
Incontri e riflessioni
Sorpresa, è il web la nuova culla della Bellezza: ritorno al futuro creativo, l’eterna vocazione
Due incontri, organizzati a pochi giorni di distanza, offrono l’occasione per aprire una riflessione non scontata su un tema apparentemente “datato”. Mai come in questo caso infatti l’apparenza inganna. Il quesito “La bellezza è possibile in tempi di barbarie?”, posto in apertura del Culturelitefestival (Palermo, 21 settembre) e la settima edizione del Forum delle Aree interne sul tema “La sfida della bellezza e il futuro creativo” (Benevento, 25 e 26 settembre) invitano a riaprire, a livello più diffuso, il confronto sulla bellezza in un momento storico così drammatico per il mondo e per la stessa singolarità umana, rappresentando, se ben declinato, una sfida e una possibilità per indicare la via maestra di una redenzione anzitutto individuale senza la caduta nel nichilismo e nella massificazione della volgarità e dell’ orrido come approdo del nulla.
In un recente articolo (“Elogio della bellezza”, 25 agosto 2025) pubblicato sulla newsletter del Centro Sudi Levatino l’Avv. Giacomo Idolo Piscitelli, declinando il tema in ragione delle sue radici spirituali (con riferimento a Sant’Agostino e a San Tommaso d’Aquino) ha specificato efficacemente: “Ritrovare la bellezza significa riaprire, senza complessi, una pedagogia del gusto. Nelle scuole, nelle famiglie, negli spazi pubblici e privati, si può imparare a vedere: riconoscere proporzioni, ritmi, luci; chiedere coerenza a ciò che indossiamo, abitiamo, costruiamo. La città è maestra: una piazza ben disegnata insegna civiltà più di mille proclami”.
Dopo anni di proletarizzazione diffusa e di incolta massificazione c’è bisogno di ritrovare il senso della bellezza. Kalos kai kagathos, bello e buono, secondo la tradizione dei greci non sono mai disgiunti, identificando il valore assoluto della bellezza, donata dagli dei all’Uomo, con il comportamento morale della bontà. L’eccellenza passa anche da una nuova consapevolezza estetica, per troppi anni dimenticata, a partire dalle stesse opere architettoniche. In fondo la filosofia del bello è l’unico reale ottimismo. Essa è volontà di ritorno all’ordine cosmico. E’ presa di coscienza, al di là del macchinismo industriale, dell’urbanesimo indifferenziato, dell’omologazione di massa. E’ rottura contro tutte le banalizzazioni.
La sfida eterna della Bellezza
La sfida è ancora e sempre questa, seppure in un contesto in grande trasformazione. Oggi il web può essere la culla di questa tensione inconsapevole verso la Bellezza. Può essere il livello creativo più immediato, cioè non-mediato, soprattutto giovanile, nel quale i generi si confondono e le scuole storiche perdono di significato per rifondersi ex-novo, in un crogiuolo nel quale cultura alta (e specialistica) e cultura popolare (e di massa) si incrociano, facendo balenare inconsapevoli domande di ordine, di rigore, di forza. Ma soprattutto invitando a fissare chiare distinzioni di valore. Ponendosi come discrimine senza tempo, la bellezza può trovare nella tecnica la sua sublimazione contemporanea, segno di una nuova chiarezza narrativa, di ottimismo, di energia positiva, di forza evocativa, di sperimentazione e partecipazione. Occorre innanzitutto fare uscire dalla Rete queste volontà ed i talenti che le sostanziano, permeando della loro energia l’intera società, contaminando i domini dell’arte, dell’urbanistica, della comunicazione e favorendo un corto-circuito valoriale capace di dare nuove forme alla creatività e alla partecipazione.
Il ritorno del gusto estetico: la sfida eterna
Il secondo elemento, in grado di porre un autentico discrimine, è il talento. A differenza di quanto non credano gli apostoli dell’egualitarismo, il talento non è un limite alla creatività. Nella crisi del bello, la sterilità creativa ha trovato nella negazione delle competenze il proprio alibi. Portare al centro della produzione artistica i fattori formali e sostanziali che stanno alla base di compiuti percorsi formativi, significa dare nuova dignità e nuova consapevolezza a quanti in essa e per essa di trovano ad operare. E significa, nel contempo, ricollegare contemporaneità e tradizione, ricucire antistorici strappi, ritrovare la grandiosità di una Storia, la sua complessità, la sua capacità stupefacente. Presente e passato così azzerano le distanze. E sola resta la forza evocativa della creatività, che sa ritornare all’essenza della forma e all’orgoglio e alle responsabilità che provengono dall’appartenenza.
L’artista non può infatti rispondere solo a se stesso. Né l’architetto progettare per il suo piacere estetico. Né l’urbanista inventare dissociandosi dalla realtà. L’identità è dunque il terzo fattore cruciale. Anche qui non si tratta di ricapitolare, magari elencando stancamente scelte valoriali. I discrimini debbono nascere da un confronto dialettico con la realtà contemporanea: radicamento vs. spaesamento, pathos vs. disincanto, partecipazione vs. egoismo, comunità vs. burocrazia, sacro vs. materialismo, merito vs. egualitarismo, bellezza vs. degrado e così via.
Questo processo di distinzione/integrazione non può non passare da una ripresa d’identità rispetto ad un percorso bimillenario, che ci porta al cuore dell’essenza civile e spirituale del nostro essere.
C’è una vocazione “solare” nella tensione estetica dell’Uomo, che, per quanto oscurata, rimane a ricomprendere luoghi, esperienze, idee, realtà diverse e lontane tra loro: dalle abbacinanti distese del Nord alle avvolgenti atmosfere mediterranee, dal linguaggio dei megaliti alle raffinate architetture dell’antichità, dalle Cattedrali gotiche alle linee pure delle architetture razionaliste. Superare gli eccessi del tecnicismo contemporaneo (senza per questo negare il valore della tecnica) vuole dire riuscire a fare emergere una nuova consapevolezza spirituale, in grado di ricomprendere un lascito storico, andando oltre le vecchie scuole, gli “ismi” usurati, le avanguardie formali, ritrovando essenziali discrimini di valore e di metodo, in cui bello e buono siano al centro.
Le parole di Giovanni Paolo II
Non a caso di bellezza aveva scritto, il 4 aprile 1999 – in una lettera indirizzata agli artisti – Papa San Giovanni Paolo II, per il quale, di fronte ad un mondo sempre più “grigio”, che si scolora nella superficialità, affermava convintamente l’intreccio, realizzato dall’arte autentica, di bello, vero e bene. “La bellezza salverà il mondo” – scriveva Papa Woytila, citando una celebre intuizione di F. Dostoevskij, nel romanzo L’idiota. Per essere vincente la sfida della post modernità dovrà partire anche da qui. Ad ognuno di farsene carico. Alle diverse Comunità di incarnare plasticamente i nuovi compiti di un’estetica collettiva, in grado di fare dialogare modernità e tradizione.