
Il "successone" Pro Pal
“Sono tutte str***ate”. Giannini, l’ultimo anarchico che ride del gregge militante a Venezia
La lezione dell'attore: "L’arte non c’entra niente con la morte, con la distruzione, con la fame a Gaza. Queste tragedie competono al potere, non agli artisti"
«Sono tutte stronzate». E quando a dirlo non è il solito commentatore da talk show, ma Giancarlo Giannini — voce e volto di successo, con l’arte in tasca da mezzo secolo — il silenzio dovrebbe calare almeno per un istante. Ma a Venezia già son pronti a marciare: nel pomeriggio attivisti, artisti, militanti e Ong sbarcheranno al Lido.
Il gran circo degli appelli
Sul Foglio, Giannini sbotta davanti all’ennesima lettera che vorrebbe fermare le guerre per alzata di mano. «Mi sembra una stronzata, ecco», taglia corto. Non è il tema a irritarlo, ma la goffa presunzione: «Un appello, in generale. E poi, in particolare, un appello per la Palestina che però estromette due attori» come Gala Gadot e Gerard Butler.
L’arte della disobbedienza
Giannini non fa sconti alla morale prêt-à-porter. «Bella idiozia – commenta ancora – e però la pace non si fa così. E poi, soprattutto, io sono anarchico, perciò non mi interessa».
Ecco l’anarchia. Non quella da centro sociale o da bioattivista con l’iPhone, ma quella vera, cucita addosso a uno dei pochi che, nel mondo dello spettacolo, rifiuta di farsi tirare per la giacchetta. È l’anarchia dell’individuo che non si unisce al coro, che non si allinea.
L’arte non è un comizio
Giannini tira dritto. E se c’è qualcosa che proprio non gli va giù, è questa stramba idea che l’artista debba farsi ambasciatore di guerre, giudice dei popoli, coscienza collettiva. «In ogni caso l’arte non c’entra niente con la morte, con la distruzione, con la fame. Queste tragedie competono al potere, non agli artisti».
Non è cinismo, ma lucidità. Il mondo brucia, e l’unica risposta di molti è mettere la firma. Ma quando la firma diventa esclusione, quando l’appello discrimina, allora si scivola nel grottesco.
Stanco del teatrino militante, lancia la domanda più onesta di tutte: «Ma cosa gliene frega a loro, sul tappeto rosso, se quei due sono israeliani o sionisti?». E infine: «Non lo so. L’artista è un artista. Ma che cosa gliene frega?!».