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Kim Novak, la mitica attrice premiata a Venezia con il Leone d’oro alla carriera

Una leonessa, non solo sul set

Venezia incorona Kim Novak, la donna che visse due volte: prima il successo a Hollywood, poi l’addio al cinema all’apice della carriera (video)

La Mostra del Cinema premierà il prossimo 1 settembre la mitica attrice con il Leone d'oro alla carriera. Icona di inquietudine e libertà, che ispirò Hitchcock e si ritirò dal set nel momento di maggior successo, scelse la vita nella natura, il matrimonio, e da allora, nel suo ranch, si dedica alla pittura e alla cura degli animali

Cronaca - di Bianca Conte - 24 Agosto 2025 alle 13:52

La Mostra di Venezia premia Kim Novak, la donna che visse due volte: a Hollywood e senza. Il riconoscimento del Leone d’oro alla carriera conferito a una delle attrici più affascinanti e a una delle dive più talentuose, figlie di una stagione cinematografiche alla quale la musa di Hitchcock – che la chiama per Vertigo in sostituzione di Vera Miles – seppe sopravvivere allontanandosene nel pieno del  successo internazionale, e ritagliandosi per il resto degli anni una vita serena e appagante lontano dal set, è un tributo a una delle figure più iconiche e al tempo stesso enigmatiche della storia di Hollywood.

Questo, allora, il senso del Leone d’oro alla carriera conferito a Kim Novak dalla Mostra del Cinema di Venezia, che solo una rassegna che premia soprattutto l’arte e, solo in un secondo momento, la sua declinazione imprenditoriale, poteva riconoscerle e donarle.

Il Leone d’oro a Kim Novak: un tributo a una leggenda inquieta di Hollywood

Nata Marilyn Pauline Novak, l’attrice ha calcato le scene cinematografiche negli anni ’50 e ’60, diventando rapidamente un simbolo di eleganza e sensualità. La sua interpretazione di Madeleine/Judy in Vertigo (1958) le ha garantito un posto d’onore nella storia del cinema. Tuttavia, la sua carriera fu segnata da un rapporto conflittuale con lo “star system” di Hollywood, che spesso la vedeva come un semplice prodotto da plasmare e adattare alle esigenze di copione e di industria. Per questo, raccontano oggi le tante biografie pubblicate su di lei, la diva ha lottato per mantenere la propria integrità artistica e personale, rifiutando ruoli che non la convincevano. E, all’occasione, criticando apertamente la pressione delle Majors.

Un’icona controcorrente, una vita in armonia

In questo senso la sua decisione di ritirarsi a soli 34 anni, per dedicarsi alla pittura e alla vita privata, è stata una scelta radicale e inaspettata per l’epoca. In un mondo in cui la celebrità era tutto, Kim Novak, oggi Leone d’oro alla carriera di Venezia, ha preferito la libertà. Dimostrando che la felicità e l’autenticità avevano per lei un valore superiore al successo commerciale. E per questo, il riconoscimento veneziano non celebra solo i suoi successi passati, ma anche la sua storia di vita, segnata da un forte desiderio di indipendenza.

Quel viale del tramonto imboccato all’apice del successo

Un tributo, quello veneziano, che rappresenta un messaggio potente: il cinema non è solo una macchina di produzione di sogni regalati all’immaginario collettivo, ma può anche onorare chi ha saputo seguire i propri e, percorrendo la propria strada, sceglie di incamminarsi sul viale del tramonto spettacolare prima del tempo. Anche se questo significa allontanarsi dalla notorietà. Il suo Leone d’oro è dunque un omaggio a una “leggenda inquieta”, una donna che ha avuto il coraggio di essere se stessa, lontano dai vincoli e dalle aspettative di Hollywood.

La diva che sfuggì a Hollywood sarà premiata il 1° settembre

E allora, sarà un applauso lungo una carriera, quello che lunedì 1° settembre accoglierà Kim Novak sul palco della Mostra del Cinema di Venezia, quando le verrà consegnato il Leone d’oro alla carriera. Un premio che non celebra solo l’attrice americana, ma la donna che con grazia ribelle ha attraversato l’epoca d’oro di Hollywood scegliendo, al culmine della fama, il silenzio della natura al frastuono della celebrità. Un riconoscimento che verrà consegnato a 92 anni a colei che fu la regina del box office tra il 1958 e il 1960. La bionda che rifiutò di essere una copia di Marilyn Monroe, scegliendo invece di diventare un simbolo di libertà professionale, esistenziale, anti-convenzionale.

«Sono molto, molto colpita di ricevere il prestigioso premio del Leone d’oro da un festival cinematografico tanto rispettato – ha commentato Kim Novak –. Essere riconosciuta per l’insieme del mio lavoro in questo momento della mia vita è un sogno che si avvera. Conserverò nella memoria ogni momento trascorso a Venezia. Riempirà il mio cuore di gioia».

E al Lido rivive il mito di Kim Novak…

E proprio al Lido veneziano, allora, verrà presentato in anteprima il documentario Kim Novak’s Vertigo di Alexandre Philippe che è, come recita la sinossi sul sito della Mostra, «il ritratto intimo di una star hollywoodiana fieramente indipendente. Una donna e un’attrice che si è lasciata tutto alle spalle per vivere secondo le proprie regole, e che rivela in un viaggio resiliente e indimenticabile di arte, identità e autenticità».

Lei che nasce a Chicago il 13 febbraio 1933, figlia di immigrati cecoslovacchi. Cresce in un quartiere operaio, lontana anni luce dai lustrini di Hollywood: sguardo – glaciale, smarrito, conturbante – non si limita a guardare l’obiettivo. Lo sfida. Interroga chi guarda. A metà degli anni Cinquanta, durante una tournée pubblicitaria come modella, viene notata a Hollywood.

Gli esordi… la fama. E un successo che le piove addosso ma non la travolge

Inizia con un piccolo ruolo in La linea francese (1954), ma subito qualcuno intravede in lei “la nuova Rita Hayworth”. Il “qualcuno” è Harry Cohn, potente boss della Columbia Pictures: le offre un contratto decennale, le impone un biondo platino e un nuovo nome, Kit Marlowe, per non fare concorrenza a Marilyn Monroe. Lei si ribella: «Mi chiamo Novak. E sono cecoslovacca, non polacca». Da quel braccio di ferro nasce Kim Novak, un nome destinato a durare molto più della sua carriera attiva nel cinema.

Successi, contratti, la furia della notorietà le piove addosso, ma non la travolge. Tanto che, all’apice della fama, la Novak sorprende tutti: comincia a scegliere. Decide con chi lavorare. Fonda la sua casa di produzione. Sciopera per ottenere una paga pari a quella dei colleghi uomini. In un sistema che le imponeva di essere solo un volto – e possibilmente muto – Kim Novak cerca la voce. E spesso la trova.

Il canto del cigno, il rifugio nella natura e con la pittura

Interpreta ancora film di rilievo – Una strega in Paradiso (1958), Noi due sconosciuti (1960), Baciami, stupido (1964) di Billy Wilder –. Fino al crepuscolare Quando muore una stella (1968) di Robert Aldrich, quasi un testamento sul prezzo della celebrità. È il canto del cigno. Dopo, si ritira. Non completamente. Ritorna in Assassinio allo specchio (1980). Appare in Falcon Crest negli anni Ottanta. Ma è ormai un’altra donna. La diva si è fatta artista.

La seconda vita di Kim Novak

Poi, nel 1974 incontra l’uomo della sua vita: il veterinario Robert Malloy. Due anni dopo lo sposa e con lui costruisce un’esistenza diversa, in Oregon, tra cavalli, fiumi, cani e tele da dipingere. Diventa un’artista apprezzata, esposta anche nei musei. I suoi quadri raccontano l’altra Kim, quella che la celluloide non ha potuto contenere: ferita, complessa, bipolare (la diagnosi arriva nel 2000). Ma anche libera. Creativa. Finalmente padrona di sé.

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