
Finanza & politica
Sinistra “sbancata”: Mps “conquista” Mediobanca, nasce il terzo polo “nazionale”. Alla faccia di Pd e M5S
Uomo di zero parole e di profilo sfuggente, nonché arcuato, Enrico Cuccia oggi avrebbe attraversato viale dei Filodrammatici senza proferire verbo, ma forse un ghigno gli sarebbe scappato. Il grande regista della crescita del colosso finanziario Mediobanca la concepiva come un pilastro strategico per l’economia nazionale italiana, un “garante” del sistema produttivo e finanziario del Paese. Proprio quello che sta diventando.
Ecco perché forse non avrebbe condivido quella posizione ostile manifestata oggi dal Cda di Piazzetta Cuccia (così ribattezzata dopo la morte del banchiere più timido d’Italia) contro il buon esito della Opas (offerta pubblica di acquisto e scambio) annunciata ieri da Monte dei Paschi di Siena, che si è portata sopra la soglia minima del 35%, raggiunta la quale l’offerta è efficace, toccando il 38,51% del capitale. A nulla è valsa la “campagna d’agosto” sui principali quotidiani italiani di Mediobamca, una chiamata alla “resistenza” appoggiata anche dalla sinistra italiana, Pd e M5S, che ovviamente avevano accusato il governo di voler favorire chissà quale cordata affaristica amica. La realtà è che – fin dal gennaio 2025, quando Mps “risanata” dopo i disastri della sinistra, venti miliardi di buchi in dieci anni sotto le gestioni rosse – il governo Meloni aveva espresso l’auspicio che si potesse formare un’aggregazione tale da poter rappresentare un terzo polo bancario “tricolore”, davvero tricolore rispetto a quelli molto “diluiti” che si identificano in Intesa e San Paolo.
Mps e l’offerta tricolore su Mediobanca
Il mercato questa estate è stato chiaro: ad aderire non sono stati solo gli azionisti di Piazzetta Cuccia. Oltre a Edizione della famiglia Benetton con il 2,2%, al 2% dell’Enpam, l’ente di previdenza dei medici e degli odontoiatri, e all’1,1% della famiglia Tortora, altri investitori hanno apportato i loro pacchetti, ma anche altri maggiori azionisti di Piazzetta Cuccia, la Delfin degli eredi Del Vecchio e il gruppo Caltagirone – entrambi presenti anche nel capitale di Siena – anche Enasarco, Cassa Forense, Unicredit, Anima, Amundi e il fondo Tages. Nel complesso hanno in mano l’8% del capitale. Tanto, ma per ora non sufficiente a prenderne il controllo. Il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca, oggi, ha ribadito, che “l’offerta (di Mps, ndr) risulta priva di razionale industriale nonché priva di convenienza per gli azionisti di Mediobanca” e annuncia battaglia, rifiutando una nuova Ops di Mps. Una trincea destinata a crollare, secondo gli analisti.
Tutto previsto, ma non privo di insidie il percorso di Mps. Nonostante la soglia minima per convincere gli azionisti a cedere le azioni (il 35%) sia stata raggiunta, per ottenere il controllo del Cda servirà superare il 50% e conquistare anche il Cda. Mps e Mediobanca insieme arriverebbero a una capitalizzazione superiore ai 16 miliardi di euro, si creerebbe un gruppo con oltre 300 miliardi di attivi e una quota rilevante nel credito alle imprese, nella gestione patrimoniale e nel private banking, si integrerebbe una banca commerciale con una forte base retail, ben diffusa ne centrosud con una storica banca d’affari italiana, leader nell’investment banking e nel wealth management, oltre che azionista di riferimento di Generali.
Il parere favorevole del governo e del Mef
E il governo Meloni anche ieri finito nel mirino della sinistra per presunti aiuti a Mps? Nessuna ingerenza, ma una posizione chiara e non nuova. Già nel gennaio 2025 la Meloni dichiarò di non vedere col fumo negli occhi l’operazione proprio perché avrebbe consentito di avere un gruppo forte a capitale italiano, riducendo il rischio di scalate straniere e aumentando l’autonomia finanziaria nazionale. Nell’aprile scorso poi, il Cdm decise di non esercitare i poteri speciali, noti come golden power, sull’offerta pubblica di scambio di Mps. Il Mef detiene una partecipazione diretta di circa l’11,7% nella banca senese e il golden power avrebbe consentito al Governo di intervenire in operazioni straordinarie che coinvolgono asset strategici per la sicurezza nazionale, ma non era questo il caso. L’obiettivo è opposto: difendere il terzo polo dagli assalti stranieri unendo i players.