
Delitti italiani/15
Salvo Lima, il notabile siciliano ucciso da Totò “u curtu” per avere tradito il patto storico tra Dc e mafia
Il 1992 l'europarlamentare democristiano veniva freddato dalla mafia. Sullo sfondo, la fine dell'accordo storico del 1944 che legava l'isola alla Dc e che consentiva a Cosa Nostra una sovranità impunita
Salvo Lima non era un uomo “d’onore”, come molti scrivono o pensano. Era l’ultimo erede di un patto tacito, ma non più di tanto, che fu siglato con lo sbarco degli Alleati in Sicilia il 1944. La regione governata dalla Dc e dalla mafia in cambio dell’opposizione ferrea al comunismo. Ma quando morì, il comunismo era già stato sepolto. E la Dc non serviva più alla mafia.
Salvo Lima, l’uomo di Andreotti
Aveva 64 anni Salvo Lima quel 12 marzo del 1992. Un’esperienza politica consolidata, più volte sottosegretario, soprattutto sindaco di Palermo, era parlamentare europeo. L’uomo forte della corrente andreottiana nell’isola, che racchiudeva i cugini Salvo, proprietari della famosa e immensa esattoria. E in Sicilia la Dc, da sempre, da quando gli americani avevano messo uomini provenienti dalla mafia, come Calogero Vizzini o Michele Navarro, a capo dei comuni, aveva percentuali bulgare.
L’omicidio
Il 12 marzo 1992, dopo essere uscito dalla sua villa a Mondello per recarsi all’hotel Palace a organizzare un convegno in cui era atteso Giulio Andreotti, Lima era a bordo di un’auto civile Opel Vectra guidata da un docente universitario, Alfredo Li Vecchi, con un suo collaboratore e assessore provinciale, Nando Liggio; un commando con alla testa due uomini in motocicletta sparò alcuni colpi di arma da fuoco contro la vettura bloccandola. Gli altri occupanti del mezzo non furono presi di mira dagli assassini. Lima scese dall’auto di corsa cercando di mettersi in salvo, ma fu subito raggiunto dai killer e ucciso con tre colpi di pistola.
Il movente? Il maxiprocesso
Per il suo omicidio saranno condannati, con in testa Totò Riina, tutti i vertici di Cosa Nostra. Ma perché fu ucciso Lima? Perché era il garante di quell’accordo nato nel 1944. La sentenza della Cassazione del gennaio del 1992, che aveva reso definitivi gli ergastoli per i corleonesi e tutti i capi mafia, era il simbolo che quelle garanzie non potevano essere più concesse. Alla morte di Lima seguiranno quella di una dei cugini Salvo e le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Il sacco di Palermo
A soli 30 anni Lima diventa sindaco di Palermo. E’ il periodo di Vito Ciancimino e della infiltrazione dei corleonesi. Durante il periodo della giunta comunale di Lima, delle 4.000 licenze edilizie rilasciate, 1.600 figurarono intestate a tre prestanomi, che non avevano nulla a che fare con l’edilizia; vennero apportate numerose modifiche al piano regolatore di Palermo, che permisero alla ditta di Nicolò Di Trapani (pregiudicato per associazione a delinquere) di vendere aree edificabili ad imprese edili, mentre il costruttore Girolamo Moncada (legato al boss mafioso Michele Cavataio) ottenne, in soli otto giorni, delle licenze edilizie per numerosi edifici. Durante la sindacatura di Lima, l’amministrazione comunale concesse la licenza di demolizione della Villa Deliella, capolavoro del Liberty siciliano, i cui lavori iniziarono il giorno stesso per aggirare la legge di salvaguardia dei beni culturali.
Il declino del Divo
L’omicidio di Lima segna la fine della Prima Repubblica. E anche il declino del suo principale protagonista, Giulio Andreotti. Due mesi dopo, il Parlamento negherà al “Divo” il sogno del Quirinale. Finisce un’epoca. Nel segno peggiore.