
Dalla Norvegia con furore
Il boom di Sylvi Listhaug, l’astro della destra estrema che si tuffò in mare (ma con la tuta) per “sfidare” i migranti
Nessun ribaltone, in Norvegia, dove la sinistra, guidata dal Primo Ministro laburista Jonas Gahr Støre, manterrà il potere dopo la vittoria alle elezioni legislative, segnate anche dall’ascesa della destra estrema anti-immigrazione, che ha ottenuto il suo miglior risultato della storia. Dopo elezioni incentrate su questioni locali ma anche influenzate dalle turbolenze geopolitiche, il blocco di sinistra vanta una maggioranza risicata di 87 seggi su 169 in Parlamento. Al potere dal 2021, il leader 65enne ha vinto un nuovo mandato quadriennale, probabilmente alla guida di un governo di minoranza, un evento comune in Scandinavia. Primo con circa il 28% dei voti, il suo Partito Laburista dovrà comunque confrontarsi con tutte le altre forze di sinistra con cui ha molti disaccordi.
Norvegia, l’ascesa di Sylvi Listhaug e la “tirannia della bontà”
Le elezioni hanno visto anche il Partito del Progresso (FrP), guidato da Sylvi Listhaug, più che raddoppiare il suo punteggio rispetto al 2021, con quasi il 24% dei voti, un livello senza precedenti. Spinto dal voto dei giovani, soprattutto tra gli uomini, è diventato la principale forza di opposizione, ben al di sopra dei conservatori dell’ex Primo Ministro Erna Solberg. “Stasera festeggeremo il miglior risultato di sempre e il mio obiettivo è che questo sia solo l’inizio”, ha esultato Sylvi Listhaug. Mentre si congratulava con Støre, ha affermato che i prossimi quattro anni sarebbero stati “difficili per le persone e il mondo degli affari”. In una nazione prospera di 5,6 milioni di persone, la campagna elettorale si è concentrata principalmente su questioni interne come il potere d’acquisto, la disuguaglianza, i servizi pubblici e la tassazione. Politicamente moribondo solo pochi mesi fa, al punto che è sorta la questione della sua successione, Støre è riuscito a riprendersi.
Sylvi Listhaug – la sorpresa delle elezioni legislative tenutesi ieri, arrivata seconda dietro ai laburisti – ha un curriculum ghiotto di bizzarie, oltre che di posizioni estreme. Da ministra dell’immigrazione, nel 2016, si immerse qualche minuto nel Mediterraneo, vicino Lesbo, “per provare a capire cosa prova un naufrago” , ma in quella occasione – come da foto in alto – indossava una gigantesca muta termica. Nel 2019, appena nominata ministra della Salute, disse che “i fumatori sono trattati come dei pariah” e inoltre la gente “dovrebbe essere lasciata libera di fumare, bere e mangiare quanta carne rossa voglia, le autorità possono informare, ma poi tutti sanno cosa fa bene e cosa no, penso”. In questa campagna elettorale Listhaug ha puntato ancora sull’immigrazione, sulla tolleranza zero contro il crimine, ma si è esposta anche su quello che è stato uno dei temi dominanti, la tassa sui ricchi, che i laburisti difendono. Il dicastero a cui è più legata la sua popolarità è quello dell’Immigrazione, che nel 2015 fu creato in risposta alla crisi europea dei migranti. Contraria ai ricongiungimenti familiari, criticò la “tirannia della bontà” sostenendo che sia più cristiano e ragionevole aiutare le persone nei loro Paesi che accogliendoli in Norvegia. Per questo spinge anche per favorire il “rimpatrio volontario”. Durante il suo mandato il numero di richiedenti asilo arrivati in Norvegia passò dai 30mila del 2015 ai 2mila del 2017.
Cresciuta in una famiglia di agricoltori, Listhaug ha iniziato la sua carriera come insegnante e assistente sociale, per poi entrare a pieno titolo nella politica attraverso l’ala giovanile del FrP. Conosciuta per un linguaggio che non lascia indifferenti, Listhaug è stata definita sia una “politica vicina alla gente comune” sia una “populista divisiva”.