
L'intervista
L’accusa di Malan (FdI): “Paracetamolo e vigile attesa inutili o dannosi contro il Covid, lo dice la scienza”
“Non sto combattendo alcuna guerra contro il paracetamolo. Se gli studi scientifici dimostrassero che il farmaco è utile contro il Covid sarei ben contento, ma dicono il contrario”. Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia e membro della commissione d’inchiesta sul Covid, ammonisce: “Non capisco il motivo per cui siano stati ignorati e perché il Comitato tecnico-scientifico abbia continuato a raccomandare fino al 2022 il mix paracetamolo e vigile attesa ai malati di Covid”.
Esattamente, quali risultati hanno dato gli studi a cui lei si riferisce?
“Nel 2020 è uscito in Germania il primo studio randomizzato, riportato dalla piattaforma Pub-Med, lo standard internazionale, che dava risultati molto negativi sull’uso del paracetamolo contro il Covid: morivano più le persone cui veniva somministrato rispetto ai malati a cui non veniva dato nulla. Nel 2021, invece, su 4 studi ben 2 davano risultati fortemente negativi, uno dava risultati neutri e uno solo parlava di risultati lievemente positivi. Anche nel 2022 ben 6 studi su 8 attribuivano risultati negativi o molto negativi. Uno di questi, realizzato in Inghilterra su 144 pazienti, ha visto su 72 pazienti cui è stato dato il paracetamolo in fase precoce della malattia, ben 28 che si sono aggravati e son dovuti ricorrere all’uso dell’ossigeno, mentre la stessa sorte toccava soltanto a uno dei 72, cui non era stato dato”.
La raccomandazione paracetamolo e vigile attesa può aver determinato molti decessi?
“Non posso saperlo. Ci è stato detto che era un’indicazione generica ma imporre questa linea terapeutica ha avuto un grosso impatto. Il punto è il seguente: nel momento in cui un medico avesse deciso di adottare un metodo diverso, anche se più efficace, sarebbe potuto finire nei guai in caso di peggioramenti del malato. Viceversa, invece, in caso di decesso di un paziente curato secondo le indicazioni, il medico non rischiava nulla perché si era attenuto a quanto veniva consigliato”.
In commissione, l’opposizione le ha contestato la validità degli studi sullo iodopovidone che lei ha presentato. Cosa risponde?
“In una delle ultime sedute avevo fatto riferimento allo iodopovidone e la collega Zambito mi aveva chiesto di fornirle dettagli sulle modalità d’uso di questo farmaco; così le ho inviato il link della rivista specializzata in cui era stato pubblicato il primo di essi, che non ho menzionato qui perché non classificato da Pub Med. Ora, si trattava di una rivista medica del Bangladesh e la collega ha ritenuto che questo ne diminuisse l’attendibilità. In realtà tutti gli altri sono stati svolti in USA, Regno Unito, Svizzera, Germania, Italia e Israele. Nell’ultima seduta, però, io ho citato tutti gli studi randomizzati sullo iodopovidone classificati da Pub-Med. In totale sono 12 di cui 11 davano risultati positivi sui malati di Covid. Ma non solo. Non si capisce come non siano giunti al Comitato-tecnico scientifico anche perché alcuni erano stati segnalati anche dal dipartimento malattie infettive della Regione Lazio”.
Ma, allora, perché avversare così duramente l’uso dello iodopovidone?
“Davvero non so: oltre tutto lo iodopovidone ha costi bassissimi”.