titolo del colosso americano, scivolato in premercato, salvo poi chiudere la giornata in equilibrio.

Semiconduttori nel mirino

Non basta. Le autorità cinesi hanno aperto due indagini parallele sui chip: una per verificare possibili pratiche di dumping da parte americana, l’altra per valutare discriminazioni legate alle restrizioni di Washington sull’industria tecnologica cinese.

Dazi e terre rare

Il contesto resta aspro. Dopo i dazi del 145% introdotti in aprile, Trump li ha ridotti al 30% ma esortato i Paesi Nato a imporne altrettanti. Pechino ha risposto con tariffe del 10% su diversi prodotti americani. Ora si discute di una riduzione reciproca. Restano nodi irrisolti: le restrizioni cinesi all’export di terre rare e magneti industriali, e lo stop agli acquisti di prodotti agricoli americani, misura che colpisce direttamente gli agricoltori del Midwest.

L’operazione TikTok

Nelle stesse ore, è arrivato l’annuncio dell’accordo per il passaggio di proprietà del ramo americano della piattaforma. ByteDance manterrà una quota minoritaria, non oltre il 20%, mentre il controllo passerà a un gruppo di investitori statunitensi. Tra i candidati più forti figurano Oracle, che ieri ha guadagnato il 3,12% in Borsa, e la cordata guidata da Frank McCourt, ex proprietario dei Los Angeles Dodgers. In pista anche i fondi già azionisti di ByteDance: Blackrock, General Atlantic e Susquehanna.

Le valutazioni di mercato oscillano in modo vertiginoso, dai 50 ai 300 miliardi di dollari, con il valore aggiunto rappresentato dal celebre algoritmo. L’intesa, che verrà avallata da Trump e Xi Jinping nella telefonata del 19 settembre, rappresenta più di un affare societario.

Dietro il social, lo scontro di sistema

Per gli Stati Uniti la questione riguarda il Primo emendamento e la tutela dei dati sensibili, non un semplice social di intrattenimento. Per la Cina, invece, è anche una questione di principio: non accettare che una delle sue aziende venga bandita per legge dall’America.

Il contenzioso risale comunque al primo mandato di Trump, quando Washington iniziò a vedere Pechino come un avversario strategico, muovendo la campagna contro Huawei e subito dopo contro TikTok. Con Biden, quella strategia si è tradotta in una legge bipartisan che imponeva la cessione della piattaforma entro il 19 gennaio 2025.

Trump ha cambiato posizione, difendendo TikTok e prorogando tre volte la scadenza. Le ragioni restano oggetto di speculazione: il peso di Jeff Yass, miliardario con quote in ByteDance e finanziatore generoso, il calcolo elettorale sul consenso dei giovani utenti, o la volontà di non concedere a Biden la vittoria politica. Probabilmente, una combinazione di tutti questi elementi.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 16 Settembre 2025