
I cattolici e i banchieri
Niente “lacrime e sangue” e un’Europa dei popoli e non dei potenti. Com’è diversa la Meloni da Draghi…
Era una sala molto gremita e plaudente, ma per la verità molto smemorata, perché evidentemente aveva dimenticato del tutto che quello che Mario Draghi proponeva al popolo di Comunione e Liberazione al Meeting di Rimini non era altro che il contrario della “ricetta” che aveva applicato e realizzato quando era stato Presidente del Consiglio italiano, Governatore della Banca d’Italia, Governatore della Banca Centrale Europea, Presidente del Forum e del Consiglio per la stabilità finanziaria, per non ricordare di quando era Direttore Generale del Tesoro e svendette, per fare cassa mezzo apparato industriale italiano nella famosa riunione sul panfilo Britannia di proprietà della regina d’Inghilterra. Quel popolo plaudente non si è ricordato del suo ruolo di vicepresidente della Banca d’affari Goldman Sachs, di Direttore Esecutivo per l’Italia della Banca Mondiale e della Asian Develpment Bank. Soprattutto non si è ricordato della lettera che ad agosto del 2011 aveva firmato insieme a Mr Trichet per mandare a casa il governo Berlusconi, che pure era stato un beniamino di Comunione e Liberazione. Noi invece ricordiamo che quella lettera recapitata al governo di centro-destra intimava di attuare un piano di “lacrime e sangue” di privatizzazioni, liberalizzazioni (tra cui quello pericolosissimo dei servizi pubblici). Dopo quella lettera, un vero e proprio atto sovversivo, Berlusconi fu costretto a dimettersi sotto la mannaia dello spread, artatamente manovrato dalla Germania.
Non è la prima volta che il popolo di Cielle si fa ammaliare dal banchiera prestato alla politica. Successe la prima volta nel 2009, quando si presentò al Meeting da governatore della Banca d’Italia e poi nel 2020, quando il suo discorso sulla differenza tra il “debito buono” e il “debito cattivo” fu particolarmente apprezzato. Infine nel 2022 quando da presidente del Consiglio ricevette una standing ovation e ripetuti inviti a non abbandonare la scena pubblica.
A Draghi quest’anno è stata concessa addirittura l’apertura del Meeting, nonostante il suo europeismo, tanto per fare un solo esempio, vada nella direzione di un super-Stato europeo, con un potere centralista incompatibile con la visione cattolica, che annullerebbe le comunità naturali, dalla famiglia alle comunità locali fino alle nazioni e ancora più lontano da cittadini e corpi sociali intermedi di quanto lo siano già oggi le istituzioni dell’Unione.
Il proseguimento delle transizioni attuali – come quella green – nelle mani ad un simile tecnocrate potrebbe creare un sistema centralizzato di controllo della popolazione con pericoli per la nostra stessa libertà. Questo europeismo va nella direzione opposta a quella dell’Europa dei popoli e delle culture.
E cosi l’ex tuttofare ci ha fotografato a Rimini un’Europa priva di iniziativa sul piano geopolitico, marginale in tutte le decisioni importanti e ci ha detto che: “Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa. L’Unione Europea, nonostante abbia dato il maggior contributo finanziario alla guerra in Ucraina, e abbia il maggiore interesse in una pace giusta, ha avuto finora un ruolo abbastanza marginale nei negoziati per la pace. L’Europa è stata spettatrice anche quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava. Questi eventi hanno fatto giustizia di qualunque illusione che la dimensione economica da sola assicurasse una qualche forma di potere geopolitico”.
Ma guarda un po’. Solo ora il banchiere si accorge che l’unità europea solo sul piano economico e finanziario non basta.
Solamente Giorgia Meloni nel suo applauditissimo intervento nella stessa sede di Rimini, pur condividendo l’analisi di Draghi, gli ha ricordato che lei ed il suo partito erano all’opposizione del governo dell’ex governatore: “L’Europa sembra sempre più condannata all’irrilevanza geopolitica, incapace di rispondere efficacemente alle sfide di competitività poste dalla Cina e dagli Stati Uniti”… “Sono passata dall’essere impresentabile per aver collocato il mio partito all’opposizione del governo Draghi a essere definita una draghiana di ferro…”. Sta di fatto, però, che è stato lui (Draghi) a condividere oggi le sue idee (quelle della premier) espresse quando rappresentava l’unico partito di opposizione durante l’esecutivo draghiano. Infatti al Meeting ha detto la Meloni: “Molte delle critiche che ho sentito rispetto all’attuale condizione dell’Ue le condivido così tanto da averle formulate molto spesso nel corso degli anni, sebbene venissi rimproverata aspramente”… ed ha indicato anche la strada: “Bisogna delineare una Europa del pragmatismo andando oltre il dibattito stantio tra “più o meno Europa”, la vera sfida è una Europa che faccia meno e meglio. Uniti nella diversità è del resto il motto dell’Ue a cui dovremmo tutti ispirarci davvero”… “Occorre ripartire dalla politica, dalla visione, ridurre la burocrazia soverchiante, sostenere la competitività delle imprese, mettere l’uomo e non l’ideologia al centro della natura, affrontare il problema demografico altrimenti fra qualche decennio non ci sarà alcuna civiltà europea da difendere”.
E cosa non piaceva di Draghi qualche anno fa a FdI ed al suo leader? Innanzitutto la politica di austerity “lacrime e sangue” (che oggi – dice il banchiere – sarebbero inutili e dannose”), che sacrificò la spesa pubblica, comprimendo la domanda interna, trascurando le infrastrutture e riducendo gli investimenti in ricerca, innovazione e tecnologia e clima; quella politica che “ha avuto un effetto devastante sulla manifattura europea, compromettendone la competitività e portando a crisi industriali, chiusure di impianti e licenziamenti e che ha nel complesso portato al declino economico e sociale.
In pratica il banchiere ancora una volta sale in cattedra e ci spiega oggi quel che avrebbe dovuto fare ieri, per questo usa spesso i verbi al plurale, cercando di coinvolgere nelle sue responsabilità l’intero mondo politico, sociale e culturale italiano. Ad esempio: “abbiamo” sbagliato”, “dalla crisi finanziaria del 2008 l’Europa ha sbagliato tutto: ha irrigidito le norme sul credito, soffocandolo”, e poi “abbiamo contratto i bilanci pubblici e compresso i nostri salari, pensavamo che eravamo in competizione con gli altri Paesi europei e tenevamo i salari bassi come strumento di concorrenza”.
Nonostante questa palese incoerenza dopo Rimini è passata una sola parola d’ordine su tutta la grande stampa: “Quanto è bravo Mario Draghi”, “Draghi, al Meeting di CL ha dato una “sferzata”… “Draghi sferza l’Europa”… “una sferzata all’Ue”… “sprona l’Europa”… “spazza via le illusioni del passato”… “non fa sconti”… “indica la direzione”… “dopo le sferzate, Draghi si apre all’ottimismo”… “Draghi sferza l’Europa”… “invita a non farsi illusioni multipolari”… “non calca la mano”… “indica la strada”… “sferza la politica”… gli ultimi “eventi hanno fatto giustizia di qualunque illusione che la dimensione economica da sola assicurasse una qualche forma di potere geopolitico”… “senza mezzi termini”… con “felpata brutalità del banchiere”… “suona la sveglia”… ed “archivia questa Europa”… “Draghi fa a pezzi l’Europa”…
Tutto questo coro da “messa contata ” è la dimostrazione che è ancora lunga la strada per il Governo Meloni e per tutto lo schieramento di Destra-centro per tentare di smantellare quello che molti definiscono ancora oggi il sistema dei poteri forti.
*senatore di An, già presidente della Commissione Finanze del Senato