
Stranieri in casa propria
Leicester, lo sfogo virale: “Svegliati dalle preghiere islamiche di 70 moschee, ma guai a sentire le campane delle chiese”
Una donna esausta affida ai social il suo sfogo: "Qui i cristiani inglesi devono ascoltare la chiamata islamica alla preghiera cinque volte al giorno. Vi prego, qualcuno dia un senso a tutto questo"
A Leicester, città simbolo del multiculturalismo britannico, una giovane donna ha acceso la telecamera e, con voce esasperata, ha messo a nudo la sua frustrazione: «Pensateci: qui i cristiani inglesi devono ascoltare la chiamata islamica alla preghiera cinque volte al giorno». Il video, diffuso sui social, in poche ore ha fatto il giro del Regno Unito e poi del mondo, generando un acceso dibattito sulla convivenza forzata tra culture che non sempre si incontrano, ma spesso si scontrano.
“Sveglia mattutina da settanta moschee”
Mentre inquadra le strade, la cittadina inglese fa ascoltare il richiamo che si diffonde dagli altoparlanti: «Questa è la sveglia mattutina dei residenti, proviene da settanta diverse moschee». Poi l’affondo: «A noi non permettono di suonare le campane delle chiese».
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Il paradosso che denuncia non riguarda soltanto Leicester. È l’immagine di un’Europa che, a forza di predicare l’inclusione, sembra negare le proprie radici. O persino lo stesso quieto vivere.
Il caso italiano: oltre 1.200 luoghi di culto islamici
Il tema non resta confinato oltre Manica. Anche in Italia, i centri di preghiera islamici continuano a moltiplicarsi: secondo le stime sarebbero più di 1.200, con una concentrazione nei grandi centri urbani. Brescia, città che conta oltre 100 mila residenti musulmani, ospita più di venticinque luoghi di culto, non tutti regolari.
Un fenomeno che cresce, tra tensioni locali e sociali, mentre le comunità cristiane lamentano restrizioni e controlli sempre più stringenti.
“Qualcuno mi dia una spiegazione”
In Inghilterra il video ha fatto discutere opinionisti e cittadini. «Vi prego, qualcuno me lo spieghi. Qualcuno dia un senso a tutto questo», conclude la donna. Una richiesta semplice, che fotografa un disagio profondo: il multiculturalismo imposto dall’alto, che invece di integrare divide, e che lascia sempre più persone con la sensazione di essere stranieri in casa propria.