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Piantedosi Carabinieri taser

Parla il ministro

Un taser, mille accuse. Piantedosi non arretra: “Difendere l’ordine non è un crimine. Basta campagne d’odio”

Politica - di Alice Carrazza - 19 Agosto 2025 alle 12:11

Un uomo muore a Genova, un altro a Olbia, entrambi dopo essere stati fermati con l’ausilio del taser. Il dibattito si riaccende. E puntuale, come ogni volta che l’ordine pubblico entra nella cronaca, si levano voci indignate, pronte ad accusare i Carabinieri prima ancora che un magistrato abbia pronunciato una parola. Ma il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, non ci sta. «Il profondo cordoglio per il decesso di due persone non deve essere strumentalizzato al solo fine di portare avanti l’ennesima campagna di antipatia verso i tutori dell’ordine».

Il giudizio spetta ai tribunali, non alla piazza

Il tempo delle sentenze è dei tribunali. Non della piazza e non della tastiera. Piantedosi non nega il dolore, ma ricorda che la sicurezza è un dovere dello Stato e che gli uomini in divisa non possono essere celebrati solo quando fa comodo. «Le regole di ingaggio – precisa – prevedono che venga usato soltanto quando ci si trova di fronte a soggetti violenti e aggressivi che rappresentano un concreto pericolo per i presenti».

Piantedosi: “La sicurezza dei cittadini è il primo obiettivo “

Secondo le prime ricostruzioni, è proprio questa la situazione in cui si sono ritrovati i quattro Carabinieri, ora indagati. Non un abuso. Non una leggerezza. Ma due scenari critici, dove si è dovuto agire per tutelare l’incolumità collettiva.

Il ministro infatti è netto. «La sicurezza dei cittadini è il primo obiettivo che deve essere perseguito». E spiega che dalle prime ricostruzioni è esattamente questa la situazione. Dunque, le polemiche «vanno respinte, perché del tutto pretestuose, pregiudiziali ed infondate», aggiungendo che alle forze di polizia «va tutta la gratitudine e il completo sostegno del nostro governo».

Difendere lo Stato non può diventare un reato morale

È un’affermazione che chiude il varco ai sospetti insinuati con disinvoltura da chi, sull’altare dell’emotività, vorrebbe sacrificare l’operato di chi garantisce il quieto vivere. Il ministro, con un passato da prefetto, sa bene che l’uniforme non è una corazza contro l’errore. Ma rifiuta che diventi un bersaglio automatico. «L’autorità giudiziaria farà accertamenti e valutazioni – aggiunge – ma nulla può mettere in discussione professionalità, equilibrio e impegno delle forze di polizia».

Non è solo una difesa d’ufficio. È un richiamo alla misura, alla distinzione tra critica legittima e riflesso condizionato.

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di Alice Carrazza - 19 Agosto 2025