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Meloni accusata di essere complice di genocidio a una manifestazione Pro Pal

Anche se vi sentite assolti...

Meloni secondo Pd & co: nemica dei bambini, complice di genocidio, detesta i poveri. E poi fanno le vittime

Nel dibattito scaturito dall'assassinio di Charlie Kirk, la sinistra politica nega qualsiasi responsabilità rispetto al clima d'odio che ha preso piede in Italia. Ma agli atti restano dichiarazioni che disumanizzano l'avversario e che rimandano ad anni bui

Politica - di Annamaria Gravino - 15 Settembre 2025 alle 16:15

Nessun mea culpa, nessuna volontà di avviare una riflessione seria, nessun dubbio sul fatto di aver avuto un ruolo nel clima di odio politico che, anche in Italia, rischia di passare dalla violenza verbale a quella fisica. La sinistra politica e culturale, nel dibattito che si è aperto sul tema dopo l’omicidio di Charlie Kirk, continua a mantenere la postura vittimista, di chi si sente offeso dal fatto che la premier in questi giorni abbia avvertito che è «arrivato il momento di chiedere conto alla sinistra italiana di questo continuo minimizzare o addirittura di questo continuo giustificazionismo della criminalizzazione, della violenza nei confronti di chi non la pensa come loro». E di aver insistito nel farlo, nel momento in cui la risposta dall’altra parte è stata di totale arroccamento.

La sinistra si rifugia nel vittimismo

Sul fronte della sinistra culturale, oggi su La Stampa Luciana Castellina ha detto che «l’atteggiamento della destra non mi stupisce. Sono fascisti e questo è stato storicamente il loro mestiere. Anzi, il linguaggio che utilizzano ne è conferma, rivela la natura, il modo di essere di questa destra che ci governa». La sinistra politica, non potendo negare certe intemperanze all’interno della propria area, si giustifica dicendo che esulano dal perimetro della loro azione, che la loro postura di forze politiche è un’altra. «Nessun esponente politico di centrosinistra ha esultato per l’assassinio di Kirk. Per questo la reazione con cui Meloni e Salvini alimentano uno scontro sociale e politico pericoloso è ancor più irresponsabile», ha sostenuto l’eurodeputato e notabile Pd, Dario Nardella, in un’intervista sul Corriere della Sera di oggi.

Leggere Nardella per dare ragione a Meloni

Epperò, ci sono due però: il primo è che quella stessa intervista è un compendio del «giustificazionismo» di cui ha parlato Meloni, il secondo è che agli atti della politica restano innumerevoli modi in cui la sinistra politica ha direttamente criminalizzato e disumanizzato, la premier e il governo, dunque le persone che lo compongono. Esempio di minimizzazione e giustificazionismo che emerge dalle parole di Nardella: quello che ha detto Odifreddi sul fatto che uccidere Kirk non è come uccidere Martin Luther King? «Non la condivido, ma è la posizione legittima di un intellettuale e non di un politico»; il manifesto di Cambiare Rotta con Kirk a testa in giù e la scritta “-1”? «Grave», ma «con quel post contro i movimenti studenteschi Meloni getta la maschera, mostrandosi per ciò che è: una figura divisiva, che usa un artificio retorico vecchio, prendendo l’estremismo di uno per colpire un mondo vasto e complesso».

Anche se vi sentite assolti…

Per quanto riguarda poi gli esempi di criminalizzazione degli avversari da parte della sinistra politica, questi tre anni ne sono stati così pieni che farne un elenco puntuale è quasi impossibile. Ma non serve stilare presunti “dossier” per ricordare quelli più eclatanti. Meloni è stata accusata di voler «colpire i figli e le figlie delle famiglie omogenitoriali» per aver avvertito sul fatto che lo Stato non può piegarsi a un riconoscimento surrettizio dell’utero in affitto attraverso il riconoscimento anagrafico automatico come genitori di chi ricorre a questa pratica all’estero (Elly Schlein e diversi esponenti del Pd ogni qualvolta si è presentato il tema); di guidare un governo che «vuole mettere in carcere i bambini figli di madri detenute, gli studenti che manifestano, i lavoratori che scioperano» (Francesco Boccia in relazione al decreto sicurezza); di compiere scelte «inumane» perché con le sue politiche si rifiuta di lasciare in mano ai trafficanti la gestione dei flussi migratori in Italia (in particolare quell’aggettivo è stato usato da Schlein in relazione al decreto Cutro); di essere complice di crimini a Gaza e di genocidio (Schlein, Conte, Fratoianni e lunga lista a seguire) perché rifiuta di chiudere i canali di comunicazione con Israele, sebbene come spiegato più volte dal governo siano necessari per l’azione umanitaria che l’Italia sta portando avanti.

E, ancora, la premier nelle parole dei vertici della sinistra, Schlein in prima fila, fa «la guerra ai poveri» perché non si piega alle logiche assistenzialiste del Reddito di cittadinanza e propagandistiche del salario minimo, e che vuole «una sanità a misura del portafogli delle persone» e che «fa cassa sui poveri per finanziare i suoi condoni».

Perché il richiamo agli anni di piombo brucia tanto a sinistra

La costante di queste affermazioni è sempre la stessa: lo spostamento del dibattito dal piano politico a quello personale, dalla legittima critica a provvedimenti che non si condividono all’attribuzione alle persone di atteggiamenti e sentimenti fuori dal perimetro dell’umanità. La sinistra si è molto arrabbiata per il richiamo di questi giorni agli anni di piombo, ma la logica che c’era dietro uno slogan come “uccidere un fascista non è reato” era esattamente questa: la disumanizzazione dell’avversario, anzi del nemico, che quindi si può eliminare senza sensi di colpa e, anzi, nella convinzione di rendere un servizio al genere umano. La riflessione su questo, le piaccia o no, sta tutta in capo alla sinistra, tanto culturale quanto politica. E c’è davvero poco da fare le vittime quando qualcuno lo ricorda.

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di Annamaria Gravino - 15 Settembre 2025