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Giuseppe Cruciani al Secolo: “Woke significa discriminazione. Il femminismo? Quello sui social è patetico”

L'intervista

Giuseppe Cruciani al Secolo: “Woke significa discriminazione. Il femminismo? Quello sui social è patetico”

Cronaca - di Gabriele Caramelli - 20 Settembre 2025 alle 18:15

“Il dibattito deve essere sempre aperto, io personalmente non impedirei a nessuno di parlare. Per anni la cultura woke ha significato discriminazione» per le persone che non aderiscono a quel tipo di pensiero”. A parlare al Secolo è Giuseppe Cruciani, più scatenato che mai.

Il co-conduttore della trasmissione radiofonica “La Zanzara” è molto popolare sui social, soprattutto tra i giovani ed è stato accolto con grande entusiasmo dalla platea di Fenix. Dal femminismo al woke, il giornalista ne ha per tutti. “Per anni woke ha significato discriminazione per le persone che non aderiscono a quel pensiero”.

Inevitabile il ricordo di Charlie Kirk come “un cultore della libertà di pensiero e un campione della libertà d’espressione”. Si è espresso anche sulle bandiere della Palestina al Gay pride, rammentando che in quei luoghi gli omosessuali vengono “trattati in modi terribili” e addirittura “uccisi”.

Che ne pensa del femminismo?

“Quello dei social, ossia quello più rumoroso, è ridicolo e patetico. È un’ideologia senza senso, si attacca alle nomenclature femminili e rivendica diritti inconsistenti. Alcune volte le femministe gridano al sessismo quando non c’entra niente e mette sotto accusa in generale la tossicità del maschio. Alcune di loro inventano persino termini come “catcalling” o “mansplaning”. Nonostante ciò, è diventato molto popolare anche in Italia”.

Il woke danneggia il dibattito?

“Il dibattito deve essere sempre aperto, io personalmente non impedirei a nessuno di parlare. Per anni la cultura woke ha significato discriminazione per le persone che non aderiscono a quel tipo di pensiero. Dunque, dall’America  all’Europa c’è stata una ribellione contro questo fenomeno, perché escludeva i maschi occidentali e voleva cambiare il linguaggio”.

Cosa ne pensa di Charlie Kirk?

“Era un ragazzo con le proprie idee e che aveva creato anche un grande business. E lo dico in senso positivo. Era un cultore della libertà di pensiero perché amava dialogare. Esponeva il suo corpo verso gli interlocutori e si impegnava sempre nel dibattito col pubblico. Lo ribadisco, secondo me era un campione della libertà d’espressione”.

Cosa pensa delle bandiere della Palestina al Gay pride?

“In quel caso c’è una contraddizione evidente, anche se per me ognuno è libero di sventolare le bandiere che preferisce. È logico che chi esibisce quella bandiera lo fa in nome della liberazione della Palestina, ma è pur vero che lì gli omosessuali vengono trattati in modo terribile. Insomma, quelli che la sventolano verrebbero uccisi se andassero lì”.

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di Gabriele Caramelli - 20 Settembre 2025