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Movimento sociale italiano missini msi

Il passato d'Italia

Quando eravamo missini: la storia, i valori e le battaglie del partito della Fiamma

Passò dall’essere escluso dall’arco costituzionale a diventare il quarto partito italiano, con una militanza capillare, principi nazionali e il clamoroso successo elettorale che aprì le porte al governo Berlusconi

Cultura - di Ulderico Nisticò - 10 Agosto 2025 alle 07:00

Cominciamo così da “missini”, parola comune molti anni fa e che oggi ha bisogno di essere spiegata; significava aderenti al Movimento sociale italiano (Msi, poi Msi-Dn). Del resto, anche democristiano, comunista, liberale e socialista erano parole che fino agli anni 1990 rivestivano un significato da contestualizzare nella cosiddetta Prima Repubblica e oggi (ammesso ancora interessino a qualcuno!) avrebbero bisogno di decifrazione.

Cosa significava essere missino

Missino significava dunque aderente al Msi in senso politico; e spesso, anche se non sempre, regolarmente iscritto con tessera e, dov’era possibile, con una sede da frequentare e spesso da presidiare. Tra gli aderenti, e diciamo tra noi, ci si chiamava come ripetere oggi non è il caso, o a qualcuno vanno le scarpe strette; lascio campo alla memoria di chi ci fu.

Missino era l’aderente che, in ogni paese, anche piccolo, rappresentava come sapeva e come poteva la Fiamma Tricolore; magari odiato, però rispettato sempre. Aspettava la campagna elettorale per affiggere manifesti e sollecitare l’arrivo di qualche candidato o dirigente a tenere il comizio di piazza: ora dovrei raccontare le mie avventure, ma non credo che i lettori meno che cinquantenni abbiano mai visto una “tromba” precariamente collegata alla batteria di un’auto non meno precaria. Mi contento del paese dove, nel 1980, volevano aggredirmi e, trent’anni dopo, tornato per pacifiche attività culturali, mi offrirono una buona cena.

Il Movimento sociale italiano delle origini

Basta con i cari ricordi e torniamo alla scienza della storia. Il Msi degli inizi fu uno dei non pochi gruppi, più o meno formalizzati, in cui si riconobbero e si organizzarono i reduci della Repubblica Sociale e, più in generale, nostalgici del regime fascista; gruppi nati e vissuti a onta del nuovo sistema, il quale a sua volta dovette pensare, senza dirlo, che era meno pericoloso controllare dei fascisti individuabili che suscitare e alimentare frustrazioni e ribellismo.

È questa la ratio dell’amnistia Togliatti, che diede veste giuridica al già avvenuto riconoscimento di fatto delle compagini neofasciste. La famosa XII disposizione finale vietò ai gerarchi di candidarsi… per addirittura cinque anni; e infatti più d’uno venne eletto già nel 1953. Mollis lex, sed lex!

Una scelta politica unica

Uno dei tanti gruppi, quello fondato il 26 dicembre 1946; ma il Msi aveva e mantenne una caratteristica unica rispetto agli altri: la partecipazione diretta alla vita politica e istituzionale del sistema post fascista. Una scelta a lungo contestata, a lungo disprezzata da tutti i duri e puri (incluso chi scrive!), ma che si rivelò più robusta di qualsiasi altra ipotesi e, alla fine, vincente. E una linea che, verso gli anni 1970-80, tutti finimmo per condividere o almeno accettare.

L’ingresso nelle istituzioni

Il Movimento sociale italiano, per pochi mesi, non aveva partecipato alle elezioni della Costituente; nel 1948, però, era rappresentato in Parlamento e in molti consigli comunali e sarà, dal 1970, nei consigli regionali. Negli anni del centrodestra, in più occasioni i voti del Msi ebbero un peso, come nell’elezione di sindaci importanti, nella questione di Trieste (nel 1954 tornata alla Patria), in altri aspetti di politica estera e nell’elezione di Leone. Poco mancò che il MSI non contribuisse direttamente alla formazione del governo Tambroni.

L’esclusione dall’arco costituzionale

La manovra che, dal 1962, portò al centrosinistra e a una ridda di governi caduchi, anzi nati per cadere, era iniziata proprio con la sommossa contro Tambroni. Da allora, il Msi venne dichiarato “fuori dall’arco costituzionale” e fu riesumato, direi reinventato, un antifascismo che prima era rimasto tipico del solo Pci una volta l’anno.

Il peso della militanza

Nonostante questo, anzi forse proprio per questo, il Msi, nel 1972 divenuto Msi-Dn per fusione con i superstiti monarchici, rimase costantemente il quarto partito italiano per voti alle politiche, di media un milione e mezzo. Lo si doveva a quello che definisco un tasso altissimo di militanza, o quasi coincidenza tra elettore e militante.

Ideali e vita interna

Era anche un tasso altissimo di ideali e, in un certo senso, di ideologia. Da questo, una vita interna tutt’altro che tranquilla e piatta. Per raccontarla servirebbe altro spazio; ci contentiamo di ricordare, dopo i primi anni, e qui con elenco asettico, le segreterie di Arturo Michelini (1954-69), Giorgio Almirante (1969-87), Gianfranco Fini (1987-90), Pino Rauti (1990-91) e di nuovo Fini.

Il miracolo degli anni ’90

Negli anni di crisi della Prima Repubblica, accadde, direi prodigiosamente, che tutti i vecchi partiti venissero cancellati anche dalla memoria, tranne, ma sì, tranne il Msi-Dn, che in fondo era in crisi come gli altri, però esente da corruzione; ed ecco che alle amministrative del 1993 ottenne successi fulminanti in tutto il Centro sud e non solo; in città di rilievo poco mancò alla vittoria a Napoli e nella stessa Roma. L’anno seguente, un vero miracolo alle politiche: cinque milioni e mezzo di voti; e l’ingresso nel governo Berlusconi.

Da dove arrivarono i voti

Da dove erano venuti gli altri milioni di voti? Dagli intimamente “nostri” che, o per sfiducia o per comodo, erano finiti altrove, e conservavano idee e sentimenti solo in privato, e mi davano cinquemila lire per il fitto della sezione, purché in segreto; votarono Msi-Dn quando non ebbero più altri riferimenti. Non fu bello, ma così andarono le cose prima del 1994.

La diaspora del 1995

Della vicenda che, a gennaio 1995, condurrà ad An, il cortese lettore si contenti di sapere che chi scrive non la condivise minimamente e così fecero altri, non molti di numero ma “di gran fama”; fu la diaspora. Poiché di An non rimane neanche la memoria, sorvolo e torno al Msi e Msi-Dn.

I valori che tennero unito il movimento

Come riuscì a sopravvivere, e vivere e vincere, nonostante l’emarginazione? Ma grazie al militante, come dicevo. E grazie a dei principi e valori che sfuggirono a ogni contingenza e che possono essere così evidenziati: il primato dello spirito sulla materia; la comunità che trascende l’individuo; la finalità non economica dell’economia. Non è che tutti ne fossero analiticamente consapevoli, ma tutti profondamente li sentivano e li praticavano. E questa solidità di valori consentì di superare e trascendere la disperazione del mancato potere, quindi di ogni interesse, e i difetti di organizzazione.

Un corollario cronologico

Come ogni fatto umano, ormai anche il Msi-Dn appartiene alla storia. Proprio per questo bisognava sommariamente narrarne le vicende e concludere con un giudizio sostanzialmente elogiativo, e la considerazione che senza il 1946 e il 1994 non ci sarebbe nemmeno il 2025.

Un corollario: quando eravamo missini, chi? La risposta non è, in questo mio scritto, di natura politica, ma di mera natura cronologica: se siamo, come siamo, nel 2025, tanti di quei tantissimi che oggi votano a destra, al Movimento sociale non possono essere stati iscritti per ragioni di età. Come passa il tempo…

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Ci sono 3 commenti

  1. Antonello Quattrocchi ha detto:

    Condivido tutto e ringrazio!

  2. Raffaele ha detto:

    Quanti bei ricordi dal 1968 al 1972. Ricordi di lotte per i nostri ideali. Ricordi di appartenere a quelli che lottavano contro l’inganno della parte avversa che si è poi trasformata nelle vincite di oggi e nel dispiacere che i lavoratori siano stati ingannati dalle ideologie sovversive della sinistra e abbiano perso 40 anni di benessere.

  3. Nicoletta B. ha detto:

    È proprio così !!
    Il Vero Missino è Sempre sceso in Piazza per Difendere le proprie Idee e sempre lo farà!!

di Ulderico Nisticò - 10 Agosto 2025